mercoledì 7 settembre 2016

Il film giallo italiano (II)


Il film giallo italiano

Storia disincantata di un genere oscillante tra impegno sociale e spaghetti thriller.
(Parte II)


1951


Per qualche tempo, anche per l'invasione dei noir americani portati dagli alleati, niente gialli italiani. 


Nel 1951 ci riprova Raf Vallone. Il bivio  più che un noir è una gang story all'italiana. L'eco (parlare d'influenza sarebbe eccessivo) di Giungla d'asfalto però si avverte poco. 
Nel film di Fernando Cerchio (regista di Totò nelle parodie storiche) Raf è Aldo Marchi, un decorato durante la guerra,  poi diventato criminale a capo di una pericolosa banda di ladri, riesce ad entrare nella squadra mobile della polizia di Torino col fine di dirigere in modo sicuro le rapine dei compagni.




Ma via via, di fronte agli innocenti arrestati e alla morte di un collega nel corso di un colpo da lui organizzato, sotto le contestazioni del suo superiore entra in crisi e decide di ravvedersi, consegnando la sua “gang” alla polizia e morendo nel conflitto.

Nel 1952 esce Processo alla città. Il film diretto da Luigi Zampa è ispirato alla vicenda del Processo Cuocolo sulla camorra napoletana del primo Novecento. Nel rivederlo oggi emoziona ancora e appare molto "moderno".

Un “giallo metropolitano”, secco, duro e amaro. Un  bel noir, insomma, di stile classico, anche se storico. Da segnalare la coralità, che ben rappresenta la Napoli di "tutti i tempi".

Al di là dell'indiscussa bravura di Amedeo Nazzari e di Paolo Stoppa, Processo alla città fu ben accolto dalla critica, anche da quella che non aveva apprezzato precedenti opere di Zampa. Apprezzato ma non capito fino in fondo, infatti il Corriere della sera scrisse di una «realizzazione pittoresca e scorrevole tale da far sì che l'interesse del film, spesso a carattere dialettale, non diminuisca un solo momento».  


La Stampa lo descrisse come un «film complesso e difficile che richiedeva nel regista una sensibilità davvero fuori dal consueto. Zampa si è impegnato a fondo nell'impresa offrendoci quello che può essere considerato il maggior successo della sua carriera».
Per lo spettatore di oggi, vaccinato dal Grande sonno, non è né complesso, né difficile. Ne consiglio vivamente la visione.
 

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