Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
Giudizio n. 119
Il metodo Catalanotti:
Andrea Camilleri
Sellerio editore
E
dire che pensavo d'aver imparato il siculo-camilleriano!
Da anni,
vista l'incredibile fioritura di racconti e romanzi, ero convinto che Camilleri,
per poter scrivere tanto fosse affiancato da ghost writer. Questa nuova,
complessa, avventura del commissario Montalbano dimostra che le straordinarie
capacità narrative e creative di Andrea Camilleri, per la veneranda età e la
cecità che lo accompagna, sono supportate da dei ghost.
Niente di male se non
fosse che costoro (non saranno robot che hanno preso il potere?), sono forse altri, diversi, si son presi delle libertà: hanno
cambiato molte parole e alcuni verbi e "magari" loro declinazione!
Credo che il maestro non se ne sia accorto, spero che non lo mettano di mezzo, ma
ho i miei dubbi di affezionato allievo ed estimatore. Chi ci rimette è il
fedele lettore che, come me, si trova in difficoltà a capire.
Come
Camilleri stesso ha dichiarato, qualche tempo fa, in una intervista la cecità
ha acuito gli altri sensi. E certamente anche la sua abilità di tessitore di
trame e affabulatore.
Qui
troviamo una sperimentale evoluzione e continuità con una trama che è sposata con
l'amore per il teatro e che, contestualmente, tenta di mantenere la suspense
del noir fino all'ultimo capitolo. Ma non ci riesce. I racconti in corsivo delle
gesta di Mimì son carenti e deboli
Infrenata
appare dunque la molteplicità dei binari
narrativi. Tre questo caso e sono troppi: l'omicidio di Carmelo Catalanotti, la
vicenda familiare dei giovani precari Nico e Margherita, la crisi sentimentale
di Montalbano.
L'omicidio Catalanotti rimanda al metodo usato dal
medesimo (amante del teatro, ma anche usuraio) per selezionare gli attori per
le sue rappresentazioni teatrali. Sempre al limite, stressando i potenziali
attori, puntando sul similvero come evoluzione del verosimile.
Non è
opportuno svelare la trama e il colpevole perché ciò danneggerebbe il piacere
della lettura, fino all'ultima riga.
Il metodo
Catalanotti, per chi sa di teatro, è scontato. Se lo facesse un nostro direttore
del vernacolo verrebbe preso a pugni o peggio: "Ah Catalanotti, sai dove te lo devi mette' i' tu medodo?"! Il metodo Camilleri nel raccontarlo appare, di conseguenza, ingenuo e un po'
naif.
Con
vicenda di Nico e Margherita, una
escursione nel mondo della disagio giovanile, nel solco della passione civile
che anima Camilleri, appare anch'essa da TG2 delle 13. Tutto si risolverà
grazie all'intuito di Montalbano e al suo intervento, da superuomo di massa,
per non coinvolgerli nella vicenda pubblica e penale.
L'ennesima
crisi sentimentale di Montalbano ci annoia come le precedenti. A ridare stimoli
a Salvo (ci preoccupa la sua incipiente senilità!) è l'incontro con una donna che
sa risvegliare i suoi desideri, la passione e la sua voglia di vivere: la
collega Antonia. Ed anche qui solo nelle
ultime righe del romanzo sapremo quale sarà la conclusione.
Continuità nello humor in progressivo appannamento o
ripetitivo: simpatica la sequenza in cui Montalbano decide di rifarsi il
guardaroba e di prendersi cura della sua persona; divertente ma scontata
l'ennesima avventura extra coniugale di Mimì.
Evoluzione
perché tutto ciò è narrato con un registro più consapevole, maturo, ma troppo distaccato
... freddo.
Non mi ha
entusiasmato e ... che il Maestro si guardi (cecità permettendo) dai ghost!
voto ***/5
P.S.
Mi ha pure disturbato il fatto che Salvo passi con disinvoltura dalla pasta 'ncasciata al sartù di riso, tipico campano! Ma poi ho capito: a pag. 166 i versi di Patrizia Cavalli ci stanno come i cavoli a merenda!Quando si cerca la seriosità con versi altrui il vento dell'ironia va in bonaccia e la noia prevale!
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