mercoledì 31 ottobre 2012

Avviso ai naviganti

Sono di nuovo qua 

 
Sono tornato da Marsiglia


dove ho fatto un pellegrinaggio (ho accompagnato degli amici che s'erano innamorati della trilogia di J.C. Izzo) sui luoghi di Fabio Montale. C'è stato un percorso sacro (a piedi fino a Notre Dame: si vede nella foto) e un percorso godereccio assai.
L'ho fatto dopo la visita alla chiesa, perché non si pensasse che ci fossi andato per chiedere indulgenza per i miei peccati di gola!
Per chi non ricorda che avevo già parlato di questo secondo sentiero di perdizione gastronomica a base di pastiss e buillabaisse un link utile:    
( http://oscarmontani.blogspot.it/2012/09/cuochi-quasi-detective-7.html  )
Qui può tornare a leggere e sognare.
A più tardi, ciao a tutti.
 
Oggi 6-novembre il mio amico di Fb e Gran Maestro di limerick Pier Luigi Rinaldi ( http://www.facebook.com/home.php?#!/rinaldipl?fref=ts ), mi ha fatto avere questi due limerick. Godeteveli! 
 
 
La bouillabaisse
J'ai mangé hier soir la bouillabaisse,
il était mieux un coup aux fesses:
le poisson congelé,

l'addition elevée...
je donnerai l'information à la presse
(08.04.2005)

Menù d'If
La zuppa di pesce bouillabaisse
non fu mangiata da Edmond Dantés
nè dall'abate Faria
ch'era in sua compagnia...
loro mangiavano tritura di gres!
(09.04.2005)

Fumetti in giallo (XIII)


Yellow balloons
Quando il fumetto si tinge di giallo
Tredicesima      parte



Nero Wolfe

Nero Wolfe a fumetti è davvero poco noto, almeno in Italia. Confesso che ho solo cinque storie pubblicate sull’ Almanacco giallo Linus nel 1972. Allora lo scorsi appena, in TV c'era stato Buazzelli che ci aveva sedotto! I disegni sono di Mike Roy un disegnatore che più avanti fu indegnamente sostituito da Frank Matera.



All’inizio, come spesso accadeva, si trattava di strisce. Quella sotto è la prima della storia L’ipnotizzatore. Nell’edizione italiana è stata massacrata. La traduzione è penosa. sapete cosa dice Archie all’hostess in italiano: “Sì bellezza, ma … statemi presso, i viaggi in aereo mi emozionano!” Non ci credete? Ve lo giuro! Passiamo a “Mamma mi s’è ristretto l’aereo!”. Il biglietto aereo ristretto, la siluette del velivolo cancellata così da poter inserire un quarto riquadro che apparteneva alla seconda striscia.



Questo per biechi motivi di spazio. Le strisce sono a tre scene: perché volerle trasformare a quattro? Un delitto. Nella seconda storia Quarto potere il massacro, come si può vedere, continua. La terza immagine è stata tagliata ai lati e trasformata in rettangolo verticale!


Ma il danno non finisce qui, si mette in crisi anche la suspense impostata e condotta sui ritmi di strisce a tre scene. Comunque sia il tratto vintage di Roy è gradevole e rende bene l’atmosfera del tempo e il bianco e nero molto contrastato a linea scura (spessa) rende bene l’atmosfera gialla.
Qualche anno dopo quando entra in campo Matera e si passa al colore le cose peggiorano parecchio.




Il colore non s’addice a Nero! Non è una facile battuta, potete costatare nella tavola riportata sopra quanto siano fuori luogo quei celesti e quei rossi carminio. Anche Wolfe non ci guadagna, nonostante il tentativo di mantenere i suoi tratti espressivi mi appare meno guizzante e più torvo.



Ma al peggio non c’è limite. Guardate questo Nero dai colori ancora più squillanti! Sono passati altri anni e l’influenza dei manga giapponesi si nota.
(13-continua)

martedì 30 ottobre 2012

Ferale notizia


The Empire Strikes Again



Oggi è  una brutta giornata per autori, piccoli e medi editori e librai indipendenti. E’ ufficiale: la Penguin (inglese) e la Random House (tedesca) si sono fuse. Un passo avanti per cercare di conquistare il monopolio del mercato dei libri.
Lavoro da sempre coi piccoli editori, quindi ho interessi viscerali e di parte (ve lo dico perché sia chiara la mia posizione), ma la nascita dei colossi mi sta antipatica come da ragazzo il giocare a Monopoly a cui preferivo (dato che di ladri si doveva parlare) il rubamazzo.
Credo che ci sia da essere parecchio preoccupati: ogni monopolio di mercato è sempre una diminuzione della libertà individuale e collettiva. In più gli autori avranno meno opportunità perché questa fusione (che ne scatenerà altre) farà scempio di migliaia di piccoli editori.

Galleria gialla (37)




 
N. 37
Padre Brown  
(figlio di  Gilbert Keith Chesterton)
 
Biografia essenziale
Prete cattolico-romano. Viene da un piccolo villaggio dell'Essex.   Apparentemente un piccolo prete di campagna, con poche esperienze e molta semplicità. L'essenza delle pianure dell'Essex:   viso rotondo e inespressivo come gnocchi di Norfolk, gli occhi incolori come il mare del Nord, e recava parecchi involti di carta scura, che non riusciva a tenere riuniti.  Aveva un grosso ombrello malandato che gli cadeva di continuo; e pareva che non sapesse quale fosse la parte del biglietto da serbare per il ritorno. Più o meno lo descrive così Chesterston.

Carattere e psicologia
Bassa statura, con una faccia dolce e un'espressione modesta, ma maliziosa. Atteggiamento svagato, distratto, quasi surreale: ma sta solo riflettendo! Padre Brown è un cattolico che prende in giro il modo di pensare meccanico dei protestanti e il libro mirando  all'apologia della Chiesa Romana contro la Chiesa Anglicana. Soprattutto prende di mira Sherlock Holmes, poliziotto "protestante" che si basa sulla scienza, sul metodo sperimentale, sull'induzione. Una persona sensibile e di spirito pronto, con la profonda ironia e un po' di quella potenziale capacità d'irritarsi propria della sua razza, ma temperata dalla disciplina religiosa.

Abilità
La prima abilità di Padre Brown è (come il tenente Colombo) di non mostrare abilità. La sua autorevolezza, di non apparire importante e   la sua qualità eccellente è quella di non essere eccellente. E’ persona ordinaria, comune, normale, ma dalla sua normalità emergono insospettate doti di attenzione e   intelligenza.

Metodo
Attraverso raffinate arti psicologiche ( ha dalla sua, non dimentichiamolo, la confessione!)   e la casistica morale dei padri della Chiesa, scava nella psiche dei colpevoli.  Non  trascura la scienza e l'esperienza, ma si basa specialmente sulla deduzione e sull'introspezione.  

lunedì 29 ottobre 2012

Galleria gialla (36)



 
 
N. 36
Ispettore Stephan Derrick  
(figlio di  Herbert Reinecker )

Biografia essenziale
Sappiamo poco di lui se non che ha risolto, alla fine, 282 omicidi! Tanto è durata la serie televisiva. L’ispettore capo (Polizia di Monaco di Baviera) Derrick è molto riservato e   fa trasparire ben poco della sua vita privata. Deve aver dedicato la sua esistenza al lavoro, con qualche sofferenza personale:   in un episodio accenna infatti, a una sua separazione avvenuta anni prima. Le sue indagini avvengono in tutte le classi sociali, anche se c’è una prevalenza di quelle più elevate dei quartieri bene della città.

Carattere e psicologia
Oltre i cinquanta, elegante e distinto.  Abitudinario.  E' sempre molto ben vestito, camicia e cravatta.  Ha guidato attraverso gli anni tutti i modelli  della serie 7 della BMW. Non male !
Derrick,   in ogni omicidio che affronta, si mostra pieno di umana pietas.  E’ dispensatore di compassione: il suo sguardo si rivela a volte commosso. Il suo atteggiamento è spesso turbato di fronte alle tragedie umane a cui assiste; tragedie di cui sono vittime le persone assassinate. ma in alcuni casi, a loro modo, anche gli assassini. Risultano sofferenti di un disagio sociale: nevrotici, passionali, vendicativi, cinici e talvolta dei mostri, dei sadici. L'indole di Derrick non ammorbidisce la sua coscienza di uomo di legge inflessibile e rigorosa: “Compassione quanta se ne vuole, ma non a scapito della giustizia”. Il grande peso, una croce, di Derrick è dunque il dovere. Lui fa sì che ogni trasgressore sia alla fine risolutamente arrestato e punito, perché senza giustizia crimini e mostruosità sarebbero legittimati.

Abilità
Mostra una peculiare sensibilità umana e professionale nello scandagliare la psiche dei personaggi con cui entra in contatto ad ogni indagine, non semplicemente gli assassini ma anche i loro familiari e conoscenti, cioè gli humus sociali. E’ dotato di molta empatia.

Metodo
E’ un poliziotto e quindi le sue indagini sono procedurali.  Sfrutta le sue capacità psicologiche, ma poi scopre l'autore di un delitto in base a indizi più o meno nascosti e fuorvianti, generalmente all'interno di una ristretta cerchia di personaggi.

sabato 27 ottobre 2012

Lanterna gialla (45)


Film n. 45



I gangsters (the Killers)
di Robert Siodmak  
con   Burt Lancaster, Ava Gardner, Edmund O’Brien

   


Il passato ritorna e arriva con la morte, la tua.
Noir, molto scuro, girato nel 1946 da Robert Siodmak. È   basato su un racconto  di Ernest Hemingway. Tra i maggiori successi del regista, il film racconta in flashback la ricostruzione degli eventi che hanno portato all'assassinio di un ex pugile affiliato ad una banda di gangster. Il cast include due nomi, diventati poi, anche grazie a questo film,  prestigiosi: Burt Lancaster e Ava Gardner.  



La fotografia in bianco e nero, estremamente scura e dai contrasti violenti, e l'ambientazione delle scene, quasi esclusivamente in interni, ne fanno un film cupo (meglio dire “oscuro”) e ossessivo, secondo lo stile del regista tedesco. La trama in breve.
Pete Lunn, detto “lo svedese”, (Lancaster), ex pugile con alle spalle una rapina a mano armata. Subito dopo conquista la pupa del gangster, Kitty Collins (Gardner) e fugge col bottino. Si nasconde nella provincia profonda, ma viene individuato. Ormai rassegnato, aspetta la vendetta dei suoi complici chiuso in una stanzetta d’albergo. La storia è raccontata attraverso angoscianti flashback.



Burt Lancaster era, fino allora, sconosciuto. Ava è fatale e angelica (bellissima) allo stesso tempo: l’ambiguità è il sale del noir. La fotografia di Woody Brendell illumina i due divi con rasoiate di luce e ombra che ne esaltano la bravura e la bellezza.
Dobbiamo anche ricordare la figura del detective assicurativo Jim Reardon (O’Brien), non solo per la sua bravura. L’inchiesta di Jim è  la chiave narrativa, l'asse portante, del film. Il personaggio s’incaponisce di voler risolvere il mistero della morte de lo svedese e conduce un’indagine pericolosissima in cui rischia la pelle. La struttura a inchiesta e il mosaico di flashback sono mirabili.  I flashback sono congegnati con rara coerenza narrativa: ogni frame rispetta rigorosamente il punto di vista del personaggio che ricorda!
Di alto livello anche la colonna sonora. Uno dei migliori noir del periodo B&W.
      
Voto *****/5

venerdì 26 ottobre 2012

Fumetti in giallo (XII)


Yellow balloons
Quando il fumetto si tinge di giallo
Dodicesima     parte



Kerry Drake

Kerry Drake è il titolo di un fumetto creato per Syndicate Publishers   da Alfred Andriola . Ha debuttato nell’ ottobre del ‘ 43 , ed è stato pubblicato con continuità fino  al 1983.


Kerry è un simpatico investigatore che agisce nel quotidiano. Un antieroe, lontano, nel modo d’essere, da Dick Tracy o Rip Kirby, con cui però condivideva alcune caratteristiche. Nel corso delle sue indagini è spesso coadiuvato ( e anche intralciato) dalla bella moglie Mindy, alla quale rimane eternamente fedele nonostante tutte le splendide, procaci e carnose donne che gli gravitano intorno.



La striscia ( di questo si tratta) è ben documentata e l’atmosfera e ricca di suspense. Ci sono anche azione e violenza. ingredienti classici dello hard boiled. Quando, come sopra, trovate una tavola, ricordate che di solito (per motivi editoriali) è stata ricomposta come un mosaico   delle strisce giornaliere. Infatti il successo di una striscia porta sempre a pubblicare un albo. Copertine di varie epoche si possono gustare nel collage di copertine di albi riportato sotto.



Molti sono stati gli assistenti Andriola ( alcuni veri e propri ghost) nel corso degli anni, in particolare nel disegno.  Pochi quelli accreditati, non da Andriola che su questo svicolava elusivo, ma anche dalla critica.
Quando la striscia iniziò, Drake era stato un investigatore penale per il procuratore distrettuale. Più tardi, dopo l'assassinio del suo segretario e della  fidanzata, Sandy Burns, da parte di Trinket e Bulldozer, lasci l'ufficio del procuratore distrettuale e si unì alle forze di polizia della  città. Kerry ha combattuto Dr. Prey, l'uomo senza volto, e molti altri. Le storie avevano un sacco di suspense, azione e pericolo, ma a differenza di altri personaggi, tra cui Dick Tracy che presenta azioni di rischio mortale,  l'accento è su come Drake segue indizi rilevati con gli strumenti di analisi del crimine molto evoluti, su di essi applica induzione paziente, fino a  risolvere  casi anche molto complessi,  a poco a poco questi metodi  hanno incuriosito e coinvolto i lettori.




Il tratto grafico non è eccelso (la cosa più carente i volti e le espressioni), né è omogenea la sceneggiatura. Riquadri molto curati (come quello centrale della seconda fila) seguono a scene dove le figure agiscono in assenza di sfondi ( problemi di tempo, non stratagemma per focalizzare l'attenzione sui personaggi!). L’uso del colore è dozzinale e a volte rosa e celeste fanno a cazzotti. Se ricordate la magia di Mortimer&Blake, qui siamo (pur coevi) molto distanti.



Drake è attraente e intelligente, al contrario i suoi avversari malvagi sono stati inizialmente disegnati con forte distorsione del viso (Lombroso docet: il  male è brutto!) Una rappresentazione convenzionale per i cattivi che, come si è visto, è paradossalmente esasperata nell’opera di  Chester Gould.  Nel 1957, Drake sposa Mindy, una vedova "di polizia", e quando hanno quattro gemelli, ahimé, deve bilanciare le opposte esigenze di lavoro e famiglia. Un tentativo non tanto riuscito di “far simpatia” con pannolini e pappine!
(12-continua)


giovedì 25 ottobre 2012

Fumetti in giallo (XI)


Yellow balloons
Quando il fumetto si tinge di giallo
Undicesima     parte



Mortimer e Blake

Blake e Mortimer sono i protagonisti di una serie a fumetti creata dallo scrittore e disegnatore belga Edgar P. Jacobs: uno dei disegnatori della “linea chiara” come Hergé. Non è un caso allora che siano apparsi per la prima volta sulla rivista belga Tintin nel 1946.  Quasi dieci anni dopo,  a settembre 1955,  esce il primo numero della rivista italiana Tintin, edita da Vallardi : io li ho conosciuti lì ed erano alle prese col famigerato Marchio giallo!    
Con cadenza quindicinale e settimanale, continuò la sua breve avventura italiana fino a  marzo 1956. La rivista riproponeva il formato e lo splendido contenuto della rivista madre belga, ma, nonostante i grandissimi autori presentati, ebbe vita difficile e morte prematura. Ne rimasi dispiaciuto assai!


Ma torniano al ’46. Durante il primo anno di pubblicazioni de Le journal de Tintin, paradossalmente,  Le secret de l'Espadon (La prima avventura del prof Mortimer) ebbe più successo delle avventure dello stesso Tintin, che appariva con la sua serie nella  rivista a suo nome. Ciò era dovuto al fatto che l'Espadon cominciò con il primo numero, mentre le avventure di Tintin cominciarono confusamente con una storia già iniziata (Le sette sfere di cristallo), abbandonata tre anni prima durante la Seconda guerra mondiale.

Ma i due eroi erano davvero più interessanti. Sir Francis Percy Blake, capitano dei servizi segreti britannici MI5, e il suo amico il professor Philip Angus Mortimer, specialista in fisica nucleare, si trovano a confrontarsi spesso con il loro grande inafferrabile nemico Olrik. Nonostante il titolo della serie (dettato si presuppone da ragioni di maggior copertura di mercato), in alcune storie la presenza di Blake è più che altro simbolica.
Il fascino di   Mortimer e Blake risiede nel miscelare sapientemente realismo e fantastico per esaltare la suspense del racconto. Se nel Segreto dell'Espadon l'avventura è soprattutto di ordine tecnologico (proto 007) e in Il mistero della grande piramide (Le Mystère de la grande pyramide) prevale piuttosto l'aspetto storico ed esoterico (Indiana Jones ci ha attinto di sicuro!), ne Il marchio giallo (La Marque jaune) siamo al thriller e la storia (ovvio) è molto gialla.


Le tavole sono al livello (in termini di qualità grafica) delle copertine: spesso le copertine sono dedotte dalle tavole stesse! Un esempio di serietà editoriale non da poco.
La sequenza dei riquadri è molto cinematografica. L’uso del colore, che va ad arricchire con toni freddi o caldi (a seconda della situazione) la linea chiara è anch’esso di rara qualità, soprattutto se consideriamo che siamo negli anni cinquanta.
 

 

La tavola che ho riportato è tratta da Il marchio giallo (come si capisce dall’ultimo quadro). Si noti l’uso del giallo come tono delle fonti luminose (tra cui anche il marchio). Il giallo contrasta col tono grigio carta da zucchero dell’aria londinese, creando un intrigante effetto di straniamento.
 
 
L’uso di luci fortemente contrastate è sempre presente nelle storie, come si può vedere dalla striscia sopra.
 

A volte, però, siamo in pieno giorno. In questa tavola Mortimer è sotto il sole della Grecia. Qui per accentuare la luminosità, quasi non ci sono ombre e il contrasto è tenue. Ultima considerazione: il movimento. Su questa tavola, a proposito delle sue dinamiche si potrebbe sostare a lungo. Vi prego solo a fissare l’occhio sul prete a sinistra che scende le scale. Il riquadro occupa tutto il lato e serve di raccordo alle altre immagini che si leggono normalmente. E’ una scena che si “vede due volte”: è la n.1 e poi  la n. 6. Mirabile uso degli spazi per creare, percezioni subliminali e accentuare gli effetti di movimento.
(11-continua)

mercoledì 24 ottobre 2012

Fumetti in giallo (X)


Yellow balloons
Quando il fumetto si tinge di giallo
Decima    parte



Spirit

Con The Spirit, il detective mascherato che cerca di mantenere l'ordine e la giustizia, siamo al massimo livello dell’arte del fumetto. Molte tavole meriterebbero una sala al MOMA di NY. Pubblicato dal 1940 fino al 1952,  ristampato più volte e tradotto in tutto il mondo è stato oggetto di saggi e recensioni illustri. Al di là di questo la matita rotonda di Will Eisner ci dona   sublime divertimento per gli occhi e per la mente.

Con The Spirit,  Eisner inizia a realizzare fumetti rivolti principalmente agli adulti (egli stesso, come ebbe modo più volte di dire, si rendeva conto che stava contribuendo a costruire “qualcosa di più di un semplice passatempo per bambini”), sperimentando nuovi modi di narrare una storia inventata che influenzarono non solo i suoi colleghi (buon ultimo Alan Moore con il suo Greyshirt, dichiarato omaggio a Spirit, senza dimenticare Frank Miller, Art Spiegelman o i fratelli Hernandez), ma anche grandissimi registi come Orson Welles e William Friedkin, che proprio grazie allo Spirit di Eisner deve uno dei cinque Oscar vinti con Il braccio violento della legge.

Il detective mascherato apparve  sui supplementi domenicali a colori dei quotidiani USA. In sole sette pagine Eisner era in grado di concentrare un'intera avventura autoconclusiva, nella quale introduceva non solo le atmosfere tipiche dei thriller o del noir, ma con punte incredibile d'umorismo e d'ironia, stemperava il dramma e il peso della vita di ogni giorno (la domenica almeno ci si deve divertire!).

Ogni storia aveva un logo differente, si noti la meravigliosa lanterna che sporge dalla tavola domenicale. La scelta, successivamente adottata da Warren Ellis per Planetary, era infatti caratterizzata da un taglio altamente cinematografico, come cinematografiche sono le storie.  

Molto importanti le donne. La più torbida, malvagia, ambigua e sensuale fra le donne che popolano l'universo di The Spirit, è sicuramente P'Gell, una perfetta dark lady. Secondo molti critici ed  esperti, è lei, e proprio lei, e solo lei, la perfetta incarnazione della femme fatale dei fumetti.   Viene da lontano, alcune donne malvagie del cinema le avevano spianato la strada. Siamo infatti nel  1946. Fu proprio nell'ottobre di quell'anno che la sexy femme noir per antonomasia del fumetto fece il suo debutto sulle pagine del fumetto di Eisner.



Mi piace anche ricordare la bellissima, carnosa, avvolgente e mortale Plaster. Entra nel cast del fumetto nel  1948, la storia si intitola “La danza delle spade”: tornate indietro alla tavola a colori. La femme fatale di “gesso”, ballerina-assassina, al culmine del suo particolarissimo numero di cabaret infilza i clienti con una spada. E anche Spirit rischia la pelle.



Ma a sfidare Spirit, una donna rischia parecchio: anche una bella sculacciata!
(10-continua)


martedì 23 ottobre 2012

Fumetti in giallo (IX)


Yellow balloons
Quando il fumetto si tinge di giallo
Nona   parte



Kerry Kross
Kerry Kross, controverso personaggio di effimero successo, fu creato nel 1994 dallo sceneggiatore Max Bunker e illustrato dal disegnatore Dario Perucca.



Edito dallo stesso Max Bunker, il fumetto  ha avuto una storia travagliata; costretto alla sospensione forzata dopo soli undici numeri, è stato ripreso dal suo ideatore e portato avanti, fra molte difficoltà e con periodicità variabile.



Ha però una sua innegabile originalità. Kerry Kross, ex agente dell’FBI, è  investigatrice privata. Convive con una scheggia di metallo nella testa, che potrebbe ucciderla in qualsiasi istante. Giovane, alta, bionda, bella e prestante: sembra una apparizione dell’altro mondo. Audace, spericolata e temeraria, sfida la morte in continuazione, probabilmente perché consapevole che la sua è, comunque, una partita a scacchi con il triste falciatore. Usa metodi investigativi  sbrigativi e poco ortodossi: così la sceneggiatura risulta più agile .


Veniamo al punto di maggiore originalità: è omosessuale in maniera palese, addirittura ostentata. Alcuni indizi si possono già ricavare dalle copertine. Non male per il ’94!
Kerry Kross è, dunque, un detective sessualmente attraente. Indossa disinvolta tailleur raffinatissimi e scarpe con i tacchi a spillo. Maneggia  bene la pistola e non teme  spericolate acrobazie. Nelle pause si concede continue avventure sessuali con donne, passando da un letto all’altro con l’indistruttibile costanza, quasi fosse una missione, di   James Bond.
La domanda, inevitabile: è una maldestra scelta di mercato?  Perché solleticare le curiosità morbose del pubblico, come fanno i film porno soft? La risposta è banale: si tratta di un elemento piccante che si pensò facesse vendere. Ahimè, non è stato così.



Ma c’è altro, Kerry Kross, al di là della cura per le cover, sia per la qualità delle sceneggiature, sia, e più ancora, per quella del disegno, lascia molto a desiderare sul piano artistico. le tavole sono del peggior stile "nazional pop".


Un unico esempio, dovrebbe essere bellissima, ma, nel tratto di Dario Perucca, è tutt’altro che tale. Sui dialoghi, infine, che non brillano certo per originalità, stendiamo un velo pietoso.
(9-continua) 

lunedì 22 ottobre 2012

Hopper e il noir (III)


Pittura noir
influenza di Edward Hoppenel film noir
III 





Credo che a questo punto sia  necessaria una precisazione, anzi un approfondimento.
Un amico di penna (Ettore Capitani che, come me, scrive limerick) mi ha richiamato alla mente La finestra sul cortile. Era vero! Perché non ci avevo pensato? Hopper l'ha molto influenzata, suggerita, forse dettata e condivisa. Con quelle immagini Edward ha interagito. Cerco di rimediare. Mi impegno e spero di riuscire!  
Per iniziare  un quadro. Vedete: guardandolo si spia da fuori della finestra, ci si sente come dei voyeur.  I due nel riquadro della finestra (appena accennata, ma, facendo da cornice, che incide sulla percezione) stanno insieme in perfetta solitudine! Neppure si guardano.




Hopper ama spiare le persone oltre le finestre. Entrare nella loro intimità per  scavare nelle solitudini. Dipinti ideali per Hitchcock, che vi attinse a piene mani scrivendo, rivedendo e adattando la sceneggiatura de La finestra sul cortile.



Lasciamo il buio viola di The big Pictr (angoscianti questi due anziani di spalle!) e torniamo alla pellicola. Dal film (capolavorissimo) si potrebbero trarre molte immagini: è tutto uno specchiar di finestre! Ne riporto solo quattro.
La prima perché, a prima vista non si capisce se è un'inquadratura del film o un quadro di Hopper. La ragazza è la ballerina, la ritroviamo più avanti.


La seconda perché c'è zio Alfred (di spalle al musicista) in una delle sue fugaci apparizioni. Anche qui l'interno è incorniciato dalla finestra.


Terza immagine: ancora la ballerina, che prova in casa in sottoveste rosa (fa molto caldo). Anche lei deve qualcosa a Hopper.

Il suo quadro Mattinata di sole ce la mostra in un momento di riposo, ma è lei! Tra un po' scatterà in piedi e farà ancora qualche mossa del ballo.


La quarta e ultima perché è profondamente, tragicamente "hopperiana": mattoni più che scarni nudi, finestre essenziali, telaio metallico verniciato e dimensioni da mezzanino. I due poi: ci appaiono come vittime di un'assoluta, irrimediabile, solitudine! Una tragedia quotidiana che non può che sfociare in delitto.


Credo che basti così!
Ah dimenticavo: l'uomo a sinistra è Perry Mason!