Quando a indagare non è uno sbirro, un detective o un magistrato,
ma un "professionista altro"!
Parte III
Se pensate di mettervi a “leggere” questo libro per relax siete in errore: è un libro tosto da studiare. E' prevalentemente basato sul popolare romanzo Uno studio in rosso, ma ne fa un'accurata e pedante autopsia logica. Per cui non state per svagarvi con (per dirla alla Umberto Eco) “una passeggiata nei boschi narrativi” della letteratura gialla, dovrete scalare almeno il mitico Monviso della Paramount.
Quello stimolo a indagare non poterono ignorarlo i filosofi, gente curiosa per natura!
Il
delitto scaturisce per avidità, gelosia, passione, odio... Quando si manifesta scatena riflessioni etiche, economiche, psicologiche, ideologiche, religiose,
escatologiche ... ma anche pruriginose curiosità.
Roba da filosofi, appunto, sempre pronti a ricercare un senso alla vita e soprattutto alla morte. Ma non aspettatevi pesanti e noiosi dibattiti, quando la fascinazione è alta si perde la voglia di discutere. Un esempio preclaro. Sembra
che il mitico Ludwig Wittgenstein amasse rilassarsi leggendo gialli e sorseggiando una limonata con una puntina di bicarbonato. In
effetti a giudicare dalla sua foto, un po' stressato sembra, e anche acidulo!
Se pensate di mettervi a “leggere” questo libro per relax siete in errore: è un libro tosto da studiare. E' prevalentemente basato sul popolare romanzo Uno studio in rosso, ma ne fa un'accurata e pedante autopsia logica. Per cui non state per svagarvi con (per dirla alla Umberto Eco) “una passeggiata nei boschi narrativi” della letteratura gialla, dovrete scalare almeno il mitico Monviso della Paramount.
Ho subito chiamato in causa Eco non tanto perché partecipa
con una prefazione, ma per il fatto che Giovannoli è un bravo allievo
del maestro, ma vi assicuro che Il segno dei tre (pur difficile) è un sentiero più agevole.
L’autore prende il via da un assioma: “il poliziesco è anzitutto una rappresentazione del mondo e, di conseguenza, deriva da una concezione
del mondo”. Si parte da Sherlock Holmes (se no uno che se l’è scelto a
fare Eco come maestro?), appunto, il detective razionalista. Nel suo modo di procedere Giovannoli individua gli elementi di una fedeltà ossessiva
ai maestri della logica secentesca, primi fra tutti Leibniz e Cartesio.
A ogni causa, in questa prospettiva, corrisponde un unico effetto:
tutto sta a individuarlo con esattezza, dopo di che anche il più
intricato degli enigmi si risolve da solo. Logica da giallo classico
(meno male che dopo son venuti Hammett e Chandler!).
È il processo di semplificazione ad
altri maestri del poliziesco classico, da S.S. Van Dine ad Agatha
Christie. Ma se l’effetto, e cioè l’indizio, fosse intenzionalmente
falsificato? Il dubbio, introdotto tra gli altri da Maurice Leblanc
(l’inventore del ladro gentiluomo Arsène Lupin), prelude alla svolta
"esistenzialista" che permette a Giovannoli di rintracciare puntuali
consonanze fra l’opera di Martin Heidegger e le tormentate invenzioni di
un narratore come Cornell Woolrich. Un accrescimento di complessità al
quale corrisponde una diversa percezione dello spazio - sempre più
incerto e contraddittorio - all’interno del quale si svolgono le
avventure degli antieroi cari a Dashiell Hammett e a Raymond Chandler.
Come avrete capito, chi legge si ritrova in
mezzo a tutta una serie di personaggi e scrittori del giallo (inteso in
senso lato) come Holmes (soprattutto), Philo Vance, Chesterton, Poe, la
ZiaAgatha, ecc…(e fin qui tutto bene), e in mezzo ad una serie di
filosofi come Wittgenstein, Cartesio, Leibniz, Peirce, Popper,
Heidigger, ecc. (e ora va un po’ peggio). Appena il lettore comune
arriva alla differenza di concetto fra deduzione, induzione e abduzione
può avvertire un blocco allo stomaco. Forse si riprenderà in seguito, forse, davanti al “paradosso del mentitore” sdoganato da La settimana enigmistica. Non tutti però amano i paradossi. Soprattutto coloro che si son bloccati cercando di capire come una stupida tartaruga non potesse essere raggiunta dal piè veloce Achille. In compenso riusciranno a capire subito la
differenza fra l’indagine deduttiva indiziaria (senza fare tanto i
sofistici) di Holmes e quella psicologica di Philo Vance. Per
quest’ultimo gli indizi psicologici sono preferibili a quelli materiali
perché prodotti “inconsciamente” dal criminale “il quale ha su di essi
una capacità di controllo molto inferiore rispetto a quella che può
avere sugli indizi materiali”. Preceduto, in un certo senso, da padre
Brown di Chesterton. Maigret andrà oltre cercando di identificarsi non
solo con il criminale ma anche immergendosi nell’atmosfera dei luoghi in
cui ha vissuto.
Confortato da questo piccolo successo si potrà dedicare a "corpo morto" a l’hard boiled; Hammett e Chandler sono più potabili.
Ma la
goduria dura poco: ecco in agguato lo studio dei crittogrammi, il
gotico razionalista, il mystery psicopatologico, lo spazio razionale e
irrazionale, la topografia poliziesca e altre prelibatezze, da palati
fini e stomaci di ferro.
Per gli addetti ai lavori (autori ed editor) un tomo fondamentale per capire come si fa a non essere pedanti, mica cosa da poco!
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