giovedì 12 aprile 2018

Donne detective (9)


Questa volta lasciamo indagare le donne!
Donne detective nella letteratura, nel cinema, nella Tv e nei fumetti di genere giallo e noir
  "Intuito femminile è come penna su freccia: porta al bersaglio"(Charlie Chan). 
(9)


Le investigatrici private (II)

Kinsey Millhone


Kinsey Millhone è un personaggio immaginario creato dalla scrittrice americana Sue Grafton da poco scomparsa:   1940 - 2017.  Indaga nella serie di romanzi best-seller "alphabet mysteries", che ha debuttato nel 1982. Questa vera e propria "sega mentale" comprende ben 25 volumi. Siamo molto contenti: l'alfabeto prevede solo 26 - 27 lettere! Ne abbiamo persi al massimo due.
Kinsey Millhone è una ex ufficiale di polizia diventata private eye. Appare anche in una serie di racconti scritti da Grafton senza ricorrere all'alfabeto.
I misteriosi (o misteriosofici?) romanzi della Grafton con Millhone sono ambientati nel 1980 a Santa Teresa, una città fittizia (quante Vigata ci sono in giro?) basata vicino a Santa barbara in California.


Kinsey è alta (170 cm), pesa circa 55 Kg ed è in forma. Ha capelli corti, scuri e spessi che taglia con le forbicine per unghie, essendo poco interessata al suo aspetto fisico, ma è molto attenta, invece, riguardo ai suoi denti, e persino menziona i buoni denti di altre persone (in particolare gli uomini a cui potrebbe essere attratta).



Il suo guardaroba è composto principalmente da jeans e maglioni a collo alto, sebbene possieda anche un "abitino nero" estremamente resistente alle rughe per quelle occasioni in cui vestirsi è inevitabile. Fa, tuttavia, un grande sforzo per  la forma fisica: fa jogging per tre miglia ogni giorno della settimana.  Allo stesso tempo, ha un "debole per il cibo spazzatura". Soffre anche di acufene, causatole da un colpo di pistola ha sparato a un aggressore stando all'interno di un ambiente risteretto. Kinsey è stata divorziata due volte. Il suo primo marito, Mickey, un ex-poliziotto, appare in O è per Outlaw. Sto andando troppo veloce, scusate!



Ritorniamo alla lettera "C"; credo sia il titolo più appropriato per definire tutta la serie!
Come avrete capito una telenovela condita di giallo e di morti ammazzati. Seguitemi, ma solo per pochi menadri,  nel labirinto. Il suo secondo marito, Daniel, un musicista in difficoltà, appare in E is for Evidence , dove veniamo a sapere, "quelle prouderie!", che è attratto dagli uomini. In molti modi, Kinsey è una solitaria per sua scelta esistenziale. Non ha figli e vive in un monolocale, un loculo estremamente compatto ottenuto da  un garage per una sola auto: da single car a single woman! Il suo padrone di casa è un ottantenne dall'aspetto giovanile. Henry Pitts, si chiama, questo fenomeno.  Un panettiere in pensione che ama creare i cruciverba. Kinsey ammette di avere una cotta per Henry, ma afferma  anche che è  la figura più vicina a un un padre. La famiglia di Henry è longeva, i suoi fratelli stanno tutti bene e son già oltre i 90 anni. Quando non mangia cibo veloce, Kinsey mangia regolarmente in una taverna locale, gestita dall'infelice ungherese, Rosie, che, nel corso delle storie, sposerà il fratello ipocondriaco di Henry, William. Credo sia meglio che smetta!
Tirando le somme ne esce la figura di una donna sfruttata. Alla disperata ricerca di originalità, risulta banale, quindi doppiamente sfruttata. Sfruttata dalla sua autrice per attirare l'attenzione di casalinghe frustrate, che sapevo essere molte, ma quando ho considerato le cifre di vendita mi sono ricreduto: sono molte di più!

Giorgia Cantini


Giorgia Cantini è di tutt'altra pasta. Nasce nel romanzo Quo vadis, baby?,  il primo noir di Grazia Verasani. La protagonista, Giorgia Cantini, è single, quarantenne e, tormentata dal dubbio di aver sprecato la propria vita, passa le notti nei locali dove si suona jazz e si beve sino al mattino.




È un’investigatrice privata (ha una sua agenzia, , costretta a fugare le ombre di una città come Bologna, che sa nascondere bene i propri segreti, piccoli e grandi, infedeltà e omicidi. La sua vita cambierà quando decide di riaprire il caso della sorella Ada, partita per la capitale in cerca di fortuna come attrice e finita suicida sedici anni prima. 




Giorgia si mette alla ricerca di A., l’amante della sorella che lei non ha mai conosciuto e che forse era presente nei suoi ultimi istanti di vita. In un viaggio tra i ricordi e i segreti della propria famiglia, questa si rivela l’indagine più difficile della sua carriera.



Giorgia Cantini mostra una femminilità liquida, sfugge alla luce e si acceca nell’ombra come le storie che vive da dieci anni nei romanzi noir di Grazia Varesani. Di “Quo vadis baby?” si è parlato molto forse troppo.


Colpa di Salvatores che dalla serie Tv  ne ha tratto un film. Con la fiction, più che coi romanzi, la Cantini aveva lasciato un segno. Apperve all'inizio come molto brava e molto noir. Una degna erede di Sam Pezzo, il detective privato di Vittorio Giardino. 


Col film (anche se è stato un successo),  col tempo  e con la fiction tv, anche nei romanzi si è un po' scaduti nel manierismo metropolitano (quando Bologna metropoli non è!). Poco credibile una meglio gioventù hiphop e acida, nell’umbratile Bologna  che fa da contraltare negli ultimi romanzi  dell'investigatrice italiana più rock.

Penelope Poirot
Un apocrifo, se scritto bene, e raccontato meglio, lo tollero. Ma una apogina (personaggio finta parente di personaggio di fantasia) no. Ma via, Penelope la pronipote di nientepopo'dimenoché Hercule Poirot! Poirot non è mai esistito, ma sono sicuro che si è rivoltato nella tomba. Come minimo gli si sono arruffati i baffi! 
Aspetto botticelliano, bon viveur e gastronoma,  Penelope  è la discendente anglo belga del glorioso Hercule. Penelope Poirot fa la cosa giusta è un giallo di matrice classica, con toni che vorrebbero essere da commedia brillante mimano volutamente la maestra Christie (il tono ironico e l’ambientazione “chiusa” dentro una villa antica): più un dichiarato omaggio che una casuale ispirazione. Un romanzo più costruito della torre Eiffel!
Evitate di leggerlo. Questi i principali e poco importanti, 7 motivi.


1)   Le grazie di Penelope non sono sono di fattura squisitamente botticelliana, ma butirrose come un Krapfen. Stucca.
2) Perché  Becky Sharp è il nome di un personaggio del romanzo La fiera delle vanità! Orripilante idea.
3) Il Dr Watson della situazione e la segretaria Velma Hamilton, che nutre forti e ingiustificati dubbi sul  talento investigativo della ragazza. Critica anche, forse a ragion veduta, il suo stile in generale, ma è la parola acida di una zitella anarchica!
4) Perché l'autrice ha scelto di dare alle avventure di penelope un taglio Mystery, o Giallo,   quando sarebbe stato assai più appropriato infondervi un ritmo rosa, o perlomeno un respiro drammatico.  
5) Perché nel garbato e assillante perbenismo del romanzo si accusa Penelope di essere una tabagista!

6) Perché il titolo allude a una ‘Cosa Giusta’… come a insinuare, è ancora la segretaria malefica che lo suggerisce, che, in generale, è raro che Penelope ne imbrocchi una. In effetti in Penelope Poirot e il male inglese le cose non vanno molto meglio!

7) Perché se è viene presentato come un mystery o un giallo la copertina è verde pistacchio? 

 

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