E I K O N E Ʃ
di
Oscar MONTANI
di Carmen Claps
Trascrizione (estratto) della presentazione fatta a Sarzana
il 21 gennaio 2012
(seconda parte)
… il gabbiano. Solitamente questo volatile suscita
immagini di libertà, di maestosità invece, in questo romanzo tutt’altro: i
gabbiani sono anch’ essi prigionieri. Corto si aggira sperduto in un labirinto
terreno e i gabbiani vanno a sbattere disperati contro gabbie più o meno
inesistenti nel cielo.
“Roteavano come prigionieri di uno spazio ristretto .
. . . . più che roteare, gli uccelli erano costretti a rimbalzare verso il
centro; da lì tentavano subito una nuova fuga. Se anche ci fosse stato un varco
verso il cielo libero, non l’avrebbero mai trovato.”(pag. 15).
… i gabbiani, … vengono ad arricchire di un ulteriore
tassello la personalità di Corto … per rilassarsi o per meditare, ama mettersi
al timone o sdraiarsi sulla sabbia a osservare il volo dei gabbiani. … ,
bisogna osservare che c’è un altro grande uccello strettamente legato a Corto, l’albatros.
Il suo nuovo amico, … consiglia a Corto di superare i
gabbiani, di volare più in alto di loro, di fare come l’albatros, che … domina
tutto dall’alto. Solo in questo modo il nostro sarà finalmente in grado di
“vedere” il suo labirinto e di uscirne. …
Per uscire dal labirinto il nostro skipper come filo
di Arianna ha a disposizione gli amici della darsena: … “un poliziotto sempre
triste dai dubbi trascorsi e in cerca di improbabili rivincite; un fotografo
sciatto e approssimativo che pensa d’essere un genio perché maneggia bene il
computer, un ex ladro dall’aspetto laido che fa il surf con i ragazzini, una fissata
. . . . . ”(pag. 106). Gli amici … lo aiutano in ogni modo nelle sue indagini.
Certo non hanno a disposizione gli strumenti dei RIS: la loro tecnologia si
ferma al laboratorio del Bestia, un fotografo che vanta la sua high-tech e
all’acume di Teddi, una ex pregiudicata, redenta da una suora spagnola tutta
particolare, suor Jimena; Teddi ora fotografa d’arte sacra. Per intrufolarsi a
fare perquisizioni più o meno legali in tutta agilità, c’è Geco un ex ladro
acrobata, ora istruttore di free-climbing in una palestra, con lo strano hobby
del surf. Se le cose sono molto complicate e c’è bisogno di un aiuto
particolare, c’è Ginko, il sagace poliziotto, con trascorsi strani e mai del
tutto chiariti, … che non vede l’ora di avviare indagini parallele, cioè autonome,
cioè proibitissime. E poi ci sono le ragazze, tuttofare, pronte a collaborare
in qualsiasi modo, la Twina e la Luisa, la Luisa una ex di Corto. …
Il gruppo, appena intuisce che Corto a Istanbul, … si
trasferisce senza esitare in blocco in Turchia per dare una mano al suo capo.
Magistrale la scena in cui vediamo all’opera la corte tutta insieme ed è
un’occasione piuttosto rara. Si tratta di una coinvolgente scena d’azione,
“girata” in un luogo speciale: il Gran Bazar.
Inappuntabile
per ritmo, per ironia, per i colori; è una sequenza cinematografica perfetta.
“All'improvviso
un ciclista vestito giallo oro fosforescente, un super eroe, si parò di
traverso cinquanta metri davanti a *******. Rifletteva un luccichio
inquietante. ******* ebbe solo un attimo di esitazione, poi continuò a correre.
Voleva travolgerlo, ebbi paura per la Luisa. All'improvviso due figure, uscendo
dall'ombra si pararono proprio davanti al ciclista e spararono due lampi
di flash. ******* rallentò, colto di sorpresa era rimasto accecato. Il cane
guaì. Io non avvertii nessun fastidio, ero troppo distante. Tutti avevano fatto
la loro parte, ora toccava a me. Cercai di correre più svelto, ma mi sentivo
imballato.
Un secondo dopo, da un'insegna appesa alla volta che
copriva la strada, balzò giù un animale nero, ...”(pagg. 328-329)
(******* per
non fare anticipazioni)
… la new
entry è … Fathim, turco, ex ladro, ex
lottatore della squadra olimpica a Montreal nel 1976. E’ un personaggio che
viene fuori a tutto tondo gradatamente, scena per scena. La sua prima
apparizione è quella di un gigante (un metro e novanta per 180 chili), che
cammina ansimando per l’eccesso di grasso e in quel bestione, a prima vista,
faticheremmo a immaginare una mente riflessiva. E invece Fathim comincia subito
a sorprenderci: si rivela ben presto un acuto osservatore, … è a lui che Corto
racconta la sua vicenda. Grazie a una profonda, insospettabile sensibilità, a
una acuta intuizione, Fathim rivolge al nostro domande, gli fa osservazioni,
gli da consigli preziosi, sempre con un tono leggero ed ironico ed il nostro
confessa: “Tu sei il mio filo di Arianna”(pag. 200). La profondità delle sue
riflessioni, la validità dell’aiuto, fisico e psicologico, che presta a Corto
sono mimetizzate in siparietti esilaranti: innanzitutto, ve l’ho anticipato, la
descrizione del suo aspetto, quello strabordante ammasso di carne, imprigionato
in abiti piuttosto improbabili e sempre di una taglia inferiore, poi il suo
buffo, ma tenero rapporto con la moglie Soraya, che lo rimpinza di terrificanti
frittate di cipolle, che impestano con il loro olezzo cose e persone
tutt’intorno. Ancora, il suo sogno di ottenere un posto fisso come guardiano
nei musei, ora è precario. A forza di ascoltar le guide, è diventato un vero
esperto d’arte e spesso con Corto fa sfoggio del suo sapere, con un tono a metà
tra l’orgoglioso e lo spontaneo. … Fathim stravede per Corto, collabora con lui
in ogni modo, lo accompagna nelle sue indagini più delicate, tanto da beccarsi
anche delle coltellate, . . .
Tanti i
personaggi che meriterebbero un cenno, anche più di un cenno: Rampino, al
secolo Alexis Panagulis, che, in pratica, da il via alla vicenda, un ladro che
si imbarca in un’impresa più grande di lui, poi Anhja, la guida russa che Corto
trova a San Pietroburgo. Inoltre tanti cammei. Ma, per motivi di tempo e
spazio, li sacrifico alla figura più grande, una donna e Oscar ci ha abituato a
grandi figure femminili. Si tratta di Natalia Sierpinski, la sorella del socio
russo di Gentileschi, il capo di Corto. Come vi anticipavo, è una figura
titanica, da tragedia greca. Il suo ruolo è racchiuso fra un’entrata e
un’uscita di scena veramente memorabili, degne di un’autentica prima donna
quale lei è. Intanto, sentite il suo ingresso in scena: “Una signora altera,
elegante, vestita completamente di nero, con grandi occhiali scuri. Solo una
sciarpa di seta rossa ravvivava la sua figura. Un cappello a falde larghe le
copriva i capelli. Dai riflessi del sole su qualche ciocca calata sulla nuca li
intuii più volte ritoccati sul biondo chiaro”(pag. 39). Quanto
all’efficacissima descrizione dell’aspetto fisico di Natalia, ve la lascio
godere attraverso una lettura personale. Per quello che riguarda la sua
personalità, è estremamente complessa. Intanto, vuole imporre la sua volontà,
senza discutere e ci riesce sempre con chiunque, escluso, naturalmente, Corto,
che, un po’ con l’ironia, un po’ con la forza, sa farsi volere. Per questo,
Oscar la assimila spesso ad una divinità, appunto per sottolineare questa
barriera che lei intende creare fra sé e i comuni mortali. Altro splendido
paragone è quello con la polena, perché Natalia se ne sta spesso a prua a
godersi il vento, un po’ per sincero piacere, un po’ per far scena, per quella
teatralità che sempre impronta il suo comportamento. Altro paragone, la statua.
Come le statue, Natalia ci è presentata quanto mai fredda, sembra immune dalle
emozioni dei comuni mortali, ma, fra le righe, Oscar ci fa capire che ne ha
provate e ne prova di intensissime. Solo, cerca di soffocarle, per restare
fedele al personaggio che si è creata. Quanto alla sua uscita di scena è
perfettamente in linea con il personaggio: purtroppo, a fine vicenda, la dea
deve scendere dall’Olimpo, la polena deve ripiegare le sue ali, ma non rinuncia
alla sua regalità (pag. 349). Oscar mi ha spiegato che per il congedo di
Natalia si è ispirato a un quadro di Arnold Boecklin, un pittore simbolista
dell’Art Nouveau, intitolato L’isola dei morti, …
…
Concludo,
come è mia abitudine, con una brevissima nota sulla scrittura di Oscar:
modernissima, scorrevole, eppure rigorosa. Qui, più che negli altri suoi
lavori, c’è la partecipazione di personaggi stranieri, russi, greci, turchi,
tedeschi, quindi, gioco forza, la lingua toscana, che domina incontrastata,
soprattutto nei racconti, qui è un po’ più compressa, ma trova ugualmente il
modo di farsi valere, con il richiamo a gustose costruzioni sintattiche e a
certi termini.
Carmen Claps (2-fine)
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