Il film giallo italiano
Storia
disincantata di un genere oscillante tra impegno sociale e spaghetti thriller.
(Parte II)
1951
Per qualche tempo,
anche per l'invasione dei noir americani portati dagli alleati, niente gialli
italiani.
Nel 1951 ci riprova
Raf Vallone. Il bivio più che un noir
è una gang story all'italiana. L'eco (parlare d'influenza sarebbe eccessivo) di
Giungla
d'asfalto però si avverte poco.
Nel film di Fernando
Cerchio (regista di Totò nelle parodie storiche) Raf è Aldo Marchi, un decorato
durante la guerra, poi diventato
criminale a capo di una pericolosa banda di ladri, riesce ad entrare nella
squadra mobile della polizia di Torino col fine di dirigere in modo sicuro le
rapine dei compagni.
Ma via via, di
fronte agli innocenti arrestati e alla morte di un collega nel corso di un
colpo da lui organizzato, sotto le contestazioni del suo superiore entra in
crisi e decide di ravvedersi, consegnando la sua “gang” alla polizia e morendo
nel conflitto.
Nel 1952 esce Processo alla città. Il film diretto da Luigi Zampa è ispirato alla
vicenda del Processo Cuocolo sulla camorra napoletana del primo Novecento. Nel
rivederlo oggi emoziona ancora e appare molto "moderno".
Un “giallo metropolitano”, secco, duro e
amaro. Un bel noir, insomma, di stile
classico, anche se storico. Da segnalare la coralità, che ben rappresenta la Napoli di "tutti i tempi".
Al di là dell'indiscussa bravura di Amedeo Nazzari e di Paolo Stoppa,
Processo alla città fu ben accolto
dalla critica, anche da quella che non aveva apprezzato precedenti opere di
Zampa. Apprezzato ma non capito fino in fondo, infatti il Corriere della
sera scrisse di una «realizzazione pittoresca e scorrevole tale da far sì
che l'interesse del film, spesso a carattere dialettale, non
diminuisca un solo momento».
La Stampa lo descrisse come un «film complesso e difficile che
richiedeva nel regista una sensibilità davvero fuori dal consueto. Zampa si è
impegnato a fondo nell'impresa offrendoci quello che può essere considerato il
maggior successo della sua carriera».
Per lo spettatore di
oggi, vaccinato dal Grande sonno, non è né complesso, né difficile. Ne consiglio vivamente la
visione.
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