lunedì 29 settembre 2014

Fumetti in giallo XXXIV


Yellow balloons
Quando il fumetto si tinge di giallo
Trentaquattresima parte
 
Commissario Maigret

Diverse sono state le edizioni di fumetti per ragazzi dei romanzi e dei racconti con protagonista Maigret, per lo più pubblicate in Francia e uscite come feuilleton allegati a riviste o quotidiani. Nessuna di alto livello, ma fanno parte della storia del fumetto. 
In Italia, nel 1959 venne prodotta una serie dall'editore La Freccia di Roma, e all'inizio degli anni novanta una serie, Collezione Maigret a fumetti, tratta da un fumetto francese e pubblicata in Italia da Arnoldo Mondadori Editore


Molti personaggi di fumetti e cartoni animati si sono ispirati alle caratteristiche fisiche di Maigret, come Jūzō Megure personaggio del manga   giapponese Detective Conan di Gosho Aoyama: il disegno è chiaramente ispirato dall'iconografia classica riconducibile al commissario.

Ma torniamo in Francia. Il commissario Maigret a fumetti, titolato  solo con il nome "Maigret" (ormai un logo)  è stato pubblicato per la prima volta  a Brest con strisce giornaliere, dal lunedì al sabato, dal 1950 al 1953, per un totale di ben 1273 strisce. 


La prima inchiesta, "le Chien Jaune" che si sviluppava a Concarneau fu pubblicata sul quotidiano Le Télégramme de Brest, poi, comprese le successive, anche su Samedi Soir, Paris Journal, La Dépeche du Midi, Le Courrier Picard, Nord Matin, La Montagne, Le Nouveau Méridional e  addirittura sull'Echo-Soir di Algeri.

Non è citato l'autore dei testi, si sospetta essere Paul Winkler titolare dell'agenzia Opera Mundi.  Il disegnatore è invece certamente Jacques Blondeau, uno dei più prolifici disegnatori della suddetta agenzia. Sopra una tavola firmata che potrete confrontare con le strisce sottostanti.


Sono quelle di un'edizione in portoghese del Il porto delle nebbie, unica presente sul web, credo pubblicata in Brasile.
No darò l'elenco della sua opera omnia, basteranno solo alcune delle quattordici storie tutte presentate con il titolo del romanzo dal quale è stata ricavata la riduzione. Qui seguito la cifra che le segue indica il numero di strisce giornaliere pubblicate. Le chien jaune (114), Le port des brumes (150), La pipe de Maigret (48) ... fino a: Maigret tend un piège (78). Sembra inoltre che ne esista una quindicesima, di ben 120 striscie, di cui però non si conosce il titolo e forse nemmeno mai pubblicata.
Ma non è la sola serie, come si poteva capire dall'introduzione alle due tavole iniziali. 





In rete ne potete trovare altre. L'autoregolamentazione dello spazio (ego arbiter!) mi impone di citarne solo una. Con la grafica di Franck Brichau e la scenggiatura Odile Reynaud ricordiamo Maigret chez les flamands.





Il disegno, siamo nel 1994, risulta troppo statico (si ricordi che Rapsodia ungherese di Vittorio Giardino è del 1982) e già c'era lo sceneggiato con Bruno Crèmer, altra roba. Persino Blondeau, che pure lavorava neglia nni '50, risulta più originale.



venerdì 26 settembre 2014

Un giallo al giorno (13)


Cinquanta minuti di suspense
Un giallo al giorno ... 
Mini rassegna della fiction seriale italiana
(13)
F.B.I., Francesco Bertolazzi Investigatore (Tognazzi) 1970


Serie Tv formata da 6 episodi di 50 minuti, andata in onda a partire da domenica 19 aprile 1970 alle ore 21,00 sul secondo canale Rai, con la regia e l'interpretazione di Ugo Tognazzi.


Il plot. Scalcinato detective privato,  per pubblicizzarsi sfrutta con disarmante improntitudine l'assonanza fra le sue iniziali e l'acronimo della celebre agenzia investigativa federale americana. La soluzione di modesti casi gialli serve da pretesto a Tognazzi e agli sceneggiatori Age e Scarpelli per ritrarre con sapida ironia i molti vizi e le poche virtù della capitale. le intenzioni erano buone, il risultato meno.





C'erano due o tre cose sostanziali che caratterizzavano F.B.I.. Quella più in evidenza:   lo spirito della vicenda che, nell'elaborazione del testo della sceneggiatura, conferiva al prodotto un proprio stile e un significato. L'ambientazione nella provincia romana, arretrata e molto provinciale, delle inchieste condotte da un poliziotto privato, metteva in risalto le differenze che passavano tra il progresso della metropoli e l'arretratezza della provincia.   

Tognazzi s'impegna e s'ingegna con forza per dare un'impronta realistica, ma il passato (un, due, tre con Vianello, lo preme). Meglio come regista. Non aveva il fanatismo dei neofiti del cinema, di chi vuole essere regista solo per girare qualcosa, senza pensare alle storie e agli ambienti. Una lezione di stile, ma dal risultato freddo.
                   


Non è solo colpa sua. Il primo episodio va in onda domenica 19 aprile 1970 su Rai2; in quel periodo,  tra i mesi di febbraio e di aprile, la RAI produce tutta una serie di nuovi programmi tra cui, il 5 febbraio "Rischiatutto" con Mike Buongiorno e Sabina Ciuffini (quiz che raccoglie l'eredità di "Lascia o raddoppia?").  Sopravvivevano, inoltre,   i grandi sceneggiati per famiglia ("Il cappello del prete" da Emilio De Marchi regia Sandro Bolchi e "Papà Goriot" da Balzac di e con Tino Buazzelli), mentre il varietà si rinnovava nel linguaggio e nei contenuti, più cura dei dettagli scenografici, più attenzione alle coreografie e ai siparietti musicali, spazio alla satira e alla critica del costume, felici esempi furono: "Canzonissima" col "Tuca Tuca" della Carrà e "Doppia coppia" con le imitazioni di Alighiero Noschese e la "maschera" di Bice Valori.




Ugo Tognazzi, nei panni di Francesco Bertolazzi, risulta un detective privato, casereccio e nostrano, aiutato nelle sue disordinate e casuali indagini dal suocero Domenico, dalla moglie Ines e dai figli Claretta e Daniele.  

I sei telefilm della miniserie, scritti da Age e Scarpelli, hanno il classico schema del giallorosa (lo definirei uno stile soft-boiled): non ci sono mai morti, ma solo furti, sparizioni e tentativi di corruzione. L'ironia è però scarsa.  Troppo poco per quei tempi gloriosi.   

 

martedì 23 settembre 2014

Avviso agli autori

Il sito del marchio Nerocromo: 
http://www.nerocromo.com/

Da oggi ha un sito e un indirizzo di posta. Chi ha un romanzo (giallo, noir o thriller) può inviarlo subito, potrebbe venir pubblicato in lucido cromo!
Ed è anche su Facebook! 

DNA in provincia



La D(a)NnAzione del DNA


Potrei riportarne tantissimi, ma mi limiterò, per introdurre il tema, a questi tre titoli apparsi nei giorni scorsi su quotidiani di diffusione e tiratura nazionale. Può sembrare una contraddizione citare quotidiani nazionale nel parlare della provincia, ma credo che a parte tre o quattro città l'Italia sia una grande provincia.
La mia tesi è: "In provincia la prova del DNA non funziona"! Un argomento, per chi rifiuta le tesi preconfezionate, su cui riflettere.

(I)


Garlasco, eseguito l'esame del Dna su Stasi: "Trovati marcatori identici"
Il legale del giovane accusato dell'omicidio di Chiara Poggi frena: "Non sono significativi, bisogna attendere la perizia finale"
(II)


Yara, gli avvocati di Bossetti:
«Il Ris parlava di difficoltà sul Dna»
Ma il giudice: traccia ottima

L’attacco dei legali alla prova madre sarà riproposto alt ribunale del Riesame. La relazione del Ris risale al 2011. Il tribunale: «Non c’è niente da mettere in discussione»

(III)

 

Da Garlasco a Perugia, luci e ombre del Dna

La prova scientifica risolutiva nei gialli Claps, Olgiata e la strage di Erba ma non ha ancora dato un nome agli assassini di Meredith e Chiara.


Da sempre affronto delitti immaginari di provincia. Nel 2010 in Una tranquilla provincia criminale sostenni, per bocca di un mio personaggio, questa tesi:
"In provincia il delitto è, per sua natura, sotterraneo, nei moventi e nelle attese. Cova  sotto la cenere o sonnecchia velenosa, nel meriggio, come un'aspide. Qui tutto è liquido, un lento flusso, come l'acqua vicino alle rive quando il fiume sonnecchia. Eppure si muove, silenziosa, con qualche piccolo gorgo che rilascia bolle di gas o di putredine: segnali di pericolo. La minaccia strisciante si attua di colpo: una molla che scatta. Era caricata da anni di cupi rancori. Dopo il fulmineo assalto, spesso, viene coperta da pigra, o complice, omertà. Come un sasso gettato nell'acqua: un tonfo, le rane zittiscono, onde che si allargano e poi tutto torna calmo, come prima."

Oggi alla luce di quanto accade non so se riscriverei quelle frasi, forse sì. Non è detto che non faccia un sequel. Di certo, ne sono sempre stato convinto, il DNA è per gli inquirenti "una dannazione", fa loro trascurare di approfondire i tratti psicologici dei sospettati e anche le caratteristiche, sempre psicologiche, del contesto.
Un anno fa circa, da un TeleGiornale, dopo aver citato Perugia, Garlasco e   Avetrana   udiì sentenziare: “In questi delitti che avvengono in ambienti ristretti non bastano i RIS, ci vorrebbe anche Maigret!”. 
La provincia italiana, da tempo, si tinge di sangue. Le indagini ristagnano. Ci vorrebbe un investigatore speciale: Maigret. Perché no? La tesi da discutere potrebbe essere: Maigret sarebbe adatto per indagare nelle cittadine di provincia?


Sicuramente saprebbe inserirsi nel tessuto sociale di un paese del retroterra della Versilia: Camaiore, Pietrasanta o Massa. In tempi brevi saprebbe    farlo in Lombardia o nel Veneto. 

Maigret ha dalla sua anche l’esser poliziotto: ciò comporta, vantaggi e svantaggi. Ha il potere, ma trova nelle persone qualche chiusura in più. Sa però parlare con la gente, sondare gli animi ed è anche lui, pur con qualche accento autoritario, terribilmente curioso. Quando indaga in provincia, parte da Parigi e ci si trasferisce, s’intrufola, s’immischia, domanda, osserva, chiede. Maigret non è solo, i suoi agenti assicurano servizi fisici e supporto logistico e indagini a tappeto.    E' una buona idea affidarsi a   Maigret. La provincia italiana è avvolta dalla nebbia, una coltre che, se non si fa presto, dilata il tempo a dismisura, ovatta i ricordi e tutto assorbe. Maigret, con la sua pipa, sa contrastare la nebbia (è uno spalatore di nebbia): avvolge le persone di fumo odoroso, le seduce e le sa far parlare, le studia ... Lui, arriva sempre prima della scientifica!

lunedì 22 settembre 2014

Lanterna gialla (76)


   Film n.  76

La Gang  ( The Racket )
di John Cromwell  
con   Robert Mitchum, Lizabeth Scott, Robert Ryan, William Talman  

Un duro capitano di polizia
Un raro caso di Pièce teatrale poliziesca ambientata nel mondo della mala. In teatro c'era Edward G. Robinson, nel film Robert Ryan.
Col rigore narrativo e la tecnica matura del cinema classico hollywoodiano, basati sull'uso insistito del Piano mediao  e del campo/controcampo, senza indulgenze virtuosistiche, John Cromwell  trasferisce in una vicenda gangster  la sua predilezione per le atmosfere noir, già evidenziata in alcuni precedenti cupi melodrammi come Solo chi cade può risorgere (1947). Anche in questo recita Lizabeth Scott; poco gradita all'esuberante e spiritoso Bogart che disse "E' come parlare con un frigorifero!"
Alcune discontinuità si spiegano col fatto che la produzione chiese ad altri registi di porre mano al film. Oltre a Howard Hughes, anche Nicholas Ray  girò una decina di minuti.
E' un remake dell'omonimo film di Lewis Milestone  del 1928  La gang che era tratto da un lavoro teatrale di Bartlett Cormack , in cui E. G. Robinson  aveva interpretato la parte di Nick Scanlon.
Un po' di trama. Col passare degli anni, la determinazione e la tenacia con cui il capitano Thomas McQuigg (Robert Mitchum)   ha condotto la lotta contro il crimine è costata cara in termini di isolamento e di avanzamenti di carriera. Consapevolmente ha toccato gli interessi di una potente organizzazione politico-affaristica, guidata da un invisibile grande "vecchio", che controlla anche consistenti settori della giustizia e della polizia locale di una città del Midwest   (sembra Chicago).


Molta ruggine s'è accumulata tra i due e il rapporto ha assunto i caratteri di una questione personale carica d'odio. Il gangster Nick Scanlon e il capitano Thomas McQuigg si odiano mortalmente e lo si capisce subito. Il "Racket", comandato dal "vecchio" affida il  lavoro sporco a Scalon. Nick però esagera. La cinica brutalità con cui lui persegue le sue finalità ha cominciato a creare forti imbarazzi anche ai suoi mandanti.
Al termine di una guerra senza quartiere, che lascia sul terreno una lunga scia di vittime, sarà la stessa organizzazione a sbarazzarsi di Scanlon, ma il detective riuscirà a scalfire la rete di complicità e omertà che proteggeva l'associazione criminale.
Nei panni di un procuratore corrotto c'è William Talman (nella foto dietro Mitchum a destra), sarà per ben 226 volte l'integerrimo e rigoroso procuratore di Perry Mason! Quando si dice la Nemesi.
Voto ***1/2/5
 

venerdì 19 settembre 2014

Il gufo giallo (71)


Rubrica letteraria
Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli

Giudizio n.  71


 

La trappola di Maigret  
Georges Simenon
Adelphi

 

  

Una scommessa ad alto rischio

 

Una storia atipica per Maigret, costretto, qui (ma la cosa è per lui abituale), a fare lo psicologo e anche il giocatore d'azzardo, ruolo meno congeniale.
La trama. In sei mesi cinque donne sono state uccise a Montmartre. Si capisce che si tratta di un serial killer. Dopo aver parlato con un famoso psichiatra, Maigret, usando la stampa, decide di tendere una trappola: vuol far credere di aver arrestato l'assassino per farlo sentire frustrato e quindi stanarlo nel momento in cui per orgoglio commetterà un errore. La trappola funziona: proprio una donna del gruppo, Marthe Jusserand, viene assalita, ma pratica judo e riesce a difendersi. L'aggressore fugge, ma l'agente è riuscita a vederlo e a strappargli un bottone della giacca, di tipo non comune, tramite il quale si arriva rapidamente a Marcel Moncin, il quale nega tutto ma viene riconosciuto dalla Jusserand ed arrestato.
Maigret interroga sua madre, donna invasiva e dominatrice, e la moglie Yvonne, stranamente calma e pacifica, che lo difendono. Subito dopo un nuovo attacco a una donna del quartiere fa riaprire il caso, ma Maigret capisce che una delle due donne ha tentato di salvare Moncin deviando i sospetti. Ha bisogno che lui confessi e riunisce i tre nel suo ufficio per un confronto. Dopo la confessione forse lui finirà in qualche ospedale psichiatrico, ma Yvonne, che ha ucciso a sangue freddo una giovane per proteggerlo, non se la caverà facilmente.
Uno dei romanzi più originali e insoliti del commissario. Molto amato da alcuni (me compreso), poco gradito da altri che forse non l'hanno capito. E' invece un'opportunità unica. La trappola serve anche a spiegare le tecniche e il metodo d'indagine di Maigret. Stringente e teso, pronto per la trasposizione cinematografica.
Jean Gabin ci ha gigioneggiato, Bruno Crémer l'ha affrontato in modo molto partecipato, Castellitto, ahimè, l'ha massacrato.
Il modo in cui Simenon introduce e prospetta la trappola è sublime. Eccelsi i dialoghi durante gli interrogatori, da studiare in un corso per detective.

Voto ****/5