venerdì 30 dicembre 2011

Lanterna gialla (21)

Film n. 21


Una lama nel buio (Still  of the Night)
di Robert Benton 
con Roy Sheider, Meryl Streep, Jessica Tandy, Sara Botsford   

Uno psichiatra, ancora in sospetto di complesso di Edipo (la presenza della madre è fastidiosa e basta, non come quella di Intrigo internazionale, tanto per intenderci), s'innamora di una donna, dai molti lati oscuri, che potrebbe aver massacrato un  suo  cliente. Da un cast di alta qualità e da una sceneggiatura niente male, ne scaturisce, un algido (didascalico) mystery thriller ispirato ad Hitchcock, almeno nelle intenzioni. Ma si sa che di buone intenzioni è lastricata la strada per l'Inferno!


I personaggi dovrebbero contare più dell'intrigo, le atmosfere più dei fatti. Invece di rafforzarla, le sequenze oniriche allentano la suspense. D’accordo, non c’è Dalì a dare una mano, ma forse ce ne vorrebbero due.
Si punta sui sogni come indizi simbolici, chiavi dell'inconscio utili per arrivare alla soluzione del “chi l'ha fatto?”. Purtroppo la fiducia del protagonista nell'interpretazione dei sogni sarebbe parsa patetica persino negli anni '40: quando poi ne discute con la madre, anche lei psichiatra, si cade nel ridicolo. Che dire poi della suspense nei luoghi topici: il cassetto violato, il sottopasso di Central Park, la terrazza sugli scogli. La tensione non decolla, ma non tutti possono far paura con un mazzo di chiavi. In quanto al coltello (la lama), brandito  come una spatola per il burro, ci rende perplessi; quello di Norman Bates, invece, calato sulla ragazza nella doccia ci attanaglia ancora.


Dicevo della sceneggiatura e di  Hitchcock. Le citazioni di Intrigo internazionale sono sfacciate: la madre invadente, l’asta d’opere d’arte, lo scambio di persona, ma non si avvicinano neppure alla tensione che un semplice gesto scatenava nel film del maestro (Maestri si nasce, non si diventa!) (IO LO NACQUI!). 
La New York del film è spettrale, cupa, notturna, ma ci lascia completamente indifferenti. Quella di Hitch era luminosa, piena di riflessi eppure angosciante. Una ragione ci sarà.


Il duetto Scheider/Streep è un'indubbia esibizione di bravura recitativa, un po' troppo da parte di lei che, lasciata libera dal regista, cede spesso agli stereotipi della nevrosi. L’assassina è troppo poco analizzata, è come se passasse di lì per caso e nelle scene finali si muove impalata come la mummia di Boris Karloff.
Notevoli, Meno male, la fotografia (soprattutto i colori) di Nestor Almendros e la colonna sonora di John Kander, ma non sufficienti a salvare la pellicola.

Voto **1/2/5

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