martedì 18 aprile 2017

L'ombra del bonsai (4-I)


Sospetti
l'ombra del bonsai
4



Profumo di cartapesta





I
Lui incartapecorito e lunghi capelli gialli come stoppa, per non parlar dei pochi denti gialli e bacati. Lei, fresca e tonica con capelli neri di seta che sembrava ancora una fanciulla.
L’aveva sposato per interesse. "Trent’anni di differenza ... Una così, anche se viene da Laterina, un tornaconto  ce lo doveva avere!". Era convinzione comune, tra i commercianti del quartiere. Come se non bastasse l’appartamento al terzo piano con due finestre su Piazza Grande, con vista sul Saracino,  che era molto bello anche dentro. I bene informati dicevano che il conto alla Banca Popolare dell'Etruria fosse più che sostanzioso, ma sembrava non bastare a compensare la bruttezza laida di lui.  Banalità, ma verità! Non erano state quelle sole cose che l’avevano attirata nelle braccia del vecchio artigiano. A Lei piaceva da morire l’odore della carta.


La bottega, Legatoria artigiana - Lo scrittoio,  era (ora credo ci sia un negozio di cianfrusaglie cinesi) sotto casa. Nel seminterrato due stanze laboratorio. Una per rilegare e una con un gran paiolo posto sopra un fornello per la produzione in proprio di carta pregiata: il vanto di suo marito e dei suoi avi. L'unico neo dell'affare, secondo lei.
Ci godeva a stare in bottega a respirare l’acre odore della pergamena e quello dolciastro della carta invecchiata ad arte. Inebriata si divertiva a sfoggiare un po’ d’inglese con gli stranieri. L’antica bottega di Via di Seteria era molto frequentata dai turisti appena usciti dalla Pieve. Cercavano  frettolosi agende o vecchi libri, non rari, ma rilegati ad arte.
Tutto bene se non ci fosse stato, una volta la settimana il trucido rito della preparazione dell’impasto. Lo facevano il lunedì, giorno di chiusura, nel seminterrato.
“Che bisogno ha -  pensava ogni volta, indossando l’orribile pannuccia di tela cerata -  questo vecchio fissato;  per vendere libriccini e agende ai turisti,  di fabbricarsi la carta da solo?". Giapponesi e americani andavano così di fretta che suo marito avrebbe potuto vender loro le agende di Banca Etruria, "Chissà perché ce n'ha tante e tutte intonse?"! Lei s’era stufata di stare tutto il giorno ad impiastricciarsi da capo ai piedi di quella pasta di cellulosa e carta straccia dall'odore putrido che s'appiccicava ai capelli in grumi gommosi che poi bisognava tagliarli. 
Il lunedì era una pena soprattutto all'arrivo della primavera, quando per le strade c’era tanta gente. E invece, non solo la porta ma anche il finestrino, bisognava tenerli serrati: per non infastidire i vicini. Soprattutto la Rina che di lunedì preparava il ragù di fegatini di coniglio per suo marito Dante che, come tutti i barbieri, dopo aver lavorato anche la domenica "fino a i' tocco!" si voleva godere il giorno di festa.


Era bastata un spinta, ma lui non voleva morire e cercava di uscire, di tirarsi su. Si agitava annaspando e aveva schizzato di pillacchere di pasta tutte le pareti dell’antico laboratorio artigiano. Lei lo aveva tenuto sotto afferrandolo per i capelli: nonostante l’età ancora folti e lunghi, da artista. Aveva atteso finché, come quando la farinata comincia a bollire, non erano gorgogliate le ultime bolle d’aria. Poi lo aveva rivoltato. Dovevano trovarlo  con le gambe fuori dal paolo, come se ci fosse cascato da solo per un malore.

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(dati libro)  


 

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