Evoluzione del giallo all’italiana:
la ricerca di un’identità attraverso i nomi!
(II)
Sette secoli dopo
Passata tanta acqua gialla sotto i ponti si arriva, passando per la premiata ditta F&L (nomi pertinenti e rigorosi di Torino e d’intorni), a Andrea Camilleri. Maestro Andrea è attentissimo nello scegliere, per i suoi personaggi siciliani, cognomi molto siculi (spesso, verificati nei cimiteri e nell’elenco telefonico!), ma esclusivi della provincia di Agrigento). Perciò, quando si muoveva fuori della sua isola, territori a lui meno noti, non risultava poi così impeccabile.
Ne Il cane di terracotta, una delle più celebri indagini del commissario Montalbano (1996), cava dal cilindro un certo agente Balassone che «malgrado il cognome piemontese, parlava milanese». Solo che quel nome di famiglia è decisamente abruzzese, con epicentro Sulmona e Pettorano sul Gizio, nell’Aquilano. Illustre precedente si trova nei Promessi sposi: a far arrestare Renzo, dopo la rivolta del pane a Milano, è un tale Ambrogio Fusella, che dal racconto non si direbbe abruzzese come inconfondibilmente lo è il suo cognome.
A proposito di cognomi e romanzi storici, indagando l’onomastica letteraria, quasi tutti gli scrittori moderni, a parte i neorealisti e altre rare eccezioni, non hanno tenuto conto della realtà nello scegliere i cognomi dei propri personaggi. Manzoni, che fa tanto il pudico – onomasticamente parlando – con l’Innominato e con la Monaca di Monza, stabilisce poi per due popolani del Lecchese altrettanti cognomi calabresi: Mondella di Francica (Vibo Valentia) e Tramaglino di Morano Calabro e altrove nel Cosentino. Curioso, ci chiediamo allora: “Perché invece non chiamare Renzo con un cognome locale come Casiraghi, Gilardoni, Redaelli? Ma anche il nome Mondella, che vuol dire castagna arrostita in Lombardia, non è proprio pertinente! Tanto valeva chiamarla Pesciolino o Peracotta. E poi, riguardo a Renzo, il cognome con finale in “o” non è lombardo, ma ligure o piemontese. Era meglio Tramaglini, come Baggiolini o Maggiolini. Piero Chiara in una parodia lo ribattezzò Brambilla. E andando sul sicuro, proprio Castagna la Lucia. E se appare strano che abbia assegnato alla donna un cognome così simile a quello manzoniano dei cugini di Renzo (Castagneri), è ancor più bizzarro che Castagna, oltre a essere lombardo, vanti un consistente nucleo di portatori proprio a Vibo Valentia, la terra dei Mondella!
Altri riferimenti
Certo, questi grandi della letteratura non disponevano degli elenchi degli abbonati telefonici o di altri documenti utili. E forse se pure li avessero avuti non li avrebbero consultati.
E i casi sono tanti: ne il libro Cuore, il calabrese Coraci, che giunge in classe ad anno scolastico avanzato, pur se ben connotato come reggino porta un nome di famiglia esclusivamente sardo. Perfino il teatro di Eduardo ha più cognomi siciliani, pugliesi e romani che napoletani (a cominciare da Marturano, siciliano e pugliese, mentre Cupiello è d’invenzione). E per tornare su Camilleri, la famiglia Carlesimo, con un nome di battesimo Turiddruzzu che non lascia dubbi sulla sicilianità, ha un cognome in realtà ciociaro. Catarella è invece del tutto inventato e per questo con diritto di cittadinanza in una fiction.
I distretti di polizia
Contemporanei delle prime avventure di Montalbano la TV italiana ha scoperto e lanciato i distretti di polizia, il Decimo Tuscolano di Roma nel Distretto di polizia e il commissariato napoletano della Squadra, a cavallo tra la fine del XX secolo e gli inizi del XXI.
Prendiamo Distretto di polizia di Canale 5. Cognomi bisillabi tra i più banali, ma con qualche eccezione: Ingargiola, esclusivo di Mazara del Vallo (Trapani), è assegnato a un caratterista napoletano, Gianni Ferreri; nei panni di Parmesan, cognome veneto, un attore, Roberto Nobile che non celava minimamente la sua parlata siciliana (lo abbiamo ritrovato come Zito, il direttore di Telelibera nel Montalbano televisivo). Di male in peggio con la Squadra di Rai Tre: l’eterno centralinista, napoletanissimo, si chiamava Alfio Donati, nome siciliano e cognome settentrionale.
Un’omonimia curiosa: in Distretto di polizia (dal 2000 al 2012, ambientato nel quartiere Tuscolano di Roma) figurava la poliziotta Vittoria Guerra, interpretata da Daniela Morozzi. Nella pressoché contemporanea serie La squadra (otto stagioni dal 2000 al 2007, ambientata a Napoli), l’ispettore protagonista, l’attore Massimo Bonetti, si chiamava Pietro Guerra. Vanessa Incontrada, nel cast de Il capitano Maria, è una carabiniera: Maria Guerra (2018). Poco conta che nel 2023 diventerà Fosca Innocenti, con un cognome allusivo a un qualche processo giudiziario: titolo eponimo della serie (2023). In Nero a metà, protagonista Claudio Amendola (2018), il personaggio del commissario si chiama Carlo Guerrieri. Guerrieri (Guido) è anche il cognome dell’avvocato inventato dallo scrittore ed ex magistrato barese Gianrico Carofiglio e lo studio legale più famoso su Rai1 (dal 2022) è quello delle avvocate Marina, Anna e Nina Battaglia, trasmesso nella seconda stagione dal marzo all’aprile 2024. Nomi parlanti, ma, a rifletterci un po', pigramente ripetitivi e banali.
Oggi
Molto attento, sia col Commissario Ricciardi, che con i “Bastardi”, Maurizio De Giovanni.
Occupiamoci infine di una new entry: Rocco Schiavone.
Lo si direbbe, a dar retta all’autore, “romano de Roma”, ma il cognome dovrebbe derivare dal termine veneto schiavoni (ossia gli slavi) oppure da alcuni toponimi come Schiavon (provincia di Vicenza) e Schiavone (CS).
Tracce di questo cognome si trovano in Abruzzo ed in Puglia a partire dal 1400.
Il cognome Schiavone è molto diffuso in quasi tutto il centrosud ed in particolar modo in Puglia e Campania. Allora come rimediare, anzi: come tutelarsi?
Io ho preso esempio dal commissario Bordelli il famoso detective di Marco Vichi: vado a leggere le lapidi nei cimiteri! Una fonte attendibile e inesauribile di nomi e cognomi! Ma bisogna fare attenzione. Evitare: Abbondanzio, Berengario, Cremenzio, Evodio, Manetto per gli uomini e Aza, Ghita, Lidania, Maruta, Zosima per le donne!
FINE
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