mercoledì 21 febbraio 2018

Western in noir (XIII)


Sconfinati spazi
e
infinite solitudini
Alla scoperta dei lati oscuri del cinema western classico attraverso i  personaggi solitari  più famosi: eroi segnati da un passato enigmatico e attratti da un futuro elusivo.
"C'era una volta il west...ernoir!"

(XIII)
SPECIALE CINEMA

I film western sono anche  noir, a ben guardarli!
 

Col la Colt, paradossalmente battezzata "pacificator" si uccideva! Il west era luogo (meglio territorio) di delitti. Uccisioni molto noir.
Non rizzate il pelo voi che siete appassionati di western! Lo sono anch'io. Li amo, ma devo, dobbiamo, capire. 
Come sono d'accordo coi critici che il "noir" non sia un genere, ma un modo di narrare, sono anche personalmente (chissà che ne penseranno i soloni dell'accademia e non...) convinto, da sempre (per questo amo questi film) che il western non sia un genere, ma un modo di narrare e interpretare i conflitti sociali e delle persone come singoli individui, ma universali, come faceva la tragedia greca.
Ci sono poi film che naturalmente, influenzati dalla moda corrente tendono al noir.

Uno dei più famosi e poco (troppo poco, colpa del bianco e nero?) conosciuto è Blood on the Moon

Il regista utilizza al meglio gli stilemi del noir (luci radenti, chiaroscuri netti) e sfrutta il volto di Robert Mitchum già affermatosi con successo nel noir "classico".

La storia, a dire il vero, non è molto originale, ma gli attori danno il meglio e la narrazione è davvero cupa.

Per finire su questo splendido film un'immagine che Tex ha sempre molto invidiato e copiato. Il bivacco con sullo sfondo la Monument Valley è da sballo.


Qui ci fermiamo, per dimostrare la nostra tesi, ricominciamo dall'inizio. Da  Ombre rosse. La pietra miliare del narrare western  è ispirato al racconto  Boile de Suif di  di Guy de Maupassant, un racconto breve pieno di suspense. Col fiolm di Ford Wayne matura e anche il genere western acquista spessore narrativo. Non si gioca più ai banditi o agli indiani, si narrano storie, a volte molto complesse.
Fin qui niente di strano, ma attenti, è appena l'inizio! Un incipit lungo più di dieci anni. 
The Glass Key, racconto di Dashiell Hammett, ispira il film noir omonimo. Pellicola di successo grazie a Alan Ladd e a Veronica Lake.

Anni dopo, grazie anche a un passaggio sdoganatore in Giappone (Akira Kurosawa docet: La sfida del samurai), Sergio Leone ci trae (la trama è la stessa!) il suo capolavoro Per un pugno di dollari. Seguendo semplici logiche sillogistiche il film di Leone è allora un noir! Un noir metanarrato tramite gli stilemi del western.

Andiamo avanti a ricordare un'altra metanarrazione. L'uomo di Laramie, di Antuony Mann è un giallo. Non classico ma d'azione e anche violento, non poco. A seguito dell'uccisione del fratello da parte degli Apache, l'ex capitano Will Lockhart, l'uomo di Laramie, indaga per cercare vendetta. Arriva, sotto mentite spoglie, a Conorado una cittadina vicino al luogo dell'eccidio,   s'infiltra nel tessuto sociale e si mette sulle tracce di chi ha venduto illegalmente le armi agli indiani.  Scopre subito che sul posto dominano  grettezza, avidità, cinismo e  violenza.

Potrebbe essere anche un noir, per i toni cupi, ma la parte dell'indagine prevale. Alla fine il protagonista fa giustiziare (occhio per occhio, dente per dente) il colpevole dagli indiani stessi.


Veniamo al thriller. Mezzogiorno di fuoco ne è un importante esempio. Lo sceriffo Will Kane all'inizio è tranquillo (Sì, anche lui è un esempio di rana che rischia di finire bollita!), pian piano, con l'orologio che incalza (è presente un quasi tutte le scene e la storia è in tempo reale) si accorge di essere solo ad affrontare degli assassini.

Non sarà ucciso, ma getterà la stella sulla polvere e se ne andrà con la sua sposina. Fine amara e di denuncia. Un capolavoro assoluto.
Con questo ho finito, non voglio farla tanto lunga, ma se qualcuno mi darà delle dritte, dei riferimenti o altro ci potrò tornare sopra. Grazie, come sempre, per l'ascolto.
 
(XIII - segue... chissà?)

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