Rubrica letteraria
Il
gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
recensioni di romanzi gialli
Libro n. 24
Il re dei giochi
Marco
Malvaldi
Giallo come chiara d’uovo
Ero
incerto se recensirlo: qui, dato il titolo della rubrica, vorrei parlare solo
di gialli. Ne scrivo solo perché chiude (spero davvero sia l’ultimo, così ci
leviamo tutti il pensiero) la trilogia dei giochi. Il biliardo c’entra come
quello del famoso “caffè con biliardo” della barzelletta. E’ solo un pretesto
per avere un “dietro le quinte” e per tirar lungo con le pagine.
Quello
del “tirar lungo” è un difetto, non piccolo di questo racconto. Quasi
venticinque pagine per introdurre il biliardo, una diecina per uno sproloquio sulla
religione, cinque per prendere la distanze dai testimoni di Geova (ce n’era
bisogno?) e un’altra diecina su una ricetta non funzionale alla storia e siamo
a cinquanta … poi ci sono i vecchietti che sbrodolano sentenze da Vernacoliere
con effetti molto fastidiosi. Su Massimo, il barrista, anche deleteri, da plagio, il protagonista mi è sembrato invecchiato anche lui, pure
bilioso: se, come sostengono alcuni, i protagonisti sono le proiezioni degli
autori c’è da star preoccupati.
L’effetto
complessivo è di falsità, di costruzione eccessiva alla ricerca di un’atmosfera
leggera e straniata. Border line tra
nota di costume e farsa mi è risultato palloso nel primo versante e poco
credibile nell’altro. Le commedie in vernacolo sono più vere, più credibili,
più umane. Qui si avvertono continue, troppe forzature.
Torniamo
alla pretesa d’essere un giallo: non lo è. Non c’è nessuna suspense, non c’è
nessun paradigma indiziario. Alcuni “giochetti” per gettare un coltre fumogena
sul quello che il lettore legge (ad esempio l’atto notarile) sono veramente penosi,
mi meraviglio che una casa editrice come la Sellerio li abbia permessi.
Il
biliardo, che dovrebbe fornire anche la chiave d’interpretazione, non c’entra
un tubo: mi chiedo anche se l’autore abbia mai giocato a biliardo. Dubito che
abbia mai “fatto filotto”. Leggetelo
come fosse un romanzetto incellofanato all’edizione estiva del Vernacoliere, se
ancora vi attira quel mensile forse vi piacerà anche questa storia leggera,
leggera.
Il re dei giochi
Marco
Malvaldi
Sellerio
Giallo come chiara d’uovo
Ero
incerto se recensirlo: qui, dato il titolo della rubrica, vorrei parlare solo
di gialli. Ne scrivo solo perché chiude (spero davvero sia l’ultimo, così ci
leviamo tutti il pensiero) la trilogia dei giochi. Il biliardo c’entra come
quello del famoso “caffè con biliardo” della barzelletta. E’ solo un pretesto
per avere un “dietro le quinte” e per tirar lungo con le pagine.
Quello
del “tirar lungo” è un difetto, non piccolo di questo racconto. Quasi
venticinque pagine per introdurre il biliardo, una diecina per uno sproloquio sulla
religione, cinque per prendere la distanze dai testimoni di Geova (ce n’era
bisogno?) e un’altra diecina su una ricetta non funzionale alla storia e siamo
a cinquanta … poi ci sono i vecchietti che sbrodolano sentenze da Vernacoliere
con effetti molto fastidiosi. Su Massimo, il barrista, anche deleteri, da plagio, il protagonista mi è sembrato invecchiato anche lui, pure
bilioso: se, come sostengono alcuni, i protagonisti sono le proiezioni degli
autori c’è da star preoccupati.
L’effetto
complessivo è di falsità, di costruzione eccessiva alla ricerca di un’atmosfera
leggera e straniata. Border line tra
nota di costume e farsa mi è risultato palloso nel primo versante e poco
credibile nell’altro. Le commedie in vernacolo sono più vere, più credibili,
più umane. Qui si avvertono continue, troppe forzature.
Torniamo
alla pretesa d’essere un giallo: non lo è. Non c’è nessuna suspense, non c’è
nessun paradigma indiziario. Alcuni “giochetti” per gettare un coltre fumogena
sul quello che il lettore legge (ad esempio l’atto notarile) sono veramente penosi,
mi meraviglio che una casa editrice come la Sellerio li abbia permessi.
Il
biliardo, che dovrebbe fornire anche la chiave d’interpretazione, non c’entra
un tubo: mi chiedo anche se l’autore abbia mai giocato a biliardo. Dubito che
abbia mai “fatto filotto”. Leggetelo
come fosse un romanzetto incellofanato all’edizione estiva del Vernacoliere, se
ancora vi attira quel mensile forse vi piacerà anche questa storia leggera,
leggera.
Totale: **1/2/5
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