giovedì 26 settembre 2019

Che pessime professionalità!

Segnali di crisi profonda
la sceneggiatura che non funziona!

Alcuni esempi
Salemme: una truffa organizzata

 Imma Tataranni: dialoghi da evitare!

Ma che ci dice il cervello?: di non guardare questi film!

Ho solo fatto una cernita affrettata. La lista è in realtà venti volte più lunga, fonze di più. 
Crisi profonda della commedia e nella ficion all'italiana, una volta vanto e gloria delle nostre produzioni, anche televisive (vedi Maigret o Nero Wolfe!).
Gli sceneggiatori sono dei delinquenti impuniti! Gente che dovrebbe, invece, andare a scaricare la frutta ai mercati generali! Guardare queste produzioni è deprimente, guardare per l'ennesima volta L'armata Brancaleone, Una vita difficile o I soliti ignoti, corrobora lo spirito e la mente. Questi, che so ben pagati, andrebbero messi a Rebibbia, alle Murate o a Regina Coeli!

lunedì 23 settembre 2019

Imma

Visto per dovere,
con poco piacere
(anzi punto!)
Solo per la cronaca, che poi non si dica che non mi interesso.
Imma Tataranni (personaggio "alternativo" di Mariolina Venezia) mi attirava poco, lo confesso, ma dopo che una diecina di amici mi hanno chiesto ho deciso di guardare la prima puntata su Rai 1. Sarà anche l'ultima.
Motivi.
1. Il 40/60 (indagine/fatti privati) è diventato 30/70!
2. Il problema più angosciante era il cellulare nuovo per la figlia adolescente.
3. Di Matera si vedono solo immagini di reperorio, poi brutti (orribili) luoghi nelle campagne intorno.
4. Non è un giallo, non è un nuoir, non è un thriller....
5. Mimì è passato al nemico! 
5. L'attrice è troppo sopra le righe!
A mai più!

sabato 21 settembre 2019

In due la perfidia è tripla! (V)


La perfidia del doppio!

Lo specchio noir nel cinema

Gemelli e delitti

Parte V

A proposito di doppio, triplo e quadruplo... "ma mettici anche un punto e virgola, punto esclamativo e punto!"
Sì, Totò nelle sue parodie era ridondate, esagerato, scoppiettante…
Torniamo a fil più seriosi.
Cronenberg, per i suoi gemelli cattivi, aveva ripreso un titolo di qualche anno prima: 24 per l'esattezza. Ma tentare di superare Bette Davis in cattiveria è come tentare di scalare l'Everest a piedi nudi e senza sherpa.
Bette è capace del bis, anzi, visto il tema, del poker. Chi giace nella mia bara? (Dead Ringer il titolo originale, vi dice qualcosa?) è   del 1964 diretto da Paul Henreid con Bette Davis e Karl Malden. E' basato sul romanzo La Otra (vi dice qualcosa anche questo?)  di Rian James.
Ritorna al doppio ruolo la polimorfa Bette Davis; dopo L'anima e il volto,  sfoggia una pettinatura più o meno eguale a quella di quel film. Il volto indurito dal tempo è ancora più terrificante.
La storia, come la pettinatura, si ripete, si vede che a Hollywood erano in carenza di idee.
A distanza di molti anni, le sorelle gemelle Edith e Margareth si rincontrano al funerale del marito di una di loro. Edith non ha mai perdonato alla sorella di averle portato via con l'inganno l'uomo che amava.
Ora che l'uomo è morto, Edith è pronta ad attuare la vendetta che medita da tanto tempo: dopo aver attirato la sorella in casa, la uccide e si sostituisce a lei. All'inizio nessuno si accorge della sostituzione, ma a poco a poco la situazione precipita e fingere diventa per Edith sempre più pericoloso.
Lo specchio scuro (The Dark Mirror - 1946) di Robert Siodmak  con  Olivia de Havilland, Lew Ayres e Thomas Mitchell, mette il sigillo a questa breve rassegna.
Il tenente della Polizia Stevenson (Mitchell), indagando su un omicidio, scopre che la vittima aveva ricevuto nel suo appartamento una ragazza. Riesce a  rintracciarne una che le somiglia e che è riconosciuta dai testimoni, ma scopre pure, con molto sconcerto, che  ha una gemella perfettamente simile.
Una delle due è un spietata assassina. Quale? Non si riesce a formulare l'incriminazione e a stabilire quale delle due sia l'omicida. Il tenente Stevenson (smarrito tra gli specchi) capisce che gli occorre l'aiuto di uno psichiatra per scoprire quale delle due donne è innocente e qual è la folle assassina. Entra in gioco il dottor Elliott, di cui entrambe le donne (effetto mirror o risonanza emotiva tipica dei gemelli) si innamorano.
Come da solito copione, le gemelle hanno personalità e animo opposti. Ruth è dolce e remissiva mentre Terry è una fredda e astuta calcolatrice e manifesta un sordo rancore, peraltro ben mascherato, nei confronti della sorella. Quando il dottore corrisponde ai sentimenti di Ruth, Terry scatena la sua vera natura e si propone di sbarazzarsi della sorella spingendola al suicidio.   Per scoprire ciò che il dottore  pensa di lei, Terry va a un appuntamento a casa di lui fingendosi Ruth. Mentre i due stanno discutendo giunge una telefonata al dottore da parte del tenente: Ruth, sola in casa, si è suicidata.
Il medico e Terry accorrono. Terry mette allora in scena l'atto finale del suo sordido piano: accusa la sorella dell'omicidio.
Il film è un mirabile esercizio di stile e anche una dimostrazione della maestria del regista. Robert Siodmak non solo rende ambigua la De Havilland, ma con abile gioco di specchi la triplica o la quadruplica. Inoltre, con lenta progressione, veste di bianco la sorella buona e di nero quella cattiva, quando lo spettatore se ne accorge il dramma è al suo esito: una è un angelo bianco, l'altra un demone nero.
Le immagini più spettacolari sono quelle in cui le due gemelle non sono nella stessa inquadratura, ma sono raddoppiate da uno specchio. Con questi mezzi elementari il gioco dell'ambiguità viene esaltato come pure l'atmosfera di persecuzione. Un film celebre, tecnicamente perfetto, forse un tantino sopravvalutato, ma fece epoca.
Olivia de Havilland, già melensa Melania in Via col vento, recita benissimo le due parti (meglio quella della turpe assassina). Forse le servì per scaricare e sublimare la gelosia verso la sorella maggiore allora più celebre di lei: Joan Fontaine! Ho solo Il sospetto, ma a pensar male, a volte ...

Appendice o postilla?

Il doppio può anche essere in due persone diverse! Lo dimostra il bellissimo thriller con Bridget Fonda.
Se, incautamente, ti metti in casa una ragazza che comincia a imitarti fino alla paranoia sono guai! Un film dove, appunto, il doppio è in  due persone diverse!
Per concludere Lo Zoo di venere di Greenaway. Due etologi, Oswald e Oliver Deuce, fratelli gemelli (e siamesi separati), perdono in un bizzarro incidente d'auto con un cigno entrambe le mogli. Questo tragico evento non fa che aggravare la loro ossessione per la decomposizione animale.... ma ora basta altrimenti andremmo fuori tema!
 
 
FINE
 

mercoledì 18 settembre 2019

In due la perfidia è tripla! (IV)


La perfidia del doppio!

Lo specchio noir nel cinema

Gemelli e delitti

Parte IV


Vedi sullo schermo due  gemelle e ti chiedi: solo giovani perfide doppie o future dark ladies? La domanda è legittima, ma non è così. 
Non lasciamoci influenzare dal messaggio subliminale del  film di Kubrick anche se quelle due torbide bimbe "impunite" sono diventate un'icona...
Vediamo due esempi, di cui uno "regale".


L'uomo nella maschera di ferro è un film del 1977 di mediocre successo. Qualche anno dopo sapranno fare di meglio.



La maschera di ferro, è film d'avventura, direi di cappa e spada ispirato ai romanzi di Dumas, tratta del doppio Re: Luigi XIV. Il cast è stellare e se non fosse per l'eternamente preoccupato (tiene famiglia!) D'Artagnan tutti si divertirebbero da matti. Anche qui i gemelli sono molto differenti: uno saggio e attento ai problemi del regno, l'altro egoista, vanesi, assatanato ed egocentrico. Ma un gemello, se c'è il tuo doppio, non può essere egocentrico, per la contradizion che nol consente! Soccomberà.



Inseparabili (Dead Ringers) film, bruttino, del 1988 affronta anch'esso il tema dei gemelli maschi. Diretto da David Cronenberg non entusiasmò. Il soggetto del film, di produzione canadese, è tratto dal romanzo omonimo di Bari Wood e Jack Geasland.


Beverly ed Elliot Mantle, gemelli monozigoti, sono degli affermati ginecologi con un interesse maniacale per la loro professione e per il tema dei gemelli in generale. Fin da piccoli hanno condiviso tutto, e da grandi si scambiano anche le avventure con l'altro sesso, che comunque non intaccano mai la sfera sentimentale. ... il resto a seguire, ma è difficile scacciare la noia!

Ora che i gemelli li avete visti passare, potete dimenticarli. 

Torniamo allora alle gemelle, ben più intriganti e anche più cattive!
La Otra (1946) è un noir con abbondante dose di melò messicano: Sufrio, amo, Y pecò!  E' scritto in calce alla locandina, sufficiente, da noi, a non far comprare il biglietto.



Peccato, perché il regista (che si prende anche una parte secondaria, tanto per recitare) è davvero bravo, soprattutto nel dare alla storia uno stile noir. Il film è splendido, l'ho visionato in spagnolo, prima o poi riuscirò a trovarne una copia in italiano.

Maria e Maddalena (una doppia Dolores del Rio al meglio della sua bellezza messicana: un valore assoluto del film e una gioia per gli occhi), sono sorelle gemelle, una molto ricca, grazie al matrimonio con un milionario. L'altra povera, fa la manicure con non poche umiliazioni e molte privazioni.


Dopo varie vicende Maria, la sorella povera, uccide la gemella e si sostituisce a lei. Ne ruba la vita pensando di  entrare in un mondo dorato e gioioso. Non sarà così. Appena entra nella lussuosa villa il cane le ringhia e comincia un viaggio nell'incubo. Quando si eredita la vita di un altro (ognuno è portatore di segreti) si acquista a scatola chiusa: da una parte la ricchezza e la posizione di prestigio, dall'altra il pesante fardello di un crimine commesso. Maddalena, con un complice, ha ucciso il marito. Maria, troppo convincente come Maddalena subirà la condanna. Giusta punizione per un'assassina.

Il film è  ben diretto, ottima la fotografia e di qualità la recitazione. Galvadòn, il regista, mostra un eccellente tocco per il noir. Sa anche usare il grandangolo, le riprese angolari e i piani lunghi. Eccezionale, superbo, il gioco degli specchi.
Un film scuro, cupo, angosciante, con Dolores del Rio    dark lady di  cattiveria maestosa, ma con lo sguardo immerso nel tormento di chi sa d'essere 2senza speranza"! 
Impressionante il modo con cui pian piano emerge la perfidia della sorella povera. Maria ha sguardi di frustrata invidia da antologia del cinema. Uno dei momenti di maggior tensione è quando l'assassina toglie le calze al cadavere della sorella Maddalena. Il culmine è comunque quando dopo essere uscita torna a depositare gli occhiali da vista che solo lei portava.
 

martedì 17 settembre 2019

In due la perfidia è tripla! (III)

La perfidia del doppio!

Lo specchio noir nel cinema

Gemelli e delitti

Parte III

Doppi si nasce, ma se non si ha questa sfortuna, con un po' di talento lo si può anche diventare! Il talentuoso Mr. Ripley, personaggio inventato da Patricia Highsmith, clona la sua vittima, nel "raddoppiarsi" commette crimini efferati di cieca violenza. Ha ispirato due film: Delitto in pieno sole con Alain Delon (vedi sopra) e Il talento di Mr Ripley con Matt Demon. E' un doppio anche lui e forse il più pericoloso perché privo di emozioni, se non per scatenare, letale, l'autodifesa.... ma facciamo un passo indietro.
Come arrampicarsi sugli specchi ...

La credenza che il "gemello" (come stato di malessere esistenziale) possa portare  con sé una doppiezza profonda e angosciante è giunta fino a noi dall'antica grecia e si è radicata nella cultura pop.  Soprattutto nel cinema dove anche grazie agli specchi il gioco torbido si fa coinvolgente


Venne sottolineata da David Lynch con la scelta del nome del luogo dove decise di ambientare la sua serie tv maledetta. La fiction seriale televisiva più sperimentale, più inquietante, più sconvolgente, più sconclusionata e più pop (A Striscia la notizia ogni tanto Ezio Greggio sortiva con un "Twins Peaks"!!) che sia mai stata mandata  in onda dalla TV italiana (e forse mondiale):  I segreti di Twins Peaks, 1990 - 91.







Nel disorientante e labirintico gioco di  specchi oscuri, perfino l'agente speciale della FBI Dale Cooper, interpretato da Kyle  Mac Lachlan, si trova in situazioni molto ambigue e perciò inquietanti. Ricordo una sequenza che lo mostra mentre, ferito alla fronte, è in piedi davanti a uno specchio che riflette l‟immagine di un altro, Frank Silva.

Nello specchio, è credenza anch'essa molto diffusa nei miti e nella cultura pop,  si possono annidare fantasmi e ombre. Questa specie di gelida lastra rappresenta una soglia pericolosa, impenetrabile al tatto, ma aperta per i dubbi dell'animo. Lo confermano una grande quantità di film.


Comincerò col ricordare Le Sang d'un poète del 1930, di Jean Cocteau, dove un attore provando e riprovando le varie espressioni allo specchio ne viene, metaforicamente ma non troppo, posseduto.

Si tratta di cinema sperimentale francese, di altissima qualità, ma il tema, come ho detto, è anche pop. Andiamo allora ad Hollywood dove tutto è quasi sempre pop.

L'anima e il volto (A Stolen Life) è un melò-noir del 1946 diretto da Curtis Bernhardt.
Due gemelle, interpretate ambedue da Bette Davis, Patricia e Kate, si innamorano dello stesso uomo, Bill (Glen Ford), che alla fine sceglierà Patricia e la sposerà, perché più attraente, anche se meno dolce e sensibile di Kate.

Per ragioni di lavoro Bill dovrà assentarsi per lungo tempo, lasciando sola la giovane moglie. Le due sorelle tornano a frequentarsi, ma durante una gita in barca Patricia cade in acqua a causa di un forte temporale e annega. Al ritorno di Bill, Kate gli fa credere di essere Patricia, ma solo dopo aver scoperto che l'uomo non amava più la sorella (si vedrà più avanti il film messicano La Otra), la storia prenderà un'altra inattesa e brutta piega.

Il regista si sbizzarrisce con trucchi cinematografici ancora mirabili, ma la sceneggiatura nella seconda parte mostra qualche buco e si perde tensione. Non vi dico altro, ma riporto una frase dal film, pronunciata da Kate: « Chi è solo desidera amici, ma deve cercare molto per trovarli ».

Omicidio a luci rosse (Body Double) è un film del 1984 diretto da Brian de Palma con alcuni ammiccamenti a Hitchcock, e molte (forse troppe) citazioni. Il tema centrale del film, soprattutto se confrontato cn la pellicola precedente, si presterebbe a battute grevi... dal volto al c... oppure faccia a c... sempre di doppio parlando. Ma non allentiamo la tensione, quando dirige Brian de Palma bisogna stare attenti i suoi ammiccamenti non sono mai banali.




Jake Scully,  un attore un po' sfigato che interpreta un vampiro sul set di un film horror a basso costo, soffre di claustrofobia. Jake si sente male  quando deve uscire da una bara ed è licenziato dal regista Rubin. Tornato a casa, sorprende la sua fidanzata a letto con un altro uomo: ne rimane fortemente scioccato e, senza dire una parola, lascia la casa, di proprietà di lei, e se ne va. In un bar incontra Sam Bouchard, già incrociato in precedenza a un'audizione; confida a quest'ultimo il tradimento della sua ragazza e Sam, allora, gli procura un posto dove stare: un lussuoso appartamento, di proprietà di un suo conoscente, posto ai piani alti, da dove Sam mostra a Jake come fare ad assistere, spiandolo col telescopio che è in dotazione, allo spogliarello hard core in cui si esibisce, tutte le sere alla stessa ora, la bella e ricca vicina di casa Gloria Revell.







La donna, sere dopo, viene uccisa sotto gli occhi dell'impotente Jake; lui accorre ma non riesce a salvarla. Tempo dopo la riconosce (ne ravvede le nudità, e un movimento osè, che aveva ben "studiato" col telescopio!) in una spogliarellista ... ma allora, si dice, non è morta! A questo punto si comprende il titolo originale:  Body Double! Il protagonista non riconosce il volto, ma lato B e tette! A questo può portare una fissazione. Ma forse anche Antonio Banderas, prima d'innamorarsi della gallina del Molino Bianco, le aveva viste doppie!


Il doppio volto della paura (Deadly Sibling Rivalry) è  del 201; diretto da Hannelle M. Culpepper  per la tv girò anche (poco in verità) nelle sale senza troppo clamore.


Callie è da sempre invidiosa della sorella gemella Janna, che nella vita ha avuto successo: è infatti la socia di maggioranza di un'importante rivista di fitness e ha una figlia, Fiona, studentessa al secondo anno di psicologia in un college francese. Callie, inoltre, incolpa la sorella della morte del padre, precipitato venti anni prima durante una scalata.
L'ho citato per amor della lista, niente di più.
 

lunedì 16 settembre 2019

In due la perfidia è tripla! (II)


La perfidia del doppio!

Lo specchio noir nel cinema

Gemelli e delitti

Parte II

Alla ricerca degli archetipi ...
Prima di avventurarsi e perdersi lungo i sentieri del cinema conviene parlare di letteratura e teatro.
Il tema del doppio ha da sempre affascinato gli uomini. Il topos del raddoppiarsi che porta a varie tipologie e declinazioni,  è stato sempre presente nelle narrazioni (anche Omero fa fare a Ulisse il doppio di se stesso!) e pure nelle scienze umane. Dalla religione alla filosofia, il doppio ha portato a una migliore comprensione della realtà.  Ciò è testimoniato anche dalla sua presenza, con interessanti interscambi, in letteratura e nelle opere tetrali.


Il doppio lo si trova, infatti, già nel teatro greco classico, il più noto esempio è “Elena” (412 a.C.) di Euripide. L'autore presenta Elena non come seduttrice adultera, macome moglie  fedele. Elena non è né colpevole, né vittima degli dei:  non è mai andata a Troia. Era rimasta in Egitto mantenendosi fedele nonostante le pesanti insidie del Re Teoclimeno. C'è andato, per ordito d'una dea, il suo fantasmatico doppio: manifestazione della conflittualità interna di Elena: aspetto su cui Euripide mette in evidenza. Oltre all’analisi delle conseguenze fisiche del doppio vi è un’attenzione per quelle morali. Infatti l’attenzione più che su Elena e il suo fantasma (che scatena la guerra di Troia), è soprattutto sulla struttura interiore del personaggio.





Nella commedia latina il doppio divenne ancor più importante. In particolare grazie alle opere di Plauto. Il commediografo latino prediligeva il comico, se ne servì per creare l’equivoco generatore della situazione comica tipica delle sue commedie. La più famosa basata sul doppio è “I Menecmi”.  Già il titolo presenta il tema, infatti Menecmi si riferisce ai gemelli protagonisti, Menecmo I e Menecmo II. La confusione in cui si ribaltano le convinzioni sull’identità dei due sarà risolta comicamente. Il doppio serve quindi a confondere e divertire piuttosto che riflettere sulla molteplicità dell’animo umano.


Un aspetto mantenuto anche in un’altra commedia di Plauto “Anfitrione”, anch'essa basata sul doppio. In “Anfitrione” infatti vi sono equivoci causati dalla dualità tra i personaggi umani e le divinità che ne prendono le sembianze. Una curiosità sta nel fatto che da uno dei personaggi chiamato Sosia deriva il sostantivo usato in italiano.


Il doppio in questo senso sarà poi ripreso in epoche successive. Ne “La commedia degli errori” (1589-1594) Shakespeare tratta il tema raccontando di gemelli. Vi è poi un doppio nel doppio, dato che alla prima coppia di gemelli se ne aggiunge una seconda, quella dei servi. La comicità è quindi aumentata, così come la confusione data dallo scambio di identità. Alla fine comunque si giungerà a un classico lieto fine.

Altro autore teatrale che ha rappresentato il doppio è Carlo Goldoni. Ne “I gemelli veneziani” (1750) vi è sempre confusione. Nonostante ciò i due doppi acquistano una propria individualità. Anche il finale è diverso, se in epoca classica vi era riunione, qui si ha infatti separazione.  Lo scopo è quello di non intaccare l’ordine sociale evolutosi.




Tuttavia nell’immaginario collettivo il doppio si ricollega a opere ottocentesche.  In particolare a due romanzi inglesi. Il primo è “Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” (1886). Il dottor Jekyll conscio del fatto che l’animo umano non sia solo buono, compie una ricerca sulla psiche... ecco due frasi emblematiche:

“Ogni giorno continuavo ad avvicinarmi  sempre più alla verità: l’uomo non è autenticamente uno, ma è autenticamente due”.
“In ognuno di noi, due nature sono in conflitto, il bene e il male. Per tutta la vita esse si combattono, e una deve vincere l’altra. Ma nelle nostre mani risiede il potere di scegliere: noi siamo ciò che vogliamo maggiormente essere”.

Jekyll giunge così a creare una pozione per dividere le due entità. Attratto dal male, ha la possibilità come Mr. Hyde di dar libero sfogo ai desideri proibiti.

Il doppio si ha quindi prima di tutto nel confronto buono e cattivo. Inoltre il sé non è più diviso in due persone diverse: la dualità permane solo a livello caratteriale.


Duplice è anche la riflessione dell’autore. Da una parte quella sulla scissione morale dell’essere umano, dall’altra quella sull’attrazione esercitata dal male sull’uomo.


Il secondo romanzo inglese legato al doppio è “Il ritratto di Dorian Gray”(1890). Nell’opera di Wilde il doppio viene messo in relazione all’arte, nel senso di imitazione e nel suo valore etico-estetico.  Il doppio viene incarnato in un’opera d’arte: è il ritratto del protagonista a incarnare il suo doppio. Dorian, spinto da Lord Wotton, decide di dedicarsi completamente ai piaceri della vita. Mentre aumenta la sua paura di invecchiare, arriva all’edonismo più sfrenato. Decide così di stringere un “patto col diavolo”. D’ora in avanti il quadro invecchierà al posto suo. Il volto ritratto diventerà quindi il simbolo del nuovo Dorian. La perfidia che aumenta nell’animo e nelle azioni del protagonista saranno visibili sul volto ritratto.

Anche in quest’opera vi è una dualità tra reputazione e indole. L’apparenza e la realtà sono messe a  confronto.  Così come Stevenson, anche Wilde contrappone luce e ombra. Il ritratto è infatti tenuto nell’oscurità di una soffitta. Lo scrittore irlandese usa il doppio per parlare di etica ed estetica. Contrapponendo arte e vita suggerisce che l’uomo è affascinato dal male.




Altra opera inglese che tratta il tema del doppio è “Il compagno segreto” di Joseph Conrad (1909).  Qui il doppio è solo un espediente per creare tensione e dialettica. Ciononostante è presente fin da subito, già a partire dal titolo. Gli elementi centrali a cui è legato il doppio riguardano il capitano. Il capitano e il suo doppio (Leggatt) sembrano due sosia e sono entrambi estranei sulla nave. La dualità permette così di mostrare la cooperazione tra i due. Conrad non lo chiarisce, ma Leggatt potrebbe non essere reale. Sarebbe quindi la  sua parte più coraggiosa, che deve emergere perché il protagonista maturi.

Dostojevski invece rappresenta il doppio nel legame con la società. Nel “Sosia”  (1846) l’autore russo innesta la visione di Plauto allo stato di alienazione da lui indagato. Si tratta di un caso di dissociazione  di personalità.  La patisce Gojadkin schiacciato dal peso di una società in cui fatica ad affermarsi. Si trova davanti il suo sosia che incarna tutto ciò che vorrebbe essere. Sconvolto Goljadkin commetterà così un errore dietro l’altro. Arrivando ad inimicarsi amici, colleghi e autorevoli esponenti della società. Goljadkin incolpa il sosia, decide di inseguirlo. Giungendo alla scoperta che altro non è che lo specchio della sua follia, una creazione della sua coscienza inascoltata. Proprio qui sta il recupero dell’autore. La comicità del doppio viene inserita in una vicenda grottesca.

Dostoevskij ha anticipato le tematiche novecentesche. Il Novecento infatti fu il secolo del dubbio e dell’indagine psicologica. Il tema del doppio si inserisce quindi nell’interrogazione sulla molteplicità della natura umana.

Una crisi di identità ben rappresentata da Luigi Pirandello. Il tema del doppio compare in due sue  “Il fu Mattia Pascal” (1904) e in “Uno, nessuno e centomila” (1926). Nel primo si racconta di un uomo dato per morto, equivoco che porta il protagonista a perdere la propria identità. La dualità alla fine sarà tra Pascal e Meis. La crisi nasce dalla consapevolezza che Pascal è morto e Meis mai nato, per ciò il protagonista non esiste.

In “Uno, nessuno e centomila” invece il protagonista è già consapevole della conclusione di Pascal. Vitangelo capisce che non è Uno, perché non visto da tutti alla stessa maniera. Sa di essere Nessuno, perché può essere uno dei Centomila che gli altri vedono in lui.




Il doppio continua ancora oggi ad esercitare il suo fascino. Ne “L’uomo duplicato” (2002) di José Saramago nonostante sia meno artificioso, si mantiene il doppio come pretesto narrativo per indagare la natura umana.
Narra infatti di Afonso che scopra l’esistenza di un suo sosia. Da presupposti pragmatici Saramago arriva a conseguenze più psicologiche e drammatiche. L’autore si interroga sull’effettiva sicurezza della nostra unicità.

Il doppio inteso come due identità presenti nello stesso corpo è invece il soggetto de “La metà oscura”. Il romanzo di S. King del 1989 narra infatti di uno scrittore che ha usato per anni uno pseudonimo. L’espediente gli è servito per scrivere romanzi violenti lontani dalla sua produzione abituale. Rischiando di essere scoperto decide di fingere il funerale del suo alter ego. Questi però pare resuscitare commettendo omicidi. Le indagini sembrano portare al protagonista. Per difendersi dovrà affrontare la sua metà oscura ripescando rimozioni del passato.

Il doppio ha da sempre fornito lo spunto per analizzare diversi aspetti della vita: in generale è un espediente letterario per raccontare della conflittualità dello spirito umano.

A me affascina di più la convinzione degli antichi Greci:   incontrare il proprio doppio è una sciagura. E nel cinema prevale questa tesi!