Rubrica letteraria
Il
gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
recensioni di romanzi gialli
Libro n.
25
La caccia al tesoro
Andrea Camilleri
Sellerio
Una bambola con troppi fori
Uno dei più
deludenti, ed era già capitato col Salvo nazionale! Dopo un inizio travolgente,
da farsa pesana, con situazioni ricche di paradossi tragici che caricano di
aspettative, si scivola nel limo dello
stereotipo. Un inferno per il lettore pieno di attesa e anche di fiducia. Senza
appigli è una discesa inesorabile del
livello di qualità. Segnalo l'eccesso di macchiettismo, penoso umorismo da
parrocchia scaturito dalle bambole gonfiabili,
situazioni legate insieme tirandole per i capelli, l'ozioso reiterare
degli errori di Catarella senza l'aggiunta di un pizzico di fantasia. Alla fine
ti resta in mano un pugnetto di sabbia di Marinella... un po' poco. Qua e la ci
sono pezzi di ottima letteratura, allora ti chiedi: "A questo vecchio geniale tutto è permesso? Forse un editor un po'
arcigno non gli farebbe male!"
Non è così
semplice. Le macchiette tirate allo
spasimo, i comprimari stereotipati e le molte situazioni già viste ripetute
sono scritti pensando alla quasi certa trasposizione televisiva. Sembra che si
sia voluto sfruttare al volo una serie di scene e attività e dettagli e
appunti: in altre parole una bieca economia di scala.
Dal punto di
vista del lettore non è un giallo con una chiave assai ben nascosta: se uno si
ferma a riflettere un attimo si accorge che la costruzione ha un paio di brecce
più larghe di Porta Pia e da lì si vede la soluzione.
Ma Camilleri
è un fine narratore (ha ritmo e
musicalità: un incantatore), così i più seguiranno Montalbano nella sua
un'indagine ardua, messo in difficoltà da un anonimo che gli scrive messaggi
criptici in rima (rime penose in verità: non si fa di necessità un vanto!). La
vicenda è ispirata a fiction di routine di produzione americana. Peccato,
all’inizio mi ero fatto un'altra idea: che volesse scavare sulle tradizioni
sicule cui Camilleri, ci aveva abituati da tempo. Ovviamente il mestiere c'è
(chi lo nega?), pure l'umanità di alcune figure minori e qualche pagina di
riso, anche amaro la si trova, ma qui la serialità è pedissequa, senza
variazioni sul tema, che possono diventare le trame d’intesa tra lettore e
autore. La delusione è eccessiva,
soprattutto per me che sono uno scrittore seriale e un
ammiratore. Come scoprire che Bach scriveva sempre la stessa fuga.
PS: il tasso
di parole e frasi sicule, rispetto al primo romanzo di Montalbano, è più che
raddoppiato. Mi chiedo se ormai si debba parlare di romanzi dialettali. Il
lettore che si avvicina per la prima volta o gli alunni delle scuole non ne
hanno nessun giovamento.
Totale: ***/5
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