Racconto di Natale
Dopo tante smorfie, vi offro un raccontino edificante per il giorno di Natale
Il pastore di burro (*)
Un omino di burro aveva portato alla perdizione Pinocchio, un
pastore di burro me. Questa l’incredibile storia di uno sciagurato Natale.
I pastori del presepe sono fatti di cartapesta, di ceramica, di
porcellana (anche vestiti di seta), di gesso (si scrostavano subito), di legno,
di plastilina (un lusso anche in città), di resina sintetica, di plastica e anche
di zucchero o marzapane.
Vigilia di Natale del ’52. Aprendo la vecchia cassetta di legno
“Chianti Lamole riserva 1936”, lo scrigno dove si tenevano involtate in carta
velina le statuette, si scoprì che non c’erano pastori. Zitto. La colpa era mia: avevo scambiato
tutti i pastori con Carmela, compagna di scuola venuta da Napoli: ne aveva tre
di marzapane e due di zucchero.
« Il presepe senza pastori!»,
sentenziò nonna Cesira, « Non si pole mica! Figuriamoci, Gesùbambino senza doni fino alla Befana! ».
Giusto, Sesto, il nonno, tetragono ma sensibile alle attese
epifaniche dei bambini, anche quelli di gesso, s’infilò la gabbana.
« Vo’in paese a comprarne una serqua». Cesira gli sbarrò la
strada. « Ma un’ tu sarai mi’a grullo! Sono le otto e piove a dirotto. Ti buschi un malanno e torni senza pastori ».
A giudicare dal gatto raggomitolato in collo alla vecchia
Bistina sul canto del fuoco, la burrasca non sarebbe smessa tanto presto.
Il nonno non stette a dire “icchéc’è”,
prese l’unico tozzo di burro dalla moscaiola fuori della finestra e andò
dietro, nella stalla. Col freddo che faceva pareva un pezzo di marmo. Tirò
fuori il serramanico e cominciò a scolpire un pastore, badando bene a
raccogliere le scaglie in un foglio oleato da pizzicagnolo.
« Poi su queste ci semini un po’ di zucchero … ».
Mi fece, strizzando l’occhio.
Il burro con lo zucchero! Me lo pappai a pizzichi davanti al fuoco, aspettando mezzanotte a
sentire le mirabolanti storie dei vecchi.
La mattina accanto alla capannuccia trovai un pacchetto: un
coltellino a tre lame col manico rosso e una croce sopra. Sembrava svizzero ma
l’avevano comprato alla fiera di Terranuova. Avevo ancora in bocca il sapore
del burro zuccherato. D’improvviso m’assalì la
vena artistica ereditata dal nonno. Presi un pezzo di marsiglia bianco e
scolpii anch’io un pastore; più brutto e di sapone, ma messo nel presepe
accanto a una palma spennacchiata nessuno lo notò, anche se odorava leggermente
di lavanda. Quello di burro, spolverato di zucchero, me lo pappai mentre “cucciolavo”
a letto in attesa che si scaldasse casa.
Al pranzo di Natale si faceva sempre, dai tempi dei tempi, la
minestra di cappone. Trovai la nonna ai fornelli che parlava con la Bistina.
« Sarà stata la stagione, ma quest’anno il cappone l’era
parecchio asciutto. Quasi niente grasso e due etti di meno! La Maurina di’
Regoli m’ha detto che a Marsiglia, dov’è andato a lavorare i’ su zio, lo
ingrassano in pentola col burro. Il burro un’ ce l’aveva, ma un pastorino di
gesso sì. Così ho ficcato in pentola quello di burro e il “presepio” l’è restato guarnito. Oh sentiamo se viene bono come lo decanta la Maurina, questo cappone
alla marsigliese! ».
La nonna infilò il mestolo in pentola e io mi sentii gelare.
Eppure davanti al fuoco non faceva mica tanto freddo.
(*) Burro fatto in casa, salato per conservarlo meglio, come s’usava
nel secolo scorso in campagna prima che
arrivassero le ASL a proibire anche i lattai.
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