sabato 14 marzo 2015

Specchio, mio specchio (3)


Due autori allo specchio:
Agatha e Raymond

Parte III


Forse la citazione da La semplice arte del delitto,  saggio acido del “rancoroso Chandler” (così lo qualificava Oreste Del Buono) è un po’ lunghetta, ma credo ci voglia tutta per capire quali umori solfurei e sedimenti corrosivi tormentassero questo genio.
Si ricordi anche che Raymond Chandler, molto sensibile a quanto avveniva nelle grandi città USA, ma anche in Germania, vedeva ombre plumbee proiettate sul futuro. Se si scrive noir un po’ di pessimismo nel sangue bisogna averlo, ma anche un po’ di voglia di riscatto! Doti che non gli mancavano. Per esorcizzare le sue paure aveva creato, nel 1939, la figura di Philip Marlowe. Era la vigilia della guerra, sentiva il bisogno di un personaggio potenzialmente nobile per farlo agire come “l’uomo ideale per un mondo peggiore”.


Si era ispirato a Sam Spade (nato dieci anni prima), detective del suo maestro Hammett, creando così il secondo  Privato Gentiluomo (così lo definì Oreste Del Buono che di private eye se ne intendeva parecchio). Una specie di cavaliere dotato di una robusta corazza forgiata su senso etico flessibile, Marlowe ha pure un particolare codice d’onore, anche se parecchio relativistico. Non vi piace la parola, useremo allora "adattivo".



I  romanzi di Chandler, Marlowe è un serial detective, quanto a intreccio (la trama intendo) non sono per niente  più attendibili dei meno attendibili testi della scuola inglese, da lui tanto vituperata. A parte Il grande sonno, gli altri a seguire sono assemblaggi di precedenti racconti pubblicati sulla dime Back Mask, e si vede!
Detto questo posso affermare che su Poirot e Assassinio sull’Orient Express ha torto, ma anche ragione. Una ragione torta, non tortuosa, dato che il suo ragionamento fila e le argomentazioni sono rigorose, anche se, credo volutamente, ignorano alcuni aspetti. Diciamo che ha ragione in superficie, a pelle, ma ha torto se il discorso viene approfondito.




Sì, torto nella sostanza e ragione in via teorica. Una solida tesi che non ha saputo dimostrare con rigore. o, a voler essere maligni, una tesi che non ha voluto sbugiardare. Ma veniamo al romanzo incriminato, Assassinio sull'Orient Express. Il tiro che zia Agatha gioca al lettore è, infatti, eccezionale. Nel senso che rappresenta un'eccezione, non che è straordinariamente brillante. Anzi, saremmo portati a definirlo sleale. Ma, quando si ha a che fare con una regina, la Regina del Giallo Classico, occorre prudenza e ponderazione. Se ci si riflette un tantino la prospettiva si ribalta. Subito dopo si è indotti ad ammettere che questa volta la Christie, proprio per voler barare al massimo, ha barato meno del suo solito.




Basterà ricordare (è una scena importante) l'ispezione che Poirot fa con il dottor Constantine sul cadavere della vittima Samuel Edward Ratchett. Dopo aver ben esaminato la salma Hercule Poirot chiede "Quante ferite ha riscontrato con esattezza, dottore?". La risposta è dodici di cui due lievi: non sono della stessa mano, dunque! Poi emerge che alcune delle ferite, molto profonde, non hanno sanguinato: sono state inferte quando la vittima era già trapassata a miglior vita. Infine sembra che sia pure stato colpito da un mancino.
Nelle pagine successive, il ricco Ratchett viene ampiamente messo a luce come: infame, cattivo, perfido, vendicativo, traditore e altre varie nefandezze.
Allora come si giustifica la meraviglia e l'accusa di Chandler? Il lettore ha tutti gli elementi per sospettare di un gruppo di assassini che si son presi la propria vendetta.



Nessun commento:

Posta un commento