venerdì 23 gennaio 2015

Il gufo giallo (83)


Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli

Giudizio n.  83

 

La misteriosa morte della compagna Guan
Qiu Xiaolong
Marsilio

 

 

 

Come mangiare in un ristorante cinese
Ti sazia, ti riempie, ma non ti soddisfa. Dopo un po' hai dimenticato il sapore e ti resta solo un odore d'olio rifritto.
Il titolo attira ed è attraente l'ambientazione nella Shanghai del '90 (attrattività marketing). Motivano  alla lettura, che tutto sommato costituisce un'esperienza molto interessante, esotica, come a suo tempo i libri di Pearl Buck. Purtroppo il testo è, a tratti, davvero mediocre, spesso fa pure incavolare. Colpa del traduttore? (Vedi nota in fondo(*)).
Non c'è una buona armonia fra i vari livelli del racconto: le descrizioni sono penosamente retrò e il dialogo in diversi passaggi è falso (artefatto). La narrazione in terza persona oscilla, brumosa, fra un discorso indiretto di dubbia ispirazione e una narrazione che, pur tentando di mantenersi interna alla psicologia del personaggio, scivola nell'onniscienza, cosa francamente ingiustificata dal punto di vista logico, ideologico e stilistico. Succede specialmente con le divagazioni di approfondimento socio politico. Rappresentano una parte centrale dell'oggetto narrativo, ma  non sempre sono inserite nella storia in modo amalgamato: una besciamella con grumi.Insopportabile la descrizione dell'appartamento: al lettore appena arrivato gliene po' frega' de meno!
L'autore non riesce a immergere  i personaggi nella controversa storia cinese post-rivoluzionaria. Ci spiattella invece delle riflessioni storico culturali folkloristiche a intervalli programmati. Il materiale c'era, ma viene stracotto: s'attacca ai denti.
Lo sforzo dedicato a infarcire la vicenda di "Storia" sarebbe stato meglio speso se l'autore si fosse impegnato, invece, a dare profondità ai personaggi. Alcune dinamiche interpersonali risultano meccaniche, stereotipate, da maschere o marionette, svolte sbrigativamente. Non c'è psicologia, nonostante lo sforzo evidente nel ricreare le sembianze di personalità coerenti, e credo che questo tolga legittimità al resto dell'opera.
Nella trama si incontrano diversi luoghi comuni del genere giallo (il brillante ispettore single  si imbatte più volte in belle donne subito disposte a spogliarsi, o l'insensata necessità di un flirt incrociato al party sotto copertura ...) cose ridicole. Tutto sommato sono sopportabili perché nel complesso, l'ambientazione originale li controbilancia, non  riesco ad essere obiettivo quando si evocano sapori e aromi di un qualunque cibo cinese, cucina per me insopportabile.
Ma il punto è un altro. In base alla sommaria presentazione di Qiu Xialong che precede il romanzo, il protagonista della storia, l'ispettore Chen, non sembra che l'alter ego di convenienza dell'autore. Identificazione forzata e forzante:  "cosa avrebbe potuto essere di me se" (se non avessi ottenuto la borsa di studio in letteratura, se non fossi emigrato negli USA nell'89, se, se, se...). A causa di questo (ma  gliel'ha ordinato il dottore?) la voce narrante è  confusa: manca del necessario distacco, è perciò autoreferenziale.
Mi sembra che il romanzo sia un tentativo di spiegarsi da parte dell'autore a beneficio del critico occidentale. Captatio benevolentiae o apologia di sé? Perché tentare di giustificare il proprio operato come cinese, come intellettuale e come intellettuale cinese, americanista per giunta? Ed esule (fino a che punto contro la sua volontà, non si sa)!
Il testo, che amalgama stilemi di crime fiction e di poesia cinese classica, sembra un malcelato tentativo di conciliazione fra cultura occidentale, non solo pop, e cultura cinese, classica e moderna. Avrei gradito un po' più di conflitto sul piano estetico, mentre l'autore sceglie di sposare le sue maggiori influenze culturali in modo non problematico, e di rappresentare il conflitto residuo esclusivamente sul piano psicologico, nel protagonista. Un duello che però tutto sommato è troppo poco concreto, resta stilizzato, metaforico, quindi non risulta problematico e coinvolgente.
Il romanzo mi sembra invece un'occasione persa: non è un universale e di giallo c'è solo la pelle dei personaggi. M'è rimasto anche un dubbio:  chi è, questo Qiu Xialong?
(*)Nota sulla traduzione. Mi vien da vomitare a leggere  le parole "glutammato di sodio" in una ricetta per lo stufato. Meglio la censura.
L'uso e abuso della parola "politica" mi deprime, m'abbassa la pressione. Sarei curioso di sapere quante volte nell'originale compare politics, e quante policy. Francamente mi stupisce (è ridicolo!) che una quattordicenne che vive nelle campagne della Cina meridionale pronunci le parole "da sballo".
Voto ***/5

 

 

 

 

 

Nessun commento:

Posta un commento