venerdì 15 giugno 2018

Il Gufo giallo (120)


Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
Giudizio n. 119


Il metodo Catalanotti:
   Andrea Camilleri
Sellerio editore

 

 

 

 

 

 

 

E dire che pensavo d'aver imparato il siculo-camilleriano!

 

Da anni, vista l'incredibile fioritura di racconti e romanzi, ero convinto che Camilleri, per poter scrivere tanto fosse affiancato da ghost writer. Questa nuova, complessa, avventura del commissario Montalbano dimostra che le straordinarie capacità narrative e creative di Andrea Camilleri, per la veneranda età e la cecità che lo accompagna, sono supportate da dei ghost. 

 

Niente di male se non fosse che costoro (non saranno robot che hanno preso il potere?), sono forse altri, diversi, si son presi delle libertà: hanno cambiato molte parole e alcuni verbi e "magari" loro declinazione! Credo che il maestro non se ne sia accorto, spero che non lo mettano di mezzo, ma ho i miei dubbi di affezionato allievo ed estimatore. Chi ci rimette è il fedele lettore che, come me, si trova in difficoltà a capire.

Come Camilleri stesso ha dichiarato, qualche tempo fa, in una intervista la cecità ha acuito gli altri sensi. E certamente anche la sua abilità di tessitore di trame e affabulatore.

Qui troviamo una sperimentale evoluzione e continuità con una trama che è sposata con l'amore per il teatro e che, contestualmente, tenta di mantenere la suspense del noir fino all'ultimo capitolo. Ma non ci riesce. I racconti in corsivo delle gesta di Mimì son carenti e deboli

Infrenata appare dunque  la molteplicità dei binari narrativi. Tre questo caso e sono troppi: l'omicidio di Carmelo Catalanotti, la vicenda familiare dei giovani precari Nico e Margherita, la crisi sentimentale di Montalbano.
L'omicidio Catalanotti rimanda al metodo usato dal medesimo (amante del teatro, ma anche usuraio) per selezionare gli attori per le sue rappresentazioni teatrali. Sempre al limite, stressando i potenziali attori, puntando sul similvero come evoluzione del verosimile.

Non è opportuno svelare la trama e il colpevole perché ciò danneggerebbe il piacere della lettura, fino all'ultima riga.

 

Il metodo Catalanotti, per chi sa di teatro, è scontato. Se lo facesse un nostro direttore del vernacolo verrebbe preso a pugni o peggio: "Ah Catalanotti, sai dove te lo devi mette' i' tu medodo?"! Il metodo Camilleri nel raccontarlo appare, di conseguenza, ingenuo e un po' naif.

Con vicenda di Nico e Margherita,  una escursione nel mondo della disagio giovanile, nel solco della passione civile che anima Camilleri, appare anch'essa da TG2 delle 13. Tutto si risolverà grazie all'intuito di Montalbano e al suo intervento, da superuomo di massa, per non coinvolgerli nella vicenda pubblica e penale.

L'ennesima crisi sentimentale di Montalbano ci annoia come le precedenti. A ridare stimoli a Salvo (ci preoccupa la sua incipiente senilità!) è  l'incontro con una donna che sa risvegliare i suoi desideri, la passione e la sua voglia di vivere:  la collega Antonia. Ed anche qui solo nelle ultime righe del romanzo sapremo quale sarà la conclusione.
Continuità nello humor in progressivo appannamento o ripetitivo: simpatica la sequenza in cui Montalbano decide di rifarsi il guardaroba e di prendersi cura della sua persona; divertente ma scontata l'ennesima avventura extra coniugale di Mimì.   

Evoluzione perché tutto ciò è narrato con un registro più consapevole, maturo, ma troppo distaccato ... freddo.

Non mi ha entusiasmato e ... che il Maestro si guardi (cecità permettendo) dai ghost!

 

voto ***/5 

 

 

P.S.

Mi ha pure disturbato il fatto che Salvo passi con disinvoltura dalla pasta 'ncasciata al sartù di riso, tipico campano! Ma poi ho capito: a pag. 166 i versi di Patrizia Cavalli ci stanno come i cavoli a merenda!Quando si cerca la seriosità con versi altrui il vento dell'ironia va in bonaccia e la noia prevale!

 

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