giovedì 15 febbraio 2018

Commissari (8)


Lo “sbirro” nel genere giallo
Storia e fenomenologia del detective pubblico ufficiale
nella letteratura, nella TV e nel cinema di genere
(8)

Commissari immaginari d’Italia
Nel dopoguerra, superata l’infatuazione per il noir americano (altrimenti detto, già prima, hard boiled), quasi per contrappasso i personaggi di “commissario umano” fioriscono come margherite gentili sui prati di tutta Europa. Troppi per elencarli tutti.


Troppo famosi alcuni (tenente Sheridan, Kurt Wallander, comandante Florent, commissario Matthäi, Ispettore Barnaby, commissario Sanantonio, ispettore Derrick, …) per limitarci a poche righe. Pertanto mi dedicherò agli italiani; solo alcuni, tutti sarebbero troppi!
Parlerò anche della contaminazione  della TV sull’immaginario dei lettori...


Per spiegare cosa intendo userò l’immagine di Zingaretti-Montalbano affiancata alla statura di Montalbano dedotta dal primo romanzo di Camilleri. Come si vede sono molto diversi (il primo sembra Pietro Germi nella parte di Ingravallo). Camilleri è stato al gioco (troppo il successo in tv) e non ha ripetuto la descrizione di Salvo. Tutti dal primo film tv pensano a Montalbano con le sembianze di Zingaretti.

Nel 1957 Carlo Emilio Gadda ci propone “Quer pasticciaccio brutto di via Merulana”. Personaggio principale e “commissario” è Don Ciccio. Poliziotto di origine molisana, è uno dei più giovani comandati alla squadra mobile, è sempre presente (ubiquo e onnipresente) nei casi e nelle vicende poco chiare (tenebrosi) e nonostante i suoi trentacinque anni, conosce le cose del mondo (una certa praticaccia).
Caratteristiche fisiche particolari: due protuberanze (bernoccoli) della fronte, definite metafisiche perché la fronte è ritenuta sede del pensiero, e l’andatura pesante (greve) e ciondolante (dinoccolata).
Tutti oramai lo chiamavano don Ciccio. Era il dottor Francesco Ingravallo comandato alla mobile: uno dei più giovani e, non si sa perché, invidiati funzionari della sezione investigativa: ubiquo ai casi, onnipresente su gli affari tenebrosi. Di statura media, piuttosto rotondo della persona, o forse un po' tozzo, di capelli neri e folti e cresputi che gli venivan fuori dalla fronte quasi a riparargli i due bernoccoli metafisici dal bel sole d'Italia, aveva un'aria un po' assonnata, un'andatura greve e dinoccolata, un fare un po' tonto come di persona che combatte con una laboriosa digestione: vestito come il magro onorario statale gli permetteva di vestirsi, e con una o due macchioline d'olio sul bavero, quasi impercettibili però, quasi un ricordo della collina molisana. Una certa praticaccia del mondo detto "latino", benché giovine (trentacinquenne), doveva di certo avercela: una certa conoscenza degli uomini: e anche delle donne.


Non è una figura e ci capisce anche poco di quel caso “brutto”. Rimedia Pietro Germi nel 1959 (Un maledetto imbroglio) inasprendo il carattere del personaggio ma rendendolo più schietto, anche più sagace visto che lui risolve!
Il successivo film Tv (con Bucci) è destinato a finire nelle teche RAI.
Nel 1967 Soldati ci propone il maresciallo Gigi Arnaudi. Si tratta di storie ispirate alla letteratura poliziesca con un occhio di riduardo a Simenon. Sono  centrate su una figura di fantasia, quella del maresciallo dei carabinieri Gigi Arnaudi, un investigatore le cui origini sono in Piemonte che vive e lavora in una località non precisata della Vazl Padana.


Arnaudi nella struttura narrativa è amico dell'autore (concetto ribadito nella copertina del libro) e a lui riferisce di piccole storie di malaffare, con conseguenti indagini investigative, di cui è stato protagonista. Il maresciallo è un anti-eroe che procede all'arresto di un malvivente proprio quando non può farne a meno, e comunque sempre a malincuore.
Le storie prendono avvio sempre allo stesso modo: Soldati e il suo ospite sono seduti a tavola in una trattoria (solitamente il Leon d'Oro o Le Tre Ganasce) o in un vagone ristorante ferroviario.
Turi Ferro dona al personaggio il calore e la sensibilità della Sicilia, da allora tutti pensano Arnaudi col volto di Ferro ma anche con accento siciliano e poco di sabaudia cultura.
E’ nel 1970 che veniamo a sapere che una misteriosa signora Giulia si prende le sue libertà al giovedì (I giovedì della signora Giulia di Piero Chiara). Troppe libertà, tanto che sparisce. Si deve occupare del caso il dottor Sciancalepre.


Il dottor Corrado Sciancalepre arrivò nel suo ufficio verso mezzogiorno. Era stato in Pretura a deporre come testimone in un processo di furto col quale si concludeva una paziente operazione che l'anno prima l'aveva occupato a lungo. Partito da un debole indizio, era riuscito a scoprire gli autori del furto e a recuperare la refurtiva.
Dotato di un fiuto particolare, cioè di quella speciale forma che conferisce ai grandi poliziotti la possibilità di immedesimarsi nel delinquente, il dottor Sciancalepre aveva raccolto molti successi e non era lontano da una meritata promozione”.

Anche lui ci capirà poco, ma nello successivo sceneggiato Rai (girato a marce forzate sulla scia del successo del romanzo) a riabilitarlo sarà chiamato Tom Ponzi e il caso (per non lasciar tarli in testa agli spettatori) viene risolto. 

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