mercoledì 25 ottobre 2017

Lanterna Gialla (110)





Film n. 108
 
Che Dio ci perdoni (Que Dios nos perdone)
di  Rodrigo Sorogoyen
con Antonio de la Torre,  Rpoberto Alamo, Maria Ballestreros  

"Mi raccomando: non turbate Sua Santità"
Si tratta un poliziesco, tendente al noir, di buona qualità artigianale. Ricalca molti degli stilemi di genere, i contrasti interni al corpo di Polizia, la durezza senza sconti nella rappresentazione della violenza, i casini personali dei personaggi e il clima di cinica sfiducia.  Questo lo apparenta  a molto cinema americano, così come sembrano riconducibili a quel cinema l’indagine affidata a due poliziotti, diversi nei modi e nel carattere, ma quasi complementari nell’azione,  la presenza di rivalità nella squadra omicidi della polizia e l’esistenza di un serial killer apparentemente ossessionato da un irrisolto complesso di Edipo. Nonostante ciò, si tratta di un  bel film, fresco e molto spagnolo, come il suo regista e come gli attori straordinari che lo interpretano.




Un po' di trama. Nell’estate del 2011 a Madrid stava arrivando papa Ratzinger (Benedetto XVI, non ancora dimissionario), per incontrare migliaia di giovani, convenuti da tutto il mondo. La città non era nel suo momento migliore: la crisi economica, particolarmente acuta, aveva creato rabbia e malessere in tutti i settori della popolazione, nonché sfiducia nelle tradizionali organizzazioni della rappresentanza politica, mentre le manifestazioni del generale scontento si raccoglievano intorno a “los indignados”.
In questo quadro di frustrazione e di disagio sociale, si colloca la storia: un imprendibile assassino, che si segnala per l’efferatezza rituale dei propri crimini, rivolti esclusivamente contro anziane signore madrilene.



Le prime indagini vengono affidate a una coppia di poliziotti: Luis Velarde (Antonio de la Torre) e Javier Alfaro (Roberto Álamo), molto diversi nel loro procedere. Luis Velarde è meticoloso e chiuso, afflitto da una insistente balbuzie, indizio delle incertezze e contraddizioni che lo rendevano goffo e impacciato nei rapporti umani, soprattutto con le donne. Javier Alfaro, al contrario, è rude e aggressivo, quasi incapace di controllare i propri impulsi violenti che lo avrebbero portato a risolvere assai sbrigativamente (e quasi sempre illegalmente) i problemi più difficili e delicati. A Javier Alfaro pesa molto la disciplina e, in modo particolare, il fatto di doversi attenere al silenzio stampa e alla discrezione che era stata richiesta dal responsabile della squadra omicidi, per evitare che paure e allarmi turbassero il sereno svolgersi della visita del Santo Padre. Sono stati  commessi, ben cinque omicidi, simili per l’età delle vittime (tutte donne anziane) e per il modo ripetitivo della loro esecuzione, del tutto ignorati dagli organi di informazione, mentre l’individuazione del colpevole incontra crescenti difficoltà, dovendosi svolgere in condizioni di quasi completa clandestinità...
Stile, sulle vie di Madrid, quasi documentaristico: vedi La città nuda. Gli interni sono ossessivi, claustrofobici: palazzi madrileni anni trenta che ricordano Inserzione Pericolosa. Ottima recitazione (attori molto convinti del ruolo), regia "sciolta" e un tocco d'originalità: vengono stuprate (riprese poi indecorosamente alla Morgue) orribili vecchiette.

Voto ***1/2/5


 

Nessun commento:

Posta un commento