Viene “prima l’uovo o la gallina?”
riflessione semiseria on demand
Attenzione: se leggete
incauti il rischio
di addormentarvi è
alto,
evitate di farlo
mentre guidate!
Alcuni lettori mi hanno posto
domande serie. Incapace di risposte serie vi sottopongo riflessioni da me ben assodate.
No, non voglio parlare di hard boiled (uova sode cotte per più di sette
minuti), né di uova alla cocque (quelle soft, che qui sarebbero più pertinenti).
La domanda, ispirata alle uova fresche, è un’altra: “viene prima l’abduzione
o la serendipità?”. Dopo aver letto queste due parole, solo gli eroi
non sono fuggiti. Chi, superato questo duro test d’interesse, si scoprisse
motivato a capire di più sul paradigma indiziario, può continuare
a leggere, io vi ho avvertito!
Negli ultimi tempi ho riflettuto su alcuni articoli (di fonte molto autorevole...) su come si svolgono le indagini. Ho colto alcune imprecisioni e non pochi errori concettuali. L'argomento, se affrontato in modo accademico, è pallosissimo, ma anche quando i professionisti "pratici" cercano di teorizzare le palpebre di abbassano. Cercherò di precisare in modo sintetico.
Il metodo d’indagine "cosiddetto" ipotetico deduttivo nasce con Sherlock Holmes, ma Conan Doyle (di professione medico) conosceva l'anamnesi, non l’abduzione, il meccanismo logico in base a cui si collegano una regola (certa) ed un risultato (vero di per se) individuando un caso possibile. Secondo il suo ideatore, lo storico C. S. Peirce, si può ben definire con un esempio: << Questi fagioli sono bianchi (risultato), tutti i fagioli di quel sacco sono bianchi (regola), allora questi fagioli possono venire da quel sacco (ipotesi di collegamento per un possibile caso)! >>
E' così che nella mente di chi indaga (fagioli a parte) si genera un’ipotesi. Nella maggior parte dei casi imprecisa o sbagliata: solo Holmes (a posteriori) le azzeccava tutte. L'ipotesi richiede interventi precisi: entra in scena la scientifica (Holmes faceva da solo, ma era un pozzo di scienza). Da noi arrivano i RIS: tocca a loro il lavoro di raccolta informazioni per eliminare prima le ipotesi impossibili e poi anche quelle possibili (induzioni), ma improbabili. Alla fine dovrebbero restare le deduzioni: le prove da portare in aula. Non sempre è così: ci si affeziona all’ipotesi che, come si dice, diventa un “teorema”.
Ho visto che alcuni confondono la serendipità, con l’abduzione. Grave errore. Horace Walpole, la riprese dalle storie dei viaggi dei principi di Serendip (sembra Ceylon) e forse si era anche ricordato dello Zadig di Voltaire, ma non lo disse. La serendipità è la capacità di scoprire, in modo del tutto casuale, una teoria o una legge della natura, senza averla deliberatamente cercata (esempi Archimede o l’abate Schwartz). E’ un’intuizione pensare che l’acqua deve lasciare posto al pari volume di qualcosa che s’immerge… subito dopo però interviene l’abduzione.
Negli ultimi tempi ho riflettuto su alcuni articoli (di fonte molto autorevole...) su come si svolgono le indagini. Ho colto alcune imprecisioni e non pochi errori concettuali. L'argomento, se affrontato in modo accademico, è pallosissimo, ma anche quando i professionisti "pratici" cercano di teorizzare le palpebre di abbassano. Cercherò di precisare in modo sintetico.
Il metodo d’indagine "cosiddetto" ipotetico deduttivo nasce con Sherlock Holmes, ma Conan Doyle (di professione medico) conosceva l'anamnesi, non l’abduzione, il meccanismo logico in base a cui si collegano una regola (certa) ed un risultato (vero di per se) individuando un caso possibile. Secondo il suo ideatore, lo storico C. S. Peirce, si può ben definire con un esempio: << Questi fagioli sono bianchi (risultato), tutti i fagioli di quel sacco sono bianchi (regola), allora questi fagioli possono venire da quel sacco (ipotesi di collegamento per un possibile caso)! >>
E' così che nella mente di chi indaga (fagioli a parte) si genera un’ipotesi. Nella maggior parte dei casi imprecisa o sbagliata: solo Holmes (a posteriori) le azzeccava tutte. L'ipotesi richiede interventi precisi: entra in scena la scientifica (Holmes faceva da solo, ma era un pozzo di scienza). Da noi arrivano i RIS: tocca a loro il lavoro di raccolta informazioni per eliminare prima le ipotesi impossibili e poi anche quelle possibili (induzioni), ma improbabili. Alla fine dovrebbero restare le deduzioni: le prove da portare in aula. Non sempre è così: ci si affeziona all’ipotesi che, come si dice, diventa un “teorema”.
Ho visto che alcuni confondono la serendipità, con l’abduzione. Grave errore. Horace Walpole, la riprese dalle storie dei viaggi dei principi di Serendip (sembra Ceylon) e forse si era anche ricordato dello Zadig di Voltaire, ma non lo disse. La serendipità è la capacità di scoprire, in modo del tutto casuale, una teoria o una legge della natura, senza averla deliberatamente cercata (esempi Archimede o l’abate Schwartz). E’ un’intuizione pensare che l’acqua deve lasciare posto al pari volume di qualcosa che s’immerge… subito dopo però interviene l’abduzione.
Il merito di averla teorizzata è di
C.S. Peirce. Lo racconta divertito nelle sue memorie: vittima di un furto
terribile, riuscì a risolvere il caso. Gli avevano rubato l’orologio dello
Stato affidatogli per svolgere il lavoro di Osservatore delle maree.
Un trauma per un giovane al suo primo giorno di lavoro. L’adrenalina potenziò
le sue capacità abduttive e l’orologio fu ritrovato.
Saluti a quelli ancora svegli!
Saluti a quelli ancora svegli!
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