Sceneggiati in giallo e nero
Un morto al giorno ... ma che sia
italiano!
Mini rassegna storica e critica della
fiction seriale "italiana DOC"
(03)
Il
cappello e la signora (1970)
Nel 1970 viene ancora usato il termine sceneggiato, Il
cappello del prete è infatti tratto dal bellissimo romanzo omonimo di
Emilio De Marchi fino allora dimenticato.
L'ho rivisto per dovere ed è subito diventato un piacere.
La maledizione dell'implacabile cappello conduce il barone alla follia.
Prende però il formato
della miniserie televisiva (una fiction dunque!). Composta da tre
puntate, venne trasmessa in prima visione dalla RAI 1º febbraio
al 15 febbraio senza grosso clamore.
E' diretto da Sandro Bolchi, reduce da grandi prove
come I
promessi sposi; lo sceneggiato è, come il romanzo, uno tra i primi veri
romanzi noir (con una strizzatina d'occhio a delitto e Castigo), godibile e
pieno di vera suspense.
Protagonista è Luigi Vannucchi, già splendido Don
Rodrigo nei Promessi Sposi. Qui sempre nobile è: il barone Carlo Coriolano di
Santafusca.
Del cast fanno parte anche Mariano Rigillo, Franco Sportelli, il viscido prete affarista,
Franco Sportelli, Giacomo Furia e Angela Luce.
L'incipit del romanzo, ripreso da una voce narrante
nella fiction, è folgorante:
«
Il Barone Carlo Coriolano di Santafusca non credeva in Dio e meno ancora
credeva nel diavolo; e, per quanto buon napoletano, nemmeno nelle streghe e
nella jettatura.
A
vent'anni voleva farsi frate, ma imbattutosi in un dotto scienziato francese,
un certo dottor Panterre, perseguitato dal governo di Napoleone III per la sua
propaganda materialistica ed anarchica, colla fantasia rapida e violenta
propria dei meridionali, si innamorò delle dottrine del bizzarro cospiratore,
che aveva anche una testa curiosa, tutta osso, con due occhiacci di falco,
insomma un terribile fascinatore. ...».
Follia fiera, con arroganza da barone, ma
sempre fuori di testa. Vi consiglio di rivederlo.
I giovedì della signora Giulia è anch'esso una miniserie tv in 5 puntate. Tratta
dall'omonimo romanzo di Piero Chiara, non gli fa troppo onore. Fu trasmessa
dalla RAI dal 5 aprile al 18 aprile 1970 su Rai 1. Regia a doppie mani: Paolo
Nuzzi e massimo Scaglione. E' girata a colori, ma andò in onda in B&W: ancora la tv color era sperimentale!
Protagonisti dello sceneggiato sono Martine Brochard,
Umberto Ceriani, Claudio Gora, Hélène Rémy, Louis Velle e Tom Ponzi nel ruolo del
commissario Sciancalepre. Una mossa marketing e, date le vicende del celebre
detective, incauta! Per la RAI e per lui. Che dire, è ingombrante e la dinamica della scena rallenta, tutte le scene diventano una lenta processione dietro algrasso detective, peccato che non si chiami Nero! Con narcisismo alla Hitchcock appare anche Piero Chiara nelle vesti di un pretore. Se stava a casa era meglio!
Lo sceneggiato narra, seguendo la traccia del romanzo,
della scomparsa improvvisa della signora Giulia Esengrini, facoltosa donna
lombarda, moglie del noto penalista Tommaso Esengrini e madre della giovane
Emilia, studentessa a Milano, sposatasi da poco.
La donna, tutti i giovedì, si recava in visita alla
figlia finché un giorno, misteriosamente, scompare. Dopo due anni di indagini
viene ritrovato il corpo della povera signora Giulia, occultato in una cisterna
poco distante da villa Esengrini.
Le indagini, condotte dal "bravo" commissario
Sciancalepre: «
Il dottor Corrado Sciancalepre arrivò nel suo ufficio verso mezzogiorno. Era
stato in Pretura a deporre come testimone in un processo di furto col quale si
concludeva una paziente operazione che l'anno prima l'aveva occupato a lungo...
Dotato di un fiuto particolare, cioè di quella speciale forma mentale che
conferisce ai grandi poliziotti la possibilità di immedesimarsi nel
delinquente.»
Sciancalepre
punta subito, come un segugio, il marito Tommaso. In effetti fin dai primi passi emerge
che, la signora Giulia, durante le sue visite milanesi, usava incontrarsi con
un tale Luciano Barsanti, poi divenuto suo amante. Tom Ponzi impacciato e molto
imbarazzato non riesce a calarsi
nella
parte: si rivela subito un peso morto, ma il regista, visto il
personaggio di
peso (anche politico) che gli avevano ammollato, è costretto a
continuare. Si noti la smorfia nervosa e la piega storta della bocca
mentre Tom fissa il copione ma non ci sta a capire un tubo!
Torniamo
alla vicenda. Nonostante il movente del marito appaia il più intonato
all'ambiente e al reato, le indagini, ben presto, assumono toni molto più
complicati e oscuri, tanto da
coinvolgere nei sospetti prima il Barsanti e poi il genero di Tommaso.
Il giovane architetto
Carlo
Fumagalli, neo sposo di Emilia, ha qualcosa da nascondere. Di notte,
peraltro, nel giardino di villa Esengrini, una misteriosa ombra minaccia la
quiete di Emilia (la figlia della signora Giulia, col volto di Martine Brochard, è troppo triste...) e del marito un po' troppo nervoso.
La
conclusione
dello sceneggiato, per sciagurate esigenze televisive ( e per colpa della acquiescenza complice di Chiara che sul finale vaeva messo le mai più volte), si
discosta dal romanzo. Gli spettatori della Rai devono avere certezze e
anche Tom
Ponzi (pur nei panni di Sciancalepre) non ammetteva incertezze, non avrebbe accettato di rimanere in tv
con un'inchiesta in sospeso! Eppoi, il romanzo era ispirato al clamoroso caso dei coniugi Bebawi e ormai molti l'avevano dimenticato. Viene dunque rivelato il colpevole, anzi i due
colpevoli (nel romanzo assolti come i Bebawi). Vengono smascherati dal fatto che entrambi
indicano nella mattinata del 26 aprile, ad orari differenti, l'ultima volta che
la signora Giulia è stata vista in vita dall'antagonista e che a quelle ore corrisponde
il delitto. Entrambi vengono sbugiardati perché la descrizione precisa dei
vestiario della signora Giulia, fatta dai due sospettati, è fedele al vestiario indossato
dalla morta, ma non tiene conto che la camicetta era stata acquistata proprio
quella mattina dalla signora Giulia in una boutique di Milano.
La
furbizia non paga: fu un insuccesso (anche in Francia, mercato a cui mirava), ma la Rai del "centro sinistra organico" di Colombo
riuscì a insabbiarlo.
Alla
fine il vero colpevole risultò essere Tom Ponzi. Poco tempo dopo fu coinvolto
in un grosso scandalo giudiziario con l'accusa di aver pianificato una vasta
rete di intercettazioni non autorizzate ai danni della Montedison e di alcuni
esponenti politici. Tom Ponzi, sentendosi tradito, fuggì a Nizza, dove rimase
sei anni. Tornato in patria, benché assolto, gli fu ritirata la licenza di
investigatore e non riuscì più a riottenerla.














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