Film n. 108
Che Dio ci perdoni (Que Dios nos perdone)
di Rodrigo Sorogoyen
con Antonio de la Torre, Rpoberto Alamo,
Maria Ballestreros
"Mi raccomando: non turbate Sua Santità"
Si tratta un
poliziesco, tendente al noir, di buona qualità artigianale. Ricalca molti degli
stilemi di genere, i contrasti interni al corpo di Polizia, la durezza senza
sconti nella rappresentazione della violenza, i casini personali dei personaggi
e il clima di cinica sfiducia. Questo lo
apparenta a molto cinema americano, così
come sembrano riconducibili a quel cinema l’indagine affidata a due poliziotti,
diversi nei modi e nel carattere, ma quasi complementari nell’azione, la presenza di rivalità nella squadra omicidi
della polizia e l’esistenza di un serial killer apparentemente ossessionato da
un irrisolto complesso di Edipo. Nonostante ciò, si tratta di un bel film, fresco e molto spagnolo, come il suo regista
e come gli attori straordinari che lo interpretano.
Un po' di
trama. Nell’estate del 2011 a Madrid stava arrivando papa Ratzinger (Benedetto
XVI, non ancora dimissionario), per incontrare migliaia di giovani, convenuti
da tutto il mondo. La città non era nel suo momento migliore: la crisi
economica, particolarmente acuta, aveva creato rabbia e malessere in tutti i
settori della popolazione, nonché sfiducia nelle tradizionali organizzazioni
della rappresentanza politica, mentre le manifestazioni del generale scontento
si raccoglievano intorno a “los indignados”.
In questo
quadro di frustrazione e di disagio sociale, si colloca la storia: un
imprendibile assassino, che si segnala per l’efferatezza rituale dei propri
crimini, rivolti esclusivamente contro anziane signore madrilene.
Le prime
indagini vengono affidate a una coppia di poliziotti: Luis Velarde (Antonio de
la Torre) e Javier Alfaro (Roberto Álamo), molto diversi nel loro procedere.
Luis Velarde è meticoloso e chiuso, afflitto da una insistente balbuzie,
indizio delle incertezze e contraddizioni che lo rendevano goffo e impacciato
nei rapporti umani, soprattutto con le donne. Javier Alfaro, al contrario, è
rude e aggressivo, quasi incapace di controllare i propri impulsi violenti che
lo avrebbero portato a risolvere assai sbrigativamente (e quasi sempre
illegalmente) i problemi più difficili e delicati. A Javier Alfaro pesa molto la
disciplina e, in modo particolare, il fatto di doversi attenere al silenzio
stampa e alla discrezione che era stata richiesta dal responsabile della
squadra omicidi, per evitare che paure e allarmi turbassero il sereno svolgersi
della visita del Santo Padre. Sono stati commessi, ben cinque omicidi,
simili per l’età delle vittime (tutte donne anziane) e per il modo ripetitivo
della loro esecuzione, del tutto ignorati dagli organi di informazione, mentre
l’individuazione del colpevole incontra crescenti difficoltà, dovendosi
svolgere in condizioni di quasi completa clandestinità...
Stile, sulle
vie di Madrid, quasi documentaristico: vedi La città nuda. Gli interni
sono ossessivi, claustrofobici: palazzi madrileni anni trenta che ricordano Inserzione Pericolosa. Ottima recitazione
(attori molto convinti del ruolo), regia "sciolta" e un tocco d'originalità:
vengono stuprate (riprese poi indecorosamente alla Morgue) orribili vecchiette.
Voto ***1/2/5
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