Lo “sbirro” nel genere giallo
Storia e fenomenologia del detective pubblico ufficiale
nella letteratura, nella TV e nel cinema di genere
(8)
Commissari immaginari d’Italia
Nel dopoguerra, superata l’infatuazione per il noir
americano (altrimenti detto, già prima, hard
boiled), quasi per contrappasso i personaggi di “commissario umano” fioriscono come margherite gentili sui prati
di tutta Europa. Troppi per elencarli tutti.
Troppo famosi alcuni (tenente Sheridan, Kurt
Wallander, comandante Florent, commissario Matthäi, Ispettore Barnaby, commissario Sanantonio, ispettore
Derrick, …) per limitarci a poche righe. Pertanto mi dedicherò agli italiani; solo
alcuni, tutti sarebbero troppi!
Parlerò anche della contaminazione della TV sull’immaginario dei lettori...
Per spiegare cosa intendo userò l’immagine di
Zingaretti-Montalbano affiancata alla statura di Montalbano dedotta dal primo
romanzo di Camilleri. Come si vede sono molto diversi (il primo sembra Pietro
Germi nella parte di Ingravallo). Camilleri è stato al gioco (troppo il
successo in tv) e non ha ripetuto la descrizione di Salvo. Tutti dal primo film
tv pensano a Montalbano con le sembianze di Zingaretti.
Nel 1957 Carlo Emilio Gadda ci propone “Quer
pasticciaccio brutto di via Merulana”. Personaggio principale e
“commissario” è Don Ciccio. Poliziotto di origine molisana, è uno dei più
giovani comandati alla squadra mobile, è sempre presente (ubiquo e
onnipresente) nei casi e nelle vicende poco chiare (tenebrosi) e
nonostante i suoi trentacinque anni, conosce le cose del mondo (una certa
praticaccia).
Caratteristiche fisiche particolari: due protuberanze
(bernoccoli) della fronte, definite metafisiche perché la
fronte è ritenuta sede del pensiero, e l’andatura pesante (greve) e
ciondolante (dinoccolata).
Tutti oramai lo chiamavano don Ciccio. Era il dottor
Francesco Ingravallo comandato alla mobile: uno dei più giovani e, non si sa
perché, invidiati funzionari della sezione investigativa: ubiquo ai casi,
onnipresente su gli affari tenebrosi. Di statura media, piuttosto rotondo della
persona, o forse un po' tozzo, di capelli neri e folti e cresputi che gli
venivan fuori dalla fronte quasi a riparargli i due bernoccoli metafisici dal
bel sole d'Italia, aveva un'aria un po' assonnata, un'andatura greve e
dinoccolata, un fare un po' tonto come di persona che combatte con una
laboriosa digestione: vestito come il magro onorario statale gli permetteva di
vestirsi, e con una o due macchioline d'olio sul bavero, quasi impercettibili
però, quasi un ricordo della collina molisana. Una certa praticaccia del mondo
detto "latino", benché giovine (trentacinquenne), doveva di certo
avercela: una certa conoscenza degli uomini: e anche delle donne.
Non è una figura e ci capisce anche poco di quel caso
“brutto”. Rimedia Pietro Germi nel 1959 (Un maledetto imbroglio) inasprendo
il carattere del personaggio ma rendendolo più schietto, anche più sagace visto
che lui risolve!
Il successivo film Tv (con Bucci) è destinato a finire
nelle teche RAI.
Nel 1967 Soldati ci propone il maresciallo Gigi
Arnaudi. Si tratta di storie ispirate alla letteratura poliziesca con un occhio
di riduardo a Simenon. Sono centrate su
una figura di fantasia, quella del maresciallo dei carabinieri Gigi Arnaudi, un
investigatore le cui origini sono in Piemonte che vive e lavora in una località
non precisata della Vazl Padana.
Arnaudi nella struttura narrativa è amico dell'autore (concetto
ribadito nella copertina del libro) e a lui riferisce di piccole storie di
malaffare, con conseguenti indagini investigative, di cui è stato protagonista.
Il maresciallo è un anti-eroe che procede all'arresto di un malvivente proprio
quando non può farne a meno, e comunque sempre a malincuore.
Le storie prendono avvio sempre allo stesso modo:
Soldati e il suo ospite sono seduti a tavola in una trattoria (solitamente il Leon
d'Oro o Le Tre Ganasce) o in un vagone ristorante ferroviario.
Turi Ferro dona al personaggio il calore e la sensibilità
della Sicilia, da allora tutti pensano Arnaudi col volto di Ferro ma anche con accento
siciliano e poco di sabaudia cultura.
E’ nel 1970 che veniamo a sapere che una misteriosa
signora Giulia si prende le sue libertà al giovedì (I giovedì della signora Giulia
di Piero Chiara). Troppe libertà, tanto che sparisce. Si deve occupare del caso
il dottor Sciancalepre.
“Il dottor
Corrado Sciancalepre arrivò nel suo ufficio verso mezzogiorno. Era stato in
Pretura a deporre come testimone in un processo di furto col quale si
concludeva una paziente operazione che l'anno prima l'aveva occupato a lungo.
Partito da un debole indizio, era riuscito a scoprire gli autori del furto e a
recuperare la refurtiva.
Dotato di un fiuto particolare, cioè di quella speciale forma che conferisce ai grandi poliziotti la possibilità di immedesimarsi nel delinquente, il dottor Sciancalepre aveva raccolto molti successi e non era lontano da una meritata promozione”.
Dotato di un fiuto particolare, cioè di quella speciale forma che conferisce ai grandi poliziotti la possibilità di immedesimarsi nel delinquente, il dottor Sciancalepre aveva raccolto molti successi e non era lontano da una meritata promozione”.
Anche lui ci capirà poco, ma nello successivo
sceneggiato Rai (girato a marce forzate sulla scia del successo del romanzo) a riabilitarlo
sarà chiamato Tom Ponzi e il caso (per non lasciar tarli in testa agli
spettatori) viene risolto.
Nessun commento:
Posta un commento