sabato 29 ottobre 2016

Visioni di sogno


Sognando i sogni di Moebius
Stanotte ho sognato che volavo in groppa di un grasso pterodattilo, agile però. Tra picchi e guglie di roccia con lo sfondo di stelle e pianeti, sembrava Cappadocia, ma vedevo anche la Terra,  dov'ero allora?

I sogni finiscono all'alba, ma, grazie a Moebius, possono continuare fino a sera!  
Voglio ricordare la penna di magica china del maestro: "Ti saluto Maestro di china, ultimo dei grandissimi!".
Tu che hai mostrato mille dimensioni, usavi il nome della striscia ad una sola faccia. Modestia, deliro d'infinita grandezza o grande intuizione sulla vita di un artista? Credo tutte e tre: la striscia matematica rende a tre dimensioni un foglio di carta e lo fa infinito.
Ricordo il tuo Blueberry anche se (lo confesso)  mi piaceva di più Tex che aveva paesaggi più epici e soprattutto linguaggio più scarno. Ma quando, sfogliando la rivista Métal hurlant m'imbattei ne Il garage ermetico di Jerry Cornelius ne rimasi fulminato.
Volare su quelle specie di pterodattili ingrassati con pasti archetipici e primordiali è emozione trascinante. I tuoi paesaggi ariosi ci spiegano l'infinito e sono anche la spiegazione, ebbene sì, del mistero della striscia di Moebius!

mercoledì 26 ottobre 2016

Felino assassino!


Quando l'occhio del gatto ti spia...
Facciamo le dovute premesse, Ford nel lanciare sul mercato l'utilitaria T promise: "La potete scegliere di qualsiasi colore, basta che sia nera!". Ho sempre avuto gatti neri. Il più glorioso Ades, per ferite sul campo, ma morto per brutto malanno. Il più simpatico Noir, che ancor fanciullo scorrazza in casa artigliando tutto, comprese le mie ginocchia!
Edgar Allan Poe e poi Stephen King hanno scritto storie inquietanti di gatti. Il gatto di Poe è nero, ma  è un'eccezione.
  

Ma è bene precisare un fatto per gli scettici o gli amanti dei cani che non considerano i felini.

I gatti, nella letteratura "galla" sono molto presenti: guardate che raccolta di copertine! A 
Anche al cinema. C'è, ad esempio, un film, regia di Lewis Teague, dove recita (i gatti sono grandi attori) un  soriano tigrato...


Un gatto testimone scomodo
E' un film per gattari del 1985  basato, appunto, su due storie di Stephen King, due racconti della raccolta A volte ritornano (Quitters, Inc. e Il cornicione), fa loro da contorno un soggetto originale scritto per il film.

I tre episodi sono collegati dalla presenza di un gatto (un tipo alla Garfield, un po' troppo buffo), che si muove sullo sfondo, testimone silente, nei primi due, e diventa protagonista principale nell'ultima storia. Tutto inizia con il gatto che ha una visione di una bambina in pericolo che invoca in suo aiuto: si metterà subito in viaggio alla sua ricerca.

Nel film sono presenti alcune citazioni delle opere di Stephen King: nel primo episodio, Dick Morrison sta guardando in tv La zona morta (film), e il gatto viene inseguito da Cujo (film), incontrando per strada anche una Plymouth Fury con un adesivo sul paraurti posteriore "Watch out for me - I am Pure Evil - I am Christine" (Christine, la macchina infernale). Nella terza storia, la madre sta leggendo a letto Pet Sematary (romanzo). 

 Un altro film famoso è FBI operazione gatto.


Ci sono tanti altri film, anche se non sempre il gatto è protagonista, a volte perché lo è Il Gatto



Voglio ricordare un gatto bianco!


Torniamo ai gatti neri, gli assistenti delle streghe, ma anche di Gargamella nemico dei Puffi. Sono i principi del mistero. 

Io voglio evocare (si veda anche la bella immagine di Jodorowsky) il gatto nero di Edgar Allan Poe: sono insieme in un cimitero!

Banalizzare il gatto è costume barbaro, Un dio (chiedete agli antichi egizi) non si racconta in modo banale ... o lo si adora o lo si evangelizza!
Non dico altro:  io sono fanatico dei gatti, di tutti i colori, basta siano neri. Gatti "fordiani"! 

martedì 25 ottobre 2016

Moribondi


Cicli di vita dei Social Network
(agonie con accanimento terapeutico)
Ritorno sul tema anni dopo. Allora affermavo che ogni prodotto ha un ciclo di vita.  Le piattaforme per i Social Network sono prodotti. Ora alcuni sarebbero morti, ma sono tenuti in vita solo per "interessi paarticolari". Sopravvivono, solo grazie a flebo, sostegni sospetto  e azioni indicibili...
Il panorama è variegato. Vediamo un po'.
Splinder: E' morto, viva Splinder, almeno non ha pretese! Ogni tanto (ancora!) incontro qualcuno o qualcuna che lì c'era. Esprimono nostalgia... di che? E' vero che era piattaforma italiana, ma anche parecchio ingessata. Su Facebook, qualche anno orsono, era nata una pagina "Reduci da Splinder" ... suggerii perché non "Naufraghi da Splinder"?  Ormai è cosa penosa.
Facebook: all’inizio funzionava bene, ora è rumore: troppi contatti, troppi gatti, troppi cani, troppi nipoti!  Un post sopravvive sì e no sei/sette ore e le foto, le poesie e i “capolavori” sono penosi. Si “rinnova” continuamente peggiorando a ogni modifica: vedi il conclamato “Diario”. Ormai è invaso da zie, nonni e nonne che vogliono mostrare, non i nipotini, ma i loro gattini. Tantissimi pets. Sembra la vetrina di Wiskas!
Twitter: funziona ancora nei paesi del nord Africa, mi dicono (lo dice la stampa) sia per la protesta sia per la microimprenditoria. Da noi la gente comunica i sui crucci o i suoi banali successi: il figlio si è laureato con 96/110, capirai! Nessuno ormai ha capito che uso farne (alcuni, orrore, chattano!) e se ti metti a seguire un quotidiano ti arrivano cento segnalazioni al giorno di articoli di cui non te ne frega un tubo! Vita media di un post: sei o sette minuti, in certe ore meno. Ultimamente è stato invaso dopo i politici, dalle pubblicità: invisitabile!   Durerà, ah saperlo! Pensierino in attesa della fine: "Se su Twitter arriva lo spot pubblicitario, Twitter è morto!"
LinkedIn: la rete di professionisti che ti permette di trovare lavoro! Questo una volta. Se qualcuno l’ha trovato ce lo faccia sapere. Ho cominciato ad usarla come vetrina di marketing librario: niente!!!. Comincio a credere che i professionisti, troppo impegnati a cercare lavoro, non lo leggano. I gruppi di discussioni languono o sono morti. Sì, le discussioni sono tali e quali... lente e poco (ormai nessuni ci va) partecipate!
Google+: nato vecchio e come i vecchi non cresce! Ormai è morto. 
Anobii: nonostante l'acquisto da Mondadori è in via di estinzione. La sua dinamica relazionale è pari a quella degli zombie. Le visite segnalate sono sporadiche. Sembra di visitare il camposanto di Montparnasse! I gruppi di discussione languono come i sedimenti di guano nella Terra del fuoco.
Blogger: Non sembra male, pur con qualche incertezza di paging, è supportato da Google+ e ciò aiuta, ma i blog, lo si sa, sono tanti (milioni di milioni!), ma poco visitati.
A presto!

lunedì 24 ottobre 2016

Lanterna Gialla (103)






Film n.102

Inferno (Inferno)
di  Ron Howard
con Tom Hanks, Felicity Jones, Irrfan Khan, Omar Say




Viva la pappa col pomodoro!

Il film comincia con la fuga di un uomo da tre inseguitori e per sfuggire loro sale sul un campanile della Badia a Firenze. Il fuggiasco è   Bertrand Zobrist, uno scienziato e fanatico di Dante, che si pensa abbia creato un virus della peste. Quando viene raggiunto dai tre uomini che gli chiedono dove sia nascosto il virus, Zobrist si getta dal campanile e muore. Questa è la parte più semplice del film, da qui in poi non cercate di capire, ne rimarreste frustrati. Inutile avventurarsi nella trama.
La cosa più bella del film sono i panorami mozzafiato di Firenze, così ben fotografata da mettere in ombra Venezia e addirittura Istanbul.
Doveva essere un thriller, ma è qualcosa di più e qualcosa di diverso. Direi che è la pappa col pomodoro di Gian Burrasca, la zuppa fatta con le rigovernature della settimana.
Ricetta: Un po' di Indiana Jones, molto 007, un pizzico di Missione Impossibile e tanti effetti speciali incomprensibili. Si mette tutto a bollire e ogni tanto s'infila in pentola un colpo di scena. Quando sono finiti, se ne toglie  un paio, si rovesciano e si rimettono a bollire. Trattasi di contro colpi di scena!


Per recitare la parte della vittima potenziale in un thriller così risaputo occorreva una patata lessa. Ron Howard ha lessato ben bene Tom Hanks che come tubero scotto non è male, è anche insipido. Sì, manca totalmente il sale e soprattutto l'ironia. Il film infatti si prende terribilmente sul serio. Hanks non è Sean Connery, non è Harrison Ford, non è capace di prendersi in giro. Serioso era , serioso è e serioso sarà. Si sa: i seriosi fan rima con pallosi!
Felicity Jones, coi suoi dentini a castorina sexy, non è all'altezza. Rifiuta di far la patata e vorrebbe esser un ginger, ma recita maluccio (anche quando fa finta di capire le incomprensibili soluzioni agli enigmi che sciorina Tom) e corre male. Gli altri sono comparse tratte fuori dagli armadi di 007. Film da dimenticare alla svelta.
Dimenticavo: non ho letto il romanzo perché non leggo Dan Brown. Mezzo punto in più per le vedute di Firenze.

Voto *1/2/5
 

venerdì 21 ottobre 2016

The Serial Aphorist



Il citazionista seriale
Ormai è un flagello: citazioni attinte dal pensiero di filosofi, scienziati, attori, calciatori (Totti è molto gettonato!), religiosi, scrittori, poeti, artisti e politici (che già hanno attinto: sono metacitazioni!) ... hanno invaso i Social Network... aiuto!


Oscar Wilde era un aforista indomito, anche autolesionista. Sparava aforismi a raffica e a volte, colpendo qualche potente, faceva male a se stesso. Molto male.

Un altro aforista famoso fu Arthur Schopenhauer, ma vestiva panni da filosofo, non da "diverso". Grazie alla sua tuta mimetica da saggio non si fece mai male, anzi brillò assai nei salotti.


Inutile citarli tutti, sono una legione e con nomi parecchio illustri. Terminerò la presentazione con l'aforista più famoso del secolo scorso: Snoopy.  I meriti del cane di Charlie sono indiscutibili. Ha un solo enorme difetto:  abbaia poco, perché pensa per aforismi.
Così facendo offre spunti (pallottole o corpi contundenti) a una pericolosa figura che, ormai da qualche anno, s'aggira nella rete: The Serial Aphorist.
Chi è costui o costei, forse le fanciulle sono addirittura la maggioranza? Userò allora il neutro maschile per semplicità e per non incappare in diatribe di nessun "genere".
E' un parvenu di Facebook o di Twitter, ma, i più scaltri (lo si nota) non di internet: costoro vantano una lunga militanza nella posta elettronica dove si erano allenati, in chat, ad offendere gli interlocutori. Vantano anche qualche espulsione (sono stati "bannati"). Ora hanno messo la testa a posto, per dimostrarlo (o son mosse diversive?) fanno citazioni colte. Nel loro piccolo brain pensano che siano meta offese che solo il destinatario subisce, mentre gli altri, estasiati, mostrano, a colpi di i like, apprezzamento. Purtroppo, tornando al cane più famoso di Rin Tin Tin (e di Rex e Lassie messi insieme), non ne coglie l'ironia, spende frasi a vanvera e le parole di Snoopy diventano intollerabili pedanti sentenze!
Non basta questo per capire veramente chi è.  Occorre anche analizzare, scrutare e comprendere la  mappa del Grande Mare del Web.



Mappa di posizionamento per capire le rotte dei navigatori che si muovono nei Social Network e nel Web in genere. Sugli assi cartesiani si va dal basso all'Alto interesse per il contenuto (x), e dal basso all'Alto interesse per la relazione (y). Gli archetipi (o i personaggi) che si aggirano nei loro riquadri d'elezione sono il Turista, il Navigatore, l'Eroe e l'Attore. LinkedIn, e anche Anobii, si collocano nella zona rossa a destra.
Gli  archetipi:
Turista: ha pochi interessi per tutto, forse sarebbe meglio definirlo "membro per caso". Non disturba, avoltesi associa per poco tempo, poi sparisce, altre volte appare intensamente per pochi mesi, sparisce per altrettanti, poi riappare. Presenza intermittente.

Navigatore: coltiva precisi interessi per i contenuti e li cerca in ogni nodo della rete, ma passa e va, al massimo mette un segnalibro, ma chissà se tornerà?

Eroe: è imprenditore del suo sapere e delle sue relazioni: cerca persone che sanno me vuole scambiare idee. Ha interessi molto forti per i due aspetti. Spesso ha cattivo carattere: non sopporta gli attori.


Attore: è solo motivato dalla relazione, cerca un palcoscenico dove interpretare chi non è! Improvvisamente arriva nella zona rossa e s'intromette in discussioni che non sono alla sua portata, ma all'inizio convince: sa recitare, interpretare bene un "di sè altro" che non è mai stato e che non sarà mai. Un bravo istrione, insomma. Dopo un po' diventa noioso e la sua mania di protagonismo fastidiosa. Da cacciare con lancio di pomodori marci e uova bogliole. Viene "bannato"!


Io credo, ma non ho certezze (in rete vale il detto taroccato: Dubito ergo sum!), quindi non sono convinto del tutto, che ci siano due possibilità. Ma non sono il bivio tra il bene e il male, sono tutte e due sentieri penosamente piccini, dove i pisseri si accalcano!
La prima,  che The Serial Aphorist sia un attore pentito (anche frustrato) che ha deciso di fare il turista. Si è dato un ruolo più tranquillo, le "bannate" l'hanno cambiato, non forgiato. Diciamolo, coi suoi aforismi resta comunque un gran rompiglione!
La seconda, che sia un turista che, subdolamente, prova a diventare attore. Mette aforismi per insinuarsi e farsi notare; un tentativo "pissero" di captatio benevolentiae che però, spesso e volentieri, accumula "piacini".
Nessun dei due tipi mi garba. Li detesto. Inutile ispirarsi a Oscar (il primo) o a Arthur (il secondo). Per me resteranno sempre persone senza spessore e senza qualità. "Chi usa il pensiero altrui per esprimere idee od opinioni, testimonia di non averne di proprie"! Chi l'ha detto? Io, che mi fregio di un "Oscar" senza esserlo, quindi il peggio del peggio! Ma almeno l'aforisma è made in Montani.