martedì 26 settembre 2017

Peso letterario (IV)


Pesati con la stadera
"Pondera iniqua sunt!" 
semiseria caccia alle streghe per un esorcismo "ponderato" 

(IV)




E' solo la stadera della nonna!

Siamo alla quarta e ultima delle nostre pesate. Questa tornata finale è forse la più faticosa. Leggendo capirete perché: è faticoso sollevare tomi, sia in brossura che con copertina rigida, ma ancor più penoso riferire i giudizi drastici della stadera.

Mi hanno chiesto come fare coi libri "elettronici". Non si possono pesare gli e-book, ci avevate pensato? Quelli pesano tutti eguali: un Kindle. Se ne togli il peso lo, in fondo è la tara, non resta nulla al netto! Ci pensate Dante eguale al Manzoni!



Per concludere, vorrei ricordare a tutti, autori e lettori, che non ho usato l'imparziale e incontestabile bilancia della giustizia, ma la stadera un po' lunatica della nonna. Mia nonna Uliana non era imparziale, anzi, la ricordo sanguigna, emotivamente partigiana. le piaceva anche essere contestata (sapeva rispondere in un lampo), tanto per ravvivare la giornata. La stadera credo abbia preso da lei. passiamo alla terna.

Sopravvalutato


Giorgio Scerbanenco: è uno scrittore (lo è davvero, scrittore?) opportunista. (Addirittura la stadera afferma, [lo riporto in parentesi], con un sibilo, che è un pennivendolo). Ma a mia nonna non piaceva neppure Liala. Non sono del tutto d'accordo, ma se rileggete la sua prosa oggi rischiate orticaria letteraria: pustole pruriginose a forma di punto esclamativo. 


Non è un giallista, aveva cominciato col classico, ma si dette ai romanzi rosa; non è un autore noir, cercava di ricalcare Chandler, ma Milano non è Los Angeles e non capiva Dürrenmatt pur essendo stato in Svizzera per anni. Non ha mai letto Izzo, forse poteva ispirarlo a continuare col rosa. Non sapeva scrivere, ma essendo ucraino cresciuto a Roma, non è tutta colpa sua. Infatti nessuno lo ha incolpato!

Nella tacca di centro


Antonio Manzini: è uno scrittore in crescita. Uno che con le parole ci lavora e ci ragiona. Migliora di romanzo in romanzo, il peso medio è buono, quello dell'ultimo ponderoso.
Prosa asciutta e metafore a volte bagnate, come la polvere da sparo: bagnata non scoppia, ma rispetto all'inizio ora ci sta più attento. 

Non avrebbe avuto bisogno della Rai (speriamo il successo di Rocco in tv lo sciupi come a Ultimo!), è che apprende facendo esperienza. Con lui cresce anche Schiavone. Chissà se perderà il vizio senza perdere il pelo! Giallini non è Zingaretti, si può sperare.


Sottovalutato


Marco Vichi: è uno scrittore poliedrico, ma il commissario Bordelli è un capolavoro di personaggio. Le potenzialità di Vichi sono alte ma c'è da sperare  continui col "vecchio" Bordelli. Altrimenti perderemmo una Firenze speciale, sulla carta, quella reale ormai non esiste più. L'Oltrarno è stato riconosciuto come un quartiere molto amabile, ma ci sarebbe da fare uno sforzo per tornare indietro di qualche annetto. Bordelli ci potrebbe aiutare. 

Il neorealismo del commissario ci affascina, le memorie elusive del suo passato angosciano,  le sue visite al cimitero delle Porte Sante per leggere le scritte sulle lapidi sono melanconiche e tenere allo stesso tempo. "Que viva Bordelli!".

E con Vichi chiudo. Spero vi siate divertiti e che anche voi, aiutati dalla stadera, vi siate tolti qualche sassolino dalle scarpe.


 

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