Film
n. 21
Una lama nel buio (Still of the Night)
di Robert Benton
con Roy Sheider, Meryl
Streep, Jessica Tandy, Sara Botsford
Uno psichiatra, ancora in sospetto di complesso di
Edipo (la presenza della madre è fastidiosa e basta, non come quella di Intrigo internazionale, tanto per
intenderci), s'innamora di una donna, dai molti lati oscuri, che potrebbe aver
massacrato un suo cliente. Da un cast di alta qualità e da una
sceneggiatura niente male, ne scaturisce, un algido (didascalico) mystery thriller ispirato
ad Hitchcock, almeno nelle intenzioni. Ma si sa che di buone intenzioni è lastricata la strada per l'Inferno!
I personaggi dovrebbero contare più dell'intrigo, le
atmosfere più dei fatti. Invece di rafforzarla, le sequenze oniriche allentano
la suspense. D’accordo, non c’è Dalì a dare una mano, ma forse ce ne vorrebbero
due.
Si punta sui sogni come indizi simbolici, chiavi
dell'inconscio utili per arrivare alla soluzione del “chi l'ha fatto?”.
Purtroppo la fiducia del protagonista nell'interpretazione dei sogni sarebbe
parsa patetica persino negli anni '40: quando poi ne discute con la madre,
anche lei psichiatra, si cade nel ridicolo. Che dire poi della suspense nei luoghi
topici: il cassetto violato, il sottopasso di Central Park, la terrazza sugli
scogli. La tensione non decolla, ma non tutti possono far paura con un mazzo di
chiavi. In quanto al coltello (la lama), brandito come una spatola per il burro, ci rende
perplessi; quello di Norman Bates, invece, calato sulla ragazza nella doccia ci
attanaglia ancora.
Dicevo della sceneggiatura e di Hitchcock. Le citazioni di Intrigo internazionale sono sfacciate:
la madre invadente, l’asta d’opere d’arte, lo scambio di persona, ma non si
avvicinano neppure alla tensione che un semplice gesto scatenava nel film del
maestro (Maestri si nasce, non si diventa!) (IO LO NACQUI!).
La New York del film è spettrale, cupa, notturna, ma ci lascia
completamente indifferenti. Quella di Hitch era luminosa, piena di riflessi eppure
angosciante. Una ragione ci sarà.
Il duetto Scheider/Streep è un'indubbia esibizione di
bravura recitativa, un po' troppo da parte di lei che, lasciata libera dal
regista, cede spesso agli stereotipi della nevrosi. L’assassina è troppo poco
analizzata, è come se passasse di lì per caso e nelle scene finali si muove
impalata come la mummia di Boris Karloff.
Notevoli, Meno male, la fotografia (soprattutto i
colori) di Nestor Almendros e la colonna sonora di John Kander, ma non sufficienti
a salvare la pellicola.
Voto
**1/2/5
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