Film
n. 36
Il segreto dei suoi occhi (El secreto de sus ojos)
di Juan José Campanella
con Ricardo Darin, Soledad Villamil, Guillermo Francella, Ricardo
Morales
Un
giallo dalla solida architettura, ma anche un inverted noir. Se a volte nel noir (Detour, La fiamma del peccato
o Viale del tramonto) si segue il
protagonista negli inferi, qui c’è una redenzione, la redenzione della memoria.
L’agente federale Benjamín Espósito ha da tanti anni un sogno in un cassetto:
scrivere un romanzo, o piuttosto “riscriverlo”.
Vuole raccontare un episodio che ha vissuto, e sofferto, in prima persona e che dopo 25 anni
non è riuscito a dimenticare. Si torna indietro nel 1974, in Argentina.
Isabelita sta per essere deposta da Videla, l’atmosfera è pesante. Benjamín viene
chiamato per investigare su un omicidio di una crudeltà inimmaginabile. La
vittima è una donna, brutalmente violentata e trucidata senza pietà. Suo marito
(Morales) ne rimane sconvolto, come lui
tutti quelli che si sono interessati del caso; il collega Pablo ( Francella) e
la cancelliera Irene (Villamil). Scrivere quella storia, raccontarla, è
diventato per Benjamín un vero e proprio scopo dell’esistenza: Tornando da un
esilio quasi volontario, potrà finalmente fare i conti con il passato e
con la donna di cui era innamorato. In tutti quegli anni, nonostante la caduta
del regime, non è riuscito a dimenticare. I ricordi, però, a volte giocano
brutti scherzi e percorrono tortuosi cammini diretti a verità sepolte.
Un bel film ritmato da ben orchestrati
flashback, a volte filmati a volte statici con ricorso a fotografie sia del delitto che del
passato della vittima. Eros e Thanatos sono sapientemente dosati, ma sapendo
leggere negli occhi di chi è ritratto sono rivelatori! L’andamento narrativo
stempera la gravità del tema della morte, inserendo momenti di leggerezza di
grande raffinatezza stilistica, dettati da sottile ironia. Gli avvenimenti si
concatenano l’uno con l’altro, scorrono lungo la via del tempo, mettendo a
fuoco il funesto (per gli argentini) momento storico (la dittatura militarista
argentina) Nell’operazione, si apprezza anche la volontà di rappresentare una
storia piccola, tenuta in piedi da pochi personaggi, per riflettere sul comportamento
umano universale. Questo equilibrio tra privato e pubblico è la forza del film,
un contenitore di emozioni che rimane nascosto dentro le mura di stanze buie,
palazzi squadrati e ossessivi anche se spaziosi come il Tribulale. Le scene
importanti sono tutte girate in luoghi chiusi, quella più inquietante e rappresentativa della situazione politica, dentro un ascensore! La minaccia incombe e gela le coscienze.
Anche il piano sequenza allo stadio (tunnel in cemento e
camminamenti sotto le tribune), induce un senso di chiuso. Ambientazioni simboliche,
prigioni più che case ospitali o uffici dove si dovrebbe socializzare (e invece si odia), che esprimono
l’ansia del vivere, in attesa di essere raccontata.
Bravi gli attori, da citare l’interpretazione
di Francella nel ruolo di Pablo: un ubriacone simpatico e creativo. Unico
difetto del film: un po’ troppo melo’ alla "spagnola". Giustificato (è anche una dolente storia
d’amore) ma che gli toglie ritmo (a volte) mezzo punto (per la storia perenne!).
Voto ***1/2/5
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