martedì 17 marzo 2015

Specchio, mio specchio (4)

 




Due autori allo specchio:
Agatha e Raymond

Parte IV


Raymond non tiene, volutamente e malignamente, in conto che il giallo classico ha regole piuttosto ferree. E dire che proprio lui aveva ripreso e rielaborato, riducendole a 10, le 20 regole di S.S. Van Dine. Per cui c'è da pensare che a barare sia proprio lui! Non è schietto neppure quando accusa gli autori del giallo "all'inglese" di essere fuori del tempo. Le ambientazioni di Agatha Christie sono tutte in era tardo "vittoriana" frutto del conservatorismo inglese che rallentava ogni cambiamento. Solo la "iron lady" riuscì a rompere quel clima e a dare nuovi impulsi.





Chi possiede uno specchio magico non l'usa solo per Biancaneve, vuole vedere più lontano, ma anche più vicino! Le invettive di Chandler non furono dirette solo contro Queen Agatha e non tutte varcarono l'oceano. Nel 1949 John Ross Macdonald pubblica The Moving Target. Ross (ometterà presto il John, tanto in realtà si chiamava Kenneth Millar) s'ispirava alla letteratura hard boiled (lo dichiarava apertamente), soprattutto a Dashiell Hammett, ma la critica e i giornalisti cominciarono a glorificare Lew Archer, il suo private eye di carta, come il nuovo Philip Marlowe! La cosa non piacque a Raymond.
« Ho letto The Moving Target … ne sono restato impressionato in maniera molto particolare. In effetti potrebbe servirmi da spunto per una predica su Come non scrivere in maniera sofisticata …».


Così esordiva in una lettera a James Sandoe un esimio e noto critico di letteratura e professore all'Università del Colorado. Ma non si fermava lì.
« ... Ciò che mi colpisce in questo libro ( e credo che non ne parlerei se non fossi convinto di un certo valore del suo autore) è innanzitutto l'impressione di una certa ripugnanza che esso ispira. Non ho appigli particolari; c'è solo un tale che cerca pubblico per il romanzo poliziesco nella sua primitiva violenza [ecco la spina nella zampa del vecchio leone rancoroso!], ma vuole anche che sia chiaro che, come individuo, è un letterato raffinato [Ross Macdonald era laureato in lettere classiche e aveva insegnato all'Università, Chandler no!]. Un'auto è coperta di "un'acne di ruggine", non semplicemente arrugginita ... ».


Le argomentazioni nel complesso risultano capziose e, nonostante le più astiose intenzioni, la lettera alla fine non risulta essere una stroncatura della prima avventura di Lew Archer. Anzi, tenendo conto della natura viperina di Raymond Chandler sempre diffidente, ombroso e rancoroso nei confronti di chiunque altro scrivesse "polizieschi", questa lettera va considerata come una recalcitrante, ma ineluttabile accettazione dell'apparizione sulla scena del terzo Privato Gentiluomo. Non mancano infatti gli apprezzamenti.
« Le descrizioni sono ben riuscite, c'è molta esperienza dietro questa maniera di scrivere e non mi meraviglierei se scoprissi che il suo è in realtà lo pseudonimo di uno scrittore di un certo rilievo in un altro genere ... ».

Alla fine emerge un fatto: Chandler si lamenta che Macdonald scriva alla Chandler! Un Chandler più raffinato e colto. La pagina di Macdonald, tenuto conto anche dell'evoluzione stilistica, risulta ricca, sociologicamente densa. Quella di Chandler è invece lirica mentre quella di Hammett risulta epica.
Chandler, è polarizzato dalla trama e tutte le volte che può cerca di rendere più astratto il duro realismo dove si muove Marlowe. Ce lo descrive con gli occhi disincantati ma sognatori del suo personaggio. Sam Spade invece "compie gesta", non si guarda molto intorno; si muove impavido e soprattutto epico.

Fine


 

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