Città
italiane in noir
Un giro
turistico tra le città italiane
che hanno
accolto storie gialle o noir
(X - a)
Palermo, provincia di Vigata ...
Scesi dall'aereo, per trovare le radici storiche
del giallo e del noir siciliani, invece di andare verso Capaci (omicidi troppo recenti!) ci portiamo sulle
pendici di San Vito lo Capo, luogo ideale per osservare dall'alto la
"provincia". Palermo è
importante per ordire, ma le trame poi, delitti compresi, si svolgono tra i monti. Osservando l'aspro panorama si capisce subito che il viaggio sarà lungo: ci vorranno due tappe.
Occorre partire da inizio secolo, proprio nel 1900,
quando vede la luce per la prima volta Il marchese di Roccaverdina di
Luigi Capuana, in appendice al quotidiano “L'Ora” di Palermo. In volume, il
romanzo uscirà nella primavera dell'anno successivo, per i tipi di Treves, editori milanesi di palato fino.
Si tratta, secondo i siciliani (in parte hanno
ragione, se non fosse per quel "noir") del primo noir
siciliano. Pubblicato a Palermo, ma ambientato a Spaccaforno
(oggi più noto come Ispica) un ombelico profondo della provincia
ragusana. Narra di un omicidio perpetrato dal marchese del titolo ai danni di
un suo sottoposto, dopo che questi aveva acconsentito a sposare la contadina
Agrippina Solmo, per anni concubina del nobile.
Il romanzo di Capuana, quanto mai contiguo, per
atmosfera, a Delitto e castigo o meglio a Il cappello del prete, racconta, con stilemi da giallo (e qualche nota melò), non tanto
l'uccisione del contadino, quanto la discesa agli inferi del marchese, la sua
follia per il rimorso e soprattutto per aver fatto condannare un innocente,
incriminato al suo posto. La Sicilia contadina e feudale fa da sfondo a una
vicenda torbida, di gelosia accecante, di passioni estreme, di asfissianti
sensi di colpa.
Il giorno
della civetta è un romanzo sulla mafia (come sempre, per questo autore, frutto di ricerca giornalistica) scritto da Leonardo
Sciascia nel 1960 e pubblicato nel
1961 dalla casa editrice Einaudi.
Banalizzato a "giallo" dal cattivo marketing è in realtà un'analisi
accurata, partecipata e meditata sull'organizzazione criminale mafiosa. Una ricerca abilmente romanzata.
Il racconto trae
lo spunto dall'omicidio di Accursio Miraglia, un sindacalista del PCI, avvenuto
a Sciacca nel gennaio del 1947 ad opera di Cosa Nostra.
Sciascia aveva
già iniziato a scrivere di mafia nel '57
recensendo il libro di Renato Candida, comandante dei carabinieri ad
Agrigento, al quale si è ispirato per tratteggiare il personaggio del Capitano
Bellodi, protagonista del romanzo.
A ciascuno
il suo folgorante romanzo noir pubblicato, cinque anni dopo Il giorno
della civetta, sempre da Einaudi, sveglia le coscienze e muove le penne: soprattutto
quella titubante di Scerbanenco. È il
secondo romanzo giallo (questo è però molto splendidamente noir!) di Sciascia ed è ispirato
all'assassinio del commissario di pubblica sicurezza di Agrigento Cataldo
Tandoj.
Il titolo è la
traduzione dal latino di unicuique suum, frase appiccicata
con la coccoina (un ritaglio del giornale ufficiale del Vaticano) sul retro della lettera
minatoria che compare nel racconto ed elemento rilevante per l'indagine.
La storia. In una calda estate siciliana del 1964,
in un piccolo borgo dell'entroterra (tra Sciacca e Castelvetrano?), il
farmacista del paese riceve una lettera anonima, in cui viene minacciato di
morte. L'uomo, benvoluto da tutti i compaesani ed estraneo alla politica, aveva
un'unica passione: la caccia. Incoraggiato anche dagli amici nell'ipotesi che
si trattasse di una burla, non dà peso alla lettera e viene tragicamente ucciso
durante una battuta di caccia insieme all'amico, il dottor Roscio.
Gli
inquirenti ipotizzano che il movente dell'assassino sia stata la sua presunta
relazione con una assidua cliente della farmacia, ma questa pista si rivela
sbagliata. Solo il professore palermitano Laurana, quasi ossessionato
dall'omicidio segue la pista giusta, ponendo la sua attenzione sulla parola nel
retro del foglio: unicuique, composta utilizzando i caratteri di un
giornale, “L'Osservatore Romano”, che ricevono solo due persone in paese: il
parroco di Sant'Anna e l'Arciprete... Anche al cinema fu un successo.
Molti anni dopo (1989), sempre ambientato nella provincia, un
capolavoro assoluto analisi e di sintesi: Una storia semplice.
Una ricerca, geniale, di stile: un romanzo
volutamente breve, un giallo, ispirato
a un fatto realmente avvenuto, il furto della Natività con i santi Lorenzo e
Francesco d'Assisi del Caravaggio.
Provincia sorda e cieca, collusa e cinica, omertosa
e bara. L'autore sembra volerci dire che in 25 anni, nella terra dei gattopardi, niente è cambiato.
Un giallo da far
meritare a Sciascia un monumento nella sua Racalmuto; peccato che, con coerenza
letteraria, il comune sia stato di recente "chiuso per mafia"!
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