Città
italiane in noir
Un giro
turistico tra le città italiane
che hanno
accolto storie gialle o noir
(VI)
Versilia, delitti
al nero di seppia ...
Lasciate le colline di Firenze, passando sotto Monte Morello, siamo diretti in Versilia,
la più abusata location del crimine toscano.
Ci si potrebbe fermare a Pistoia dove c'è un club di brillanti giallisti. I
maligni li apostrofano "alcolisti", ma solo perché un dì hanno detto che
nottetempo s'erano riuniti in un'enoteca a gustare "un noir d'Avola". In verità lessero, ad alta voce, Giallo d'Avola di Paolo Di Stefano, seppur con qualche cantuccino di Prato (offerti da Giuseppe Previti) e un paio di bottiglie di vinsantino di Rietine (messi sul tavolo, per conto del fratello, da Laura Vignali),
ma erano in dodici, come gli apostoli! Ripensandoci, Viareggio, in termini di noir, "è tanta roba", meglio non far
soste intermedie!
Sì, tanti romanzi noir sono stati e vengono ambientati da quelle parti. Più
che a Los Angeles o a Monaco di Baviera (dove Derrick ha risolto più di
duecento delitti!), per non dire di Londra che ha perso memoria di Baker Street E’ curioso
come la terra del carnevale perenne (sciagurate sfilate anche a ferragosto) che
fa da scena alle vacanze, venga invece scelta come sfondo di storie
torbide, violente, malvagie, con profusione di delitti, accoltellamenti,
sparatorie quasi che i quartieri, dal Terminetto al Marco Polo, siano un esteso
Bronx, discarica di malavita e furfanti di ogni genere e tatuaggio.
In passato era un posto diverso. Aulico, ma a stare alle cronache non era
vero. Molti scrittori famosi si
ispirarono a Viareggio, Mario Tobino, Silvio Micheli o Manlio Cancogni, ma dettero
alle loro storie un’ambientazione viareggina troppo dolce, nostalgica, poco
cruda e sempre sentimentale; densa di entusiasmi e passioni. Scevra dalla
proverbiale indolenza del viareggino in bassa stagione.
Rainer Maria Rilke, angosciato e tormentato poeta, invece descrisse piazza
d’Azeglio come carica di fantasmi mortali (sembra, a parte la Lazzi, quasi quella di oggi). I
poeti, come gli intellettuali, vedono sempre "più oltre", o magari
bevucchiano, non dico assenzio, ma un Vermentino di Candia sì!
Voi seguitemi con attenzione, attraversando lo spazio tempo (da una
cartolina a oggi tornando semplicemente indietro) percepirete nell’aria,
nonostante il sole, qualcosa di tenebroso, ve lo assicuro. I delitti veri (noi
di carta parliamo) a Viareggio non sono stati tantissimi. Celebri e scatenanti furono
quello del Barsottelli legato vivo ai binari della ferrovia (furono accusati
Mauri e Zappelli), raccontato in un bel romanzo (Falso binario) di pochi
anni orsono. Più di recente quello di
Ermanno Lavorini (per anni tragico emblema di un’epoca e logo infamante di una
città).
Eppure tanti scrittori, da Giampaolo Simi (il più bravo e famoso) a Divier
Nelli, da Elena Torre a Tommaso
Jardella, per non parlare di Oscar Montani (che conosco bene!) da vari
anni hanno pubblicato una lunga serie di opere in noir,
con storie di omicidi efferati, poliziotti arguti, dark lady (pure abbronzate!),
tantissima truce malavita fatta agire tra Torre del Lago e la Fossa dell’Abate,
con qualche puntatina a Pietrasanta e Vecchiano. Insomma venti chilometri duri,
hard boiled.
E quale Viareggio ne deriva? Quali le descrizioni dei noti e affermati
autori? Che atmosfera si percepisce?
Domande simili me le posi nel 2006 (e me le pongo ancora) quando decisi di scrivere storie
gialle su Viareggio. Il mio primo lavoro è una rivisitazione ironica, in chiave
noir, dei luoghi comuni viareggini. Dalla vita dei Bagni al Carnevale.
Personalmente preferisco pensare che la Torre Matilde (bizzarro massiccio alieno) sia
il centro di gravità permanente del crimine viareggino. Un punto da cui onde
d'influenza, malefiche ma pasticcione e sciatte, si diramano sulla costa. Le sa
cogliere e interpretare Corto, uno skipper un po' scoglionato, ma sagace, che
indaga con l'aiuto di diversi viareggini rozzi doc, di Darsena intendo.
Il raffinato Gianpaolo Simi (lo pubblica Sellerio che sa ben selezionare i suoi autori!)
segue, con sapiente manipolazione delle parole e col periodare brillante, altre
strade. Scrive su un panorama invernale, ghiaccio e neve, con palme intirizzite
e stabilimenti chiusi (anzi socchiusi). In “Cosa resta di noi”
(vicenda che intriga una coppia di giovani sposi, lui bagnino, lei ricca
scrittrice di Firenze), Viareggio resta in sfondo come quinta teatrale, non
partecipa alla vicenda, che invece coinvolge scrittori a Pietrasanta e divi
della TV spazzatura, una specie di Panariello sgangherato ma divertente e
potente. Che forse è l’assassino della giovane Anna, scomparsa dopo un unico
fatale rapporto con Edo, il bagnino.
L’intreccio del Simi è moderno, tiene conto degli happy-hours, dei locali
“tamarri”. Dà uno spaccato di gioventù attuale, cosmopolita e bizzarra, dove si
riconosce una Viareggio che tanto ha mutato pelle.
La Contessa di Divier Nelli è più secco nei periodo e ancor più asciutto nella collocazione viareggina della
trama e del personaggio.
E', per certi
stilemi, un giallo classico. Il maresciallo Di Martino
è un investigatore pure lui classico: acuto, corpulento e ghiotto. Opera densa di nostalgia:
"la Versilia che nel cuor mi sta" è la sua cornice. La antiche
costruzioni liberty di legno che a Viareggio costituivano una sorta di
scenografia teatrale lungo il viale a mare le ha distrutte un incendio ormai da
molte decine d’anni. La città che prende il nome dall’antica Via Regia ha perso
la sua fantasiosa cornice e la poesia dei velieri di cui andava fiera; le ha
perse con i ‘ragazzi di pineta’ del caso Lavorini, rapito e ucciso alla fine
degli anni Sessanta. La ‘contessa’ si
gode i suoi soldi ricercando mobili
d’epoca, frequentando il ristorante del celebre caffè Margherita e praticando
il sesso in modo poliedrico …, coi ragazzi disponibili, appunto.
Il divertimento è melanconico e Viareggio è dolente ma vera.
Per entrare nel nero di seppia del lato oscuro di Viareggio il romanzo di Elena Torre e Anna Marani: Erode
e la psicopatia dell'allenamento. Incomprensibile il titolo, me l'hanno spiegato, ma non l'ho
mica capito. Col libro in mano mi sembrava di stare, come un bischero, su una panchina di Piazza D'Azelio ad aspettare Godot. Fissavo quel pesce rosso incerto se leggere dentro o no. Appena nelle pagine incontrrai il commissario Biagini, che Godot non
è, capii di essere proprio a Viareggio! Biagini è un lontano cugino di Dylan
Dog. Da un'ava sciamana nei monti presso Scarzuola hanno entrambi ereditato il
senso di Smilla (così si chiamava la bisbisnonna) per il delitto. Annusano la scena
del crimine e capiscono. "Beati a loro", sarebbero piaciuti anche a Rilke!
I morti non
hanno fretta, romanzo di Filippo
Bologna, ripropone una Viareggio fuori stagione. Fa freddo, in Versilia,
passata l'estate. Nei cantieri del porto hanno trovato una ragazza impiccata.
Si tratta della giovane Marta Innocenzi, che aveva da poco rilevato
l'indebitata azienda di famiglia. L'ennesimo suicidio di un imprenditore
vittima della crisi? Il commissario non è per niente convinto. Al posto della
corda è stato usato un nastro di seta. E il nodo con cui è stretto il cappio è
sconosciuto a tutti i pescatori del luogo. Uno sbirro, fuori dagli schemi,
indaga.
Una Pietrasanta
cupa, molto nera con forti chiaroscuri, come i disegni, splendidi, dell'autore.
Tommaso Jardella è ancora indeciso se fare lo scultore, il pittore, lo
scrittore, il "barrista" colto e
amabile o lo chef. C'è da capirlo, son tutte cose che gli vengono parecchio
bene!
Ma il delitto non è solo cupo, può anche essere divertente. Non ci credete?
Se, in un pomeriggio d’estate, vi sentite stanchi di mondanità e desiderate
fuggire dall’affollata spiaggia viareggina di ponente, provate ad attraversare
la passerella mobile davanti a Tito del molo e, costeggiando i bacini di
carenaggio Benetti, avventuratevi nella pineta di levante. Ci vuole un pochino
di coraggio, forse di più, lo so, ma vi aspetta un altro mondo, meno chic
e meno desideroso di gossip, ma certo più quieto e più accogliente.
Procedete ad est della torre Matilde, finché la vedete. Poi, quando notate
che cominciano i pini, fate attenzione: avrete modo di scorgere, tra gli alti
arbusti di incolto pitosforo, una baracca sbilenca verde smeraldo, di profilato
plastico un po’ svampito dal sole e dal sale. E' Lo chalet in pineta, dove
il delitto può far ridere, riflettere, ma anche divertire. Parola di Mario Papalini il coraggioso editore di effigi, che con questo noir ha messo un piede in Versilia, l'altro lo tiene saldamente in Maremma!
Siamo ormai ai confini con Pisa. Il nostro giro è finito: di là da Marina
di Vecchiano e poi la Maremma boia, Roma ci aspetta.
Abbiamo citato solo alcuni titoli,
ma densi. Tra l'altro tutti gli autori che abbiamo ricordato hanno scritto
altri romanzi, sempre ambientati a Viareggio. Quali i motivi di tanta letteratura gialla e noir? Troppo facile
pensare o, peggio, dire: "sono le case editrici a richiedere gialli. I
gialli si vendono". Gli editori poco chiedono e niente danno.
Credo invece che esista qualcosa che pervade, come “effetto città”, la
Viareggio che viviamo oggi. Non è di certo più quella che Tobino sognava
“volerci morire”. Per i nostri autori qui ormai si potrebbe morire solo in
maniera macabra, appunto per quello cercano di risollevare il morale con un po'
d'ironia.
Nessun commento:
Posta un commento