Film
n. 28
Il
terrore corre sul filo (“Sorry Wrong Number”)
di Anatole Litwak
con Barbra Stawyck, Burt Lancaster, Tina de
Mola
Un abile esercizio di stile basato sul telefono. Un radiodramma
di successo di soli 22 minuti, riadattato a film dopo l’acclamata settima messa
in onda. E’ giocato su un aggrovigliato intreccio di flashback, molto complicato, fino al
punto di incapsularne in uno un altro, quando il medico riferisce alla moglie
il racconto fattogli dal marito di ciò che lei ha vissuto e perciò conosce. Non
un gioco pirandelliano di travisamenti
della realtà, ma uno stratagemma tecnico per creare tensione trasmettendola attraverso il filo del telefono, su cui
"corre", se non proprio il terrore, una notevole suspense. Per lo
spettatore il filo del telefono diventa l'ordito su cui si intesse la trama.
Virtuosismo abile, sornione, che gioca con la tensione come con la morale e con la simpatia del pubblico, che viene spostata da un personaggio all'altro, pur senza modificare l'oggettività dei fatti narrati. Gioco tanto più abile in quanto sempre teso e avvincente proprio mentre rivela esplicitamente la corda (o piuttosto il filo...) con cui avvince. La critica non fu benevola con l’eccesso di flashback, ma si sa , la radio è altra cosa …
Virtuosismo abile, sornione, che gioca con la tensione come con la morale e con la simpatia del pubblico, che viene spostata da un personaggio all'altro, pur senza modificare l'oggettività dei fatti narrati. Gioco tanto più abile in quanto sempre teso e avvincente proprio mentre rivela esplicitamente la corda (o piuttosto il filo...) con cui avvince. La critica non fu benevola con l’eccesso di flashback, ma si sa , la radio è altra cosa …
La trama in breve Leona, figlia di un magnate farmaceutico, soffre di una
malattia psicosomatica che la costringe a letto. Sola nella sua grande casa,
cerca di telefonare al marito Henry, che
per capriccio ha strappato a un'amica, elevandolo da umile commesso a
vicepresidente dell'industria Cotterell. Per un errore del centralino, ascolta una conversazione tra due individui che
progettano un delitto per quella sera alle undici e un quarto. Ignorata dalla
polizia, senza nessuno a cui rivolgersi in città, Leona tenta di ricostruire i
movimenti del marito attraverso una serie di chiamate. … di chiamata in chiamata si arriva alle undici
e un quarto...
L'ossessiva presenza del telefono, copre
quasi totalmente l'arco di novanta minuti in cui si svolge la trama. Nella
sceneggiatura, l'autrice Lucille Fletcher sfrutta appieno la possibilità di
abbinare immagini al proprio testo radiofonico: prendono vita non solo le
sequenze retrospettive, ma anche gli ambienti che fanno da sfondo al disperato
scambio di chiamate. La storia, venata di amara ironia, fa anche riflettere. Una
serie di messaggi vengano trascurati o fraintesi. Il negare il feedback a un messaggio
genera tensione. L'impossibilità di
comunicare resta l’enzima del meccanismo
che nel film, insieme a quel maledetto filo che attraversa le inquadrature, produce
angoscia. Anche se fin dalle prime inquadrature la protagonista appare
insopportabile (Barbara Stanwick è perfetta in parti di questo genere), alla
fine lo spettatore non può fare a meno di identificarsi con lei, trascinato da
un crescendo di suspense abilmente orchestrato.
Voto ***1/2/5
(Film a seguire)
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