Istruzioni: Un unico racconto cornice racchiude i racconti. Volendo si possono anche leggere non tenendo conto della cornice, si perde un po' il clima decameroniano, ma i racconti funzionano lo stesso! Buon divertimento!
indaga
storie conviviali
per ragazzi d'ogni età
offerte
da
Oscar Montani
(01)
Pensavo fosse dura la vita dei marinai, non avevo provato quella del recluso sul balcone! Io ero ormai a terra da più di sette anni, ma c'era ancora qualche amico che navigava. L'inizio della primavera è il periodo ideale per fare crociere nel mediterraneo... se non ci fosse stata la pandemia! Il Convid-19, non vi sto a spiegare perché, aveva costretto me e Cinzia a ospitare in casa un po' di ragazzine e ragazzini. Un appartamento di sette stanze e due balconi è più spazioso di un veliero da diporto, ma un balcone non è la murata di una nave e il tempo in quella patana, calma piatta per i non viareggini, passava lento.
(01)
... quando
nell’egregia cittá di Firenze, oltre ad ogni altra italica nobilissima,
pervenne la mortifera pestilenza, la quale ... quelle d’innumerabile quantitá di viventi
avendo private, senza ristare d’un luogo in uno altro continuandosi, inverso
l’Occidente miserabilmente s’era ampliata. (Decamerone)
Personaggi
principali(*):
Pino:
lo chef narratore di favole appetitose
Lucie:
la figlia di Berto
Samantha:
la nipote di Gianfranco, amica di Lucie
Corto:
ex skipper narratore principale
Berto:
comandante, collega e amico di Corto
Cinzia:
la fidanzata di Corto
Joseph:
il secondo francese, detto Tadzio
Jimmy:
il nostromo, detto Lo svedese
Gianfranco:
fotografo tecnologico
Mirko:
nipote di Gianfranco
Christian:
fratello minore di Mirko
Noir:
il gatto nero di Lucie
(*)Quasi
tutti i personaggi sono già apparsi nelle raccolte di storie di Oscar Montani: Viareggio
piccoli delitti imperfetti, I misteri della terza luna, Una tranquilla
provincia criminale e Lo chalet in pineta. Sono anche
presenti nei romanzi La Delta velata, L'oro
degli aranci, EIKONES, Donne d'arcani minori e Requiem in Re minore, ma
il loro carattere è più riconoscibile nelle storie brevi, come lo sono questi
piccoli gialli.
Prologo
Pensavo fosse dura la vita dei marinai, non avevo provato quella del recluso sul balcone! Io ero ormai a terra da più di sette anni, ma c'era ancora qualche amico che navigava. L'inizio della primavera è il periodo ideale per fare crociere nel mediterraneo... se non ci fosse stata la pandemia! Il Convid-19, non vi sto a spiegare perché, aveva costretto me e Cinzia a ospitare in casa un po' di ragazzine e ragazzini. Un appartamento di sette stanze e due balconi è più spazioso di un veliero da diporto, ma un balcone non è la murata di una nave e il tempo in quella patana, calma piatta per i non viareggini, passava lento.
Ci davano mano
Gianfranco e Pino il cuoco della Delta che in casa si occupava di cucinare
manicaretti, soprattutto per Cinzia la mia compagna, per lei Pino aveva
atteggiamento paterno. Pino avevo potuto sbarcare: la mia ex nave era
sorvegliata da Jimmy il nostromo. Joseph, il comandante, era invece bloccato a
Sarlat a casa dai suoi circondato da 120 oche.
Un bel gruppo,
ma dal balcone non si vedeva il mare e il tempo era segnato da orologi fermi.
Potevano vivacizzare la giornata, la colazione, il pranzo e la cena. Invece almeno
tre volte al giorno c'era da inventarsi qualcosa per far mangiare tutti i ragazzi. Non tutti avevano
appetito: le bambine, ogni volta guardavano sospettose il cibo e chi lo serviva.
Lucie, a mani
giunte sul bordo del tavolo, mi fissava
implorante. Samantha accarezzava il suo gatto nero. Il felino rizzava la coda e ronfava beato. Io
mi sentivo in difficoltà. Berto il mio socio era rimasto bloccato a Nizza a
fare certificazioni nautiche, la moglie con lui. Con una telefonata mi aveva affidato la
figlia “quanto servirà, non può stare con la nonna!”,
mi aveva avvertito: “Lucie ha poco
appetito”. Anche la nipotina di Gianfranco,
Samantha, ingaggiata per far compagnia a Lucie, aveva problemi di appetito. Per
far compagnia a Samantha c'era Noir un famelico gatto nero a pelo lungo. Infatti
la ragazzina era arrivata con circa tre chili di varie specialità per gatti.
« Queste le manda
la mia mamma. Basteranno per tre settimane, anche più... Noir deve mangiare variato per la salute
della pancia. Sai! ».
Pino le
sorrise.
« Sono
contento a non dover pensare anche ai gusti di Noir!»
Samantha ricambiò il sorriso.
« Non ci sono
problemi: è come gli altri gatti, solo un po' viziato. Tu fai come sempre,
magari qualche avanzo lo gradisce, lo zio Gianfranco ha detto che sei un cuoco
speciale. »
Mi ero accorto
quasi subito che il problema non era il gatto di Samantha. Mi ero illuso che un cuoco come Pino, brillante, innovativo
e attento a esaltare i sapori, non potesse mai aver problemi di disappetenza con
i bambini. Lucie era la prova di quanto mi sbagliassi.
Posto di
fronte alla dura realtà, Pino per un po’ fece finta di niente; ma per le sue
dimensioni era ingombrante e la casa,
priva di sentina, non non offriva nascondigli. Le regole del ministero poi non
consentivano fughe: si poteva uscire solo per fare la spesa o altri motivi più
gravi. Prese coraggio il povero Pino.
« Non ti
piacciono? ».
Ci aveva messo,
come suo solito, arte, scienza e passione nel preparare quegli antipasti,
pensava che li divorassero, che li inghiottissero di un colpo, come infatti faceva Christian (con la acca!), fratello minore di Mirko, che sarebbe arrivato, a sera.. A Mirko, il nipote punk del Bestia, si poteva
anche dare mortadella e gallette: spolverava tutto in un attimo. Noir, gatto sensibile, andò in grembo
a Lucie. A Pino non erano serviti i ritagli di pancetta per averlo dalla sua
parte: il felino aveva preferito i croccantini. Si affacciò sulla tavola
muovendo a scatti la coda. Arrivato davanti a una delle ciotole si voltò a
fissare la bimba. Traditore: si era schierato dalla parte della bambina. Lucie
si decise a parlare.
« Non è che
non mi piacciono, ma sai, la mamma mentre mangio mi racconta sempre una storia ».
Mi sentii
gelare: questo Berto non me l’aveva detto. Vidi che Pino era impallidito per lo
stupore. Però sentì il bisogno di capire.
« Mentre
mangi? »
« Sì. Tu Pino,
non ne sai di storie? »
« No; novelle
e favole non le ricordo e poi non le so narrare... non so raccontare nemmeno le
barzellette: mi confondo. »
Samantha,
nipote preferita del Bestia, sapeva tutto di me
« Su, Corto, allora
te ci racconti un delitto! »
« Mentre si
mangia? »
Lucie insisté.
« Sì, sì! Chissà
quanti ne hai visti! ».
« Non sono
storie allegre....e poco adatte mentre si mangia! »
« Allora
storie di cibo. Dai, Pino, che di certo le sai! »
« Ti ho detto
che non sono buono a... ».
« Tu invece
sei buono, è che ti vergogni! Sei solo
timido... »
Pino arrossì.
« Sono buono,
solo... con chi mangia il cibo che ho preparato per lui. »
« Anche con
gatto Noir? »
« Se mangia il
suo, non se salta sopra la tavola e lo ruba. »
« Tu sei buono
sempre e ora ci racconti un bel delitto "alimentare". Così io posso
mangiare. »
Non demordeva.
“Attento è cocciuta, come me”, questo Berto me l’aveva detto. Sperai solo che
sua madre, quando raccontava, non parlasse in francese. Cercai,
per Pino, di guadagnare tempo.
« Lucie,
perché ti interessano tanto i delitti? »
« Mica tutti,
solo quelli dove tu Corto hai fatto il poliziotto. »
« Il detective
Lucie, il detective. Di poliziotti tra i
miei amici ce n'è solo uno, ma tu non lo conosci! »
« Sì, ho
capito. Volevo dire quelle storie dove tu ha scoperto il colpevole. »
A Pino era
venuta un’idea.
« Senti,
Lucie, le storie di Corto le sai di sicuro meglio di me e io, con dei morti
ammazzati, conosco solo quelle; però... »
« Però? »
« Se vi
accontentate, potrei... »
L’aveva
agganciata.
« Potresti? »
« Raccontarvi
delle piccole storie dove non ci sono morti ammazzati, ma dove un colpevole da
scoprire c’è. »
« Un ladro? »
« Ad esempio. »
Lo fissò
dubbiosa. Valutava se l’offerta fosse accettabile.
« Proviamo. Ne
racconti una, ma bellina però... poi si vede su funzioni. »
« Ok, ma vi
devo avvertire di una cosa. Sono storie del mio mondo... »
« Non ci
vorrai raccontare storie di cibo: così ci faresti mangiare due volte! »
« No, ma il
cibo un pochino c’entra. Io vivo in cucina, scendo in cambusa ed esco solo per
andare al mercato del pesce o a quello della verdura. Incontro poca gente; al
massimo, e con poca grazia, servo a tavola. »
« Dove ti
diverti a recitare le ricette! »
« Che ne sai? »
« L’ha detto
Corto: un giorno voglio sentirti. Magari sei buffo. Lui dice che sembri Benigni
quando recita l’Inferno di Dante. »
Mi fissò
scuotendo la testa. Forse pensava "Vai a fidarti dei capi!". Ma
sembrava contento. Io gli sorrisi melenso. Lui prese la scena.
« Andiamo a
incominciare: ovviamente dagli antipasti. »
Uno
antipasti
Pino allineò per
bene davanti a Lucie tutti gli antipasti.
« Vedi quanti
colori: se li assaggi scoprirai altrettanti sapori. Di certo qualcuno di più. »
Samantha e Lucie
guardavano curiose i piattini e le coppette.
« Sono tanti,
ma piccoli, piccoli! »
« Hai detto
che hai poco appetito, o sbaglio? Ti stuferesti subito, meglio cambiare gusto
tante volte. Ricominciare da capo ogni volta, dimenticare e rifarsi dal
principio... »
Lucie sorrise.
« Pino, tu ci
prendi in giro! Non è per questo sono porzioni così piccole. »
Il cuoco sorrise.
Si mise seduto sul divano davanti alle
bambine.
« Sei furba.
Brava! Hai ragione. Questi sono meze,
antipasti turchi. Nei libri di cucina e di storia si dice che sia stato Solimano il Magnifico a inventarli, ma non è vero. Io
conosco la vera storia ed è un pochino diversa. Ascolta ».
Tanti
minuscoli antipasti
Tharim era secondo assaggiatore alla corte del Solimano.
Compito per niente difficile: doveva solo stare pronto. Se il primo
assaggiatore fosse crollato a terra tra terribili spasmi di dolore, sarebbe
toccato a lui mangiare il boccone successivo. Un lavoro che dava di che sfamarsi,
ma, visto il fiorire dei complotti di corte, con pochi e incerti sviluppi di
carriera. Tharim, ragazzo sveglio, per cercare uno sbocco diverso a corte, si
dava un gran daffare. Oltre che l’assaggiatore faceva anche l’aiutante
volontario del terzo cuoco. Se non gli fosse capitato di morire prima per
qualche boccone troppo amaro, in dieci anni, poteva sperare di diventare quarto
cuoco: quello degli antipasti. La sua passione.
Il rito
dell'insalatiera.
Solimano era il sultano più grande, più glorioso, più
illuminato e più potente degli Ottomani: ne era convinto anche lui, tanto che si
faceva chiamare il Magnifico. Succeduto al padre, non era stato facile, per
lui, far accettare i propri diritti. Aveva
dovuto combattere contro tantissimi infidi nemici. Naturalmente con strascichi
di risentimento e minacce di vendetta.
La forza militare del sultanato, da secoli, era basata sui
Giannizzeri. Cristiani arruolati di forza da bambini e addestrati per anni in
Turchia. Finché c’erano guerre i Giannizzeri, élite dell'esercito ottomano, non
davano problemi. In tempo di pace, non avendo nemici da combattere i
Giannizzeri diventavano loro un problema. Soldati ben addestrati all'uso delle
armi si davano ai bagordi e facevano prepotenze sulla gente, aumentando
malcontento e rischi di disordini. Gli ufficiali, a corte,
cercavano di far carriera con perfide trame. In quei periodi aumentava il pericolo,
per il sultano, d’essere vittima di qualche congiura ordita a palazzo.
Soprattutto d’essere avvelenato.
Un giorno, Solimano,
per festeggiare l’ultima vittoria sui persiani, aveva organizzato un banchetto. Cinque invitati
soltanto: i due futuri visir delle province conquistate e i tre generali che
avevano vinto la guerra. Ognuno doveva portare una grande insalatiera d'argento,
grande quanto una vasca dell'hammam, piena
di antipasto: il loro contributo al governo del regno. Solimano offriva il
resto, ma si tratteneva l'insalatiera.
Una specie di rito che
amava in modo particolare. Lo faceva sempre dopo ogni vittoria: per consolidare
il legame coi suoi dignitari e per celebrare il gioco di squadra.
Un’occasione d’oro per
Tharim: poteva farsi apprezzare, prima di svolgere la sua mansione ufficiale,
nella preparazione delle portate. Inoltre mentre apparecchiava aveva modo, a
suo vantaggio, di sorvegliare che nessuno mettesse polverine nei cibi.
Mezz’ora prima
dell’inizio della festa stava portando verso la tavola due brocche d’acqua
fresca, quando vide un’ombra furtiva uscire dalla sala e svanire dietro una colonna.
Non poteva giurarci, ma gli era sembrato che fosse Kalim l’antipatico servo del
Visir Jafar, anima nera più del suo
padrone. Posò le brocche sul tavolo e cercò di seguire Kalim per le stanze del
palazzo. Niente da fare: era scomparso.
Tornò davanti alla
grande tavola. Sembrava tutto a posto salvo una cosa:
il quarto cuoco non aveva disegnato nessuna figura nel vassoio delle sardine:
Tharim non le aveva mai viste così alla rinfusa. Eppure il cuoco degli antipasti si faceva vanto della
sua abilità nello scolpire le creme dense, disegnare figure con le sardine o di
guarnire gli altri antipasti: ad esempio la crema di ceci quel giorno sembrava
una conchiglia. La cosa l’insospettì non poco. Guardò dentro il grande armadio
dietro la tavola, dove si tenevano i secondi vassoi, quelli che si ponevano in
tavola se il cibo scarseggiava. Cercò quello delle sardine: lì sopra le cose
erano diverse. Al centro i pesci formavano un disco, le altre sardine disposte a raggiera sul dorso
brillavano: un meraviglioso sole d’argento. Quel sole l’illuminò.
(01 - segue)
Grazie! Di questi tempi un regalo prezioso
RispondiEliminaSperiamo che funzioni ad allontanar la noia e a toglier gli occho dallosmart phone!
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