giovedì 4 marzo 2021

Dialetti (delitti) di provincia (VIII)



LOCALIZAZIONI GIALLE

ovvero: zone gialle letterarie  

"La cativa lavandera a' treuva mai la bun'a pera!"

Un'analisi leggera (con critiche bonarie) e scherzosa della provincia in giallo e dei suoi dialetti.

Parte VIII

 

Palermo,  provincia di Vigata ...

 

In Sicila le prime tracce di giallo in dialetto le troviamo sulle pendici di San Vito lo Capo, luogo ideale per osservare dall'alto la "provincia".  Palermo è importante per ordire, ma le trame poi, delitti compresi, si svolgono tra i monti. Osservando l'aspro panorama si capisce subito che   occorre partire da inizio secolo, proprio nel 1900 con Il marchese di Roccaverdina , di Luigi Capuana.

 

Fu pubblicato in appendice al quotidiano “L'Ora” di Palermo. In volume, il romanzo uscirà nella primavera dell'anno successivo, con i Fratelli Treves editori.  

Si tratta, secondo i siciliani (in parte hanno ragione, se non fosse per quel "noir") del primo noir siciliano. Pubblicato a Palermo, ma ambientato a Spaccaforno (oggi più noto come Ispica) uno sperduto borgo della provincia ragusana. Narra di un omicidio perpetrato dal marchese del titolo ai danni di un suo sottoposto, dopo che questi aveva acconsentito a sposare la contadina Agrippina Solmo, per anni concubina del nobile.

Il romanzo di Capuana, quanto mai contiguo,  per atmosfera, a Delitto e castigo o meglio a Il cappello del prete,  racconta, con stilemi da giallo (e qualche nota melò), non tanto l'uccisione del contadino (irrilevante per l'epoca!), quanto la discesa agli inferi del marchese, la sua follia per il rimorso e soprattutto per aver fatto condannare un innocente, incriminato al suo posto. La Sicilia contadina e feudale (i braccianti e i poveri parlano in dialetto addolcito) fa da sfondo a una vicenda torbida, di gelosia accecante, di passioni estreme, di asfissianti sensi di colpa.

 

Il giorno della civetta è un romanzo sulla mafia (come sempre, per questo autore, frutto di ricerca giornalistica) scritto da Leonardo Sciascia nel 1960 e   pubblicato   nel 1961 dalla casa editrice Einaudi. Banalizzato a "giallo" dal cattivo marketing è in realtà un'analisi accurata, partecipata e meditata sull'organizzazione criminale mafiosa. Una ricerca abilmente romanzata con moderato uso del dialetto: Sciascia era giornalista nel Continente e pure francofilo: amava Parigi!

Sciascia aveva già iniziato a scrivere di mafia nel '57  recensendo il libro di Renato Candida, comandante dei carabinieri ad Agrigento, al quale si è ispirato per tratteggiare il personaggio del Capitano Bellodi, protagonista del romanzo.

 

A ciascuno il suo (1966) folgorante romanzo noir pubblicato, cinque anni dopo Il giorno della civetta, sempre da Einaudi, sveglia le coscienze e muove le penne: soprattutto quella titubante (opportunista)  di Scerbanenco.  È il secondo romanzo giallo (questo è però molto splendidamente noir!) di Sciascia: un capolavoro per lo stile e per la tensione emotiva (suspense).

Il titolo è la traduzione dal latino di unicuique suum, frase sul retro di un ritagli di giornale appiccicato con la coccoina (un ritaglio dall'Osservatore Romano il giornale ufficiale del Vaticano) per comporre una lettera minatoria che compare nel racconto ed elemento rilevante per l'indagine.

 

La storia. In una calda estate siciliana del 1964, in un piccolo borgo dell'entroterra (tra Sciacca e Castelvetrano?), il farmacista del paese riceve una lettera anonima, in cui viene minacciato di morte. L'uomo, benvoluto da tutti i compaesani ed estraneo alla politica, aveva un'unica passione: la caccia. Incoraggiato anche dagli amici nell'ipotesi che si trattasse di una burla, non dà peso alla lettera e viene tragicamente ucciso durante una battuta di caccia insieme all'amico, il dottor Roscio. 


Gli inquirenti ipotizzano che il movente dell'assassino sia stata la sua presunta relazione con una assidua cliente della farmacia, ma questa pista si rivela sbagliata. Solo il professore palermitano Laurana, quasi ossessionato dall'omicidio segue la pista giusta, ponendo la sua attenzione sulla parola nel retro del foglio: unicuique, composta utilizzando i caratteri di un giornale, “L'Osservatore Romano”, che ricevono solo due persone in paese: il parroco di Sant'Anna e l'Arciprete... Anche al cinema fu un successo.


 



Molti anni dopo (1989), sempre ambientato nella provincia, un capolavoro assoluto analisi e di sintesi: Una storia semplice. Una ricerca, geniale, di stile:  un romanzo volutamente breve, un giallo,   ispirato a un fatto realmente avvenuto, il furto della Natività con i santi Lorenzo e Francesco d'Assisi del Caravaggio. Inutile cercarvi il dialetto, ogni parola è pesata e formata come la tessera di un mosaico

Provincia sorda e cieca, collusa e cinica, omertosa e bara. Sciascia sembra volerci dire che in 25 anni, nella terra dei gattopardi, niente è cambiato.

 

 


Un giallo da far meritare a Sciascia un monumento nella sua Racalmuto:  con coerenza letteraria ma per soli demeriti, il comune è stato di recente "chiuso per mafia"!

Per ultimo dovrei parlare di Andrea Camilleri ma già avevo, anni orsono affrontato l'argomeno. Sotto trovate il link  per continuare su Saluti da Vigata la serie di posto che tratta del "dialetto" per diletto di Maestro Andrea.

 

 ( VIII - segue su Saluti da Vigata)

( Torna alla VII ) 

 

 

 

 

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