Due autori allo specchio:
Agatha e Raymond
Parte IV
Raymond
non tiene, volutamente e malignamente, in conto che il giallo classico ha regole piuttosto
ferree. E dire che proprio lui aveva ripreso e rielaborato, riducendole a 10,
le 20 regole di S.S. Van Dine. Per cui c'è da pensare che a barare sia proprio
lui! Non è schietto neppure quando accusa gli autori del giallo
"all'inglese" di essere fuori del tempo. Le ambientazioni di Agatha
Christie sono tutte in era tardo "vittoriana" frutto del conservatorismo
inglese che rallentava ogni cambiamento. Solo la "iron lady" riuscì a
rompere quel clima e a dare nuovi impulsi.
Chi possiede uno specchio magico non l'usa solo per Biancaneve, vuole vedere più lontano, ma anche più vicino! Le
invettive di Chandler non furono dirette solo contro Queen Agatha e non tutte
varcarono l'oceano. Nel 1949 John Ross Macdonald pubblica The Moving Target. Ross (ometterà presto il John, tanto in realtà
si chiamava Kenneth Millar) s'ispirava alla letteratura hard boiled (lo
dichiarava apertamente), soprattutto a Dashiell Hammett, ma la critica e i
giornalisti cominciarono a glorificare Lew Archer, il suo private eye di carta, come il nuovo Philip Marlowe! La cosa non
piacque a Raymond.
« Ho letto The Moving Target … ne sono restato
impressionato in maniera molto particolare. In effetti potrebbe servirmi da spunto
per una predica su Come non scrivere in maniera sofisticata …».
Così esordiva in una
lettera a James Sandoe un esimio e noto critico di letteratura e professore
all'Università del Colorado. Ma non si fermava lì.
« ... Ciò che mi colpisce in questo libro ( e credo
che non ne parlerei se non fossi convinto di un certo valore del suo autore) è
innanzitutto l'impressione di una certa ripugnanza che esso ispira. Non ho
appigli particolari; c'è solo un tale che cerca pubblico per il romanzo
poliziesco nella sua primitiva violenza [ecco la spina nella zampa del vecchio leone rancoroso!], ma vuole
anche che sia chiaro che, come individuo, è un letterato raffinato [Ross
Macdonald era laureato in lettere classiche e aveva insegnato all'Università,
Chandler no!]. Un'auto è coperta di "un'acne di ruggine", non
semplicemente arrugginita ... ».
Le argomentazioni nel
complesso risultano capziose e, nonostante le più astiose intenzioni, la
lettera alla fine non risulta essere una stroncatura della prima avventura di Lew
Archer. Anzi, tenendo conto della natura viperina di Raymond Chandler sempre
diffidente, ombroso e rancoroso nei confronti di chiunque altro scrivesse
"polizieschi", questa lettera va considerata come una recalcitrante,
ma ineluttabile accettazione dell'apparizione sulla scena del terzo Privato
Gentiluomo. Non mancano infatti gli apprezzamenti.
« Le descrizioni sono ben riuscite, c'è molta
esperienza dietro questa maniera di scrivere e non mi meraviglierei se
scoprissi che il suo è in realtà lo pseudonimo di uno scrittore di un certo
rilievo in un altro genere ... ».
Alla fine emerge un
fatto: Chandler si lamenta che Macdonald scriva alla Chandler! Un Chandler più
raffinato e colto. La pagina di Macdonald, tenuto conto anche dell'evoluzione
stilistica, risulta ricca, sociologicamente densa. Quella di Chandler è invece
lirica mentre quella di Hammett risulta epica.
Chandler, è polarizzato
dalla trama e tutte le volte che può cerca di rendere più astratto il duro
realismo dove si muove Marlowe. Ce lo descrive con gli occhi disincantati ma
sognatori del suo personaggio. Sam Spade invece "compie gesta", non
si guarda molto intorno; si muove impavido e soprattutto epico.
Fine
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