Quando il cuoco
indaga
storie conviviali
per ragazzi d'ogni età
offerte
da
Tanti
minuscoli antipasti
(parte seconda)
Come ridurre il pericolo
Il Gran Ciambellano di
corte, Akhun Alaattin Lugulùm, per sua stessa volontà, gradiva, in
quell'occasione, fare anche da Gran Cerimoniere
di corte. Per apparire più alto calza babbucce dorate coi tacchi. Batté le mani tre volte per dare il via agli
assaggi. Dovevano essere fatti in pubblico: che si vedesse bene quel che
l’assaggiatore mangiava. Tharim si fece avanti con un gatto nero in braccio. Il
Siniscalco, responsabile della tavola e diretto dipendente del Gran
Ciambellano, tentò di fermarlo.
« Fermo! Rispetta il
protocollo: non è il tuo turno, tu assaggi solo se il primo muore ».
Tharim s’inchinò verso
Solimano. Attese che il Magnifico, con gesto solenne, gli facesse cenno di
parlare.
« Grande Solimano,
luce nella notte, stella dei tre mari di Costantinopoli, faro che illumina il
cammino dei popoli, ascolta il tuo umile sevo. Al tuo seguito in Persia ho
potuto osservare un’usanza dei nuovi
popoli che hai voluto guidare. Il loro modo di assaggiare i cibi a corte mi è parso più
sicuro del nostro ».
Solimano s’era fatto
attento, ma non parlò, fece solo cenno di continuare. Tharim fu pronto: guai
far attendere il Magnifico!
« Sire, lì i potenti
facevano mangiare a diversi assaggiatori personali tutti i cibi in piccole
porzioni. Ad ogni assaggiatore un cibo: così se succede qualcosa di brutto, si
sa da dov’è il veleno. Se uno solo li
assaggia tutti e poi muore bisogna buttare tutto: uno spreco! »
Solimano era svelto
con gli occhi: aveva visto che sulla tavola, davanti ai cinque vassoi, erano
pronte cinque piccole ciotole. Dimostrò di essere ancora più svelto di testa.
« Vuoi fare una prova?
Qui, però, siete solo in due; come intendi fare? »
« Ho portato il mio
gatto, grande esperto di veleni: farà tutto lui. Ma solo per oggi, s’intende.
Solo per fare la prova. Domani di assaggiatori ne potrai mettere cinque, sei o
quanti ne richiederà la tavola imbandita ».
Solimano fissò negli occhi
Tharim. Il giovane resse lo sguardo del Magnifico: s’era creata un’intesa. Il
sultano, nonostante il brontolare del Siniscalco, comandò di procedere. Tharim
riempì le piccole ciotole di altrettanto piccole porzioni adatte al gatto, poi mise il felino davanti alla fila di assaggi.
Il gatto non si tirò indietro: ripulì alla svelta le prime tre ciotole. Si
leccò anche i baffi poi, annusata due volte con sospetto la quarta
porzione, fece scattare quattro volete la coda e passò deciso alla quinta
ciotola, che divorò con gusto.
Solimano, cominciava a
capire e si stava innervosendo; ma anche
si divertiva. Nei saggi e nei potenti, persone curiose, le due cose
vanno spesso insieme.
« Che vuole
significare? ».
Tharim rispose con
voce tranquilla.
« Sire, aspettiamo un
po’. Appena saremo sicuri che il gatto sta bene, ve lo spiegherò. Intanto per
ingannare il tempo in modo divertente propongo a Vostra Magnificenza un
indovinello. Sapreste indovinare chi ha portato ognuno dei cinque antipasti? »
Ci fu ancora un lungo
sguardo d’intesa tra i due. Solimano decise di cimentarsi nel gioco.
« Le sardine
sottoaceto è facile: la ha portate il primo Visir che è nato in un villaggio di
pescatori dell’Anatolia. In pratica pescano solo sardine ».
Il visir Mustafà annuì onorato. Il sultano continuò.
« Il formaggio di
capra non può essere che un dono del mio secondo generale, è figlio di un
pastore del nord: lì allevano capre. I calamari fritti così croccanti li fanno
solo in Grecia la patria del mio terzo
generale. Ne restano due. Questi sono un pochino più difficili: crema
di ceci e tahini con qualche goccia di succo di limone e spezie da una
parte; tonno affettato e salato con un
goccio d’olio, dall’altra. »
Divenne pensieroso e
scuro in volto. Non perché non riuscisse a indovinare, ma perché c’era
riuscito. Il suo sguardo andò al gatto che giocava con una nappa di seta.
Aspettò in silenzio per un po’, quanto bastava per esser certi che il micio non avesse problemi.
Qualcuno sudava freddo. Dopo tanto silenzio la sua voce sembrò terribile.
« Il tonno l’ha
portato il mio fido primo generale che viene dal fondo Dardanelli dove,
spingendosi al largo, pescano tonni. La
crema di ceci, invece, è di... »
Stava per dire “Jafar
Visir”, ma proprio lui lo interruppe.
« Sire, il mio cibo è
pulito! »
« Mangialo, allora! »
Jafar prese la ciotola
destinata al gatto e la riempì fino all’orlo di crema: voleva far veder che non
aveva paura. Mangiò tutta la crema e poi si rifece. Sorrideva quando, mostrando
fiero la ciotola vuotata per la seconda volta, si voltò verso il sultano per
ottenere la sua benedizione. Non fece un passo: la ciotola cadde a terra e
Jafar si mise una mano sullo stomaco. Mugolava.
« Stupido Kalim, hai
avvelenato proprio il mio cibo... »
Il bieco traditore
Visir Jafar, anche lui Giannizzero, odiava Solimano. Il perfido aveva pensato che fosse giunto il momento per cominciare a prendere il suo posto. Il banchetto era un’occasione per Jafar. Poteva avvelenare il cibo e far incolpare il primo Visir Mustafà: così il suo potere sarebbe cresciuto e si sarebbe tolto di mezzo un potente concorrente. Kalim aveva sparso arsenico sul vassoio posto sulla tavola e poi mescolato le sardine per farlo sciogliere e amalgamare. Forse preoccupato di fare alla svelta, non s'era preoccupato che sul vassoio prima ci fosse un sole sole, ma neppure di una tenda da sole che si era mossa.
Visir Jafar, anche lui Giannizzero, odiava Solimano. Il perfido aveva pensato che fosse giunto il momento per cominciare a prendere il suo posto. Il banchetto era un’occasione per Jafar. Poteva avvelenare il cibo e far incolpare il primo Visir Mustafà: così il suo potere sarebbe cresciuto e si sarebbe tolto di mezzo un potente concorrente. Kalim aveva sparso arsenico sul vassoio posto sulla tavola e poi mescolato le sardine per farlo sciogliere e amalgamare. Forse preoccupato di fare alla svelta, non s'era preoccupato che sul vassoio prima ci fosse un sole sole, ma neppure di una tenda da sole che si era mossa.
Dietro la tenda c'era
Tharim. Capito l’inganno, scambiò il vassoio di Mustafà con quello di seconda
portata riposto nell’armadio. Portava male che qualcuno muorisse a un banchetto
reale: il Magnifico poteva anche far impalare tutta la servitù! Poi mise nella
crema di ceci un forte sale lassativo. Con quello non si moriva: si stava solo
in bagno per tre o quattro giorni a raccomandarsi a Dio e... i bagni turchi, so
per averli provati, non sono comodi come i nostri WC!
Dopo che Solimano si
fu fatto spiegare tutto per bene ci furono alcuni piccoli, ma significativi,
cambiamenti.
Jafar, non più Visir,
fu nominato assaggiatore, lo avrebbe sempre affiancato, come secondo il suo fedele
Kalim. Avrebbero mangiato con la mano sinistra: le destre erano state date in
pasto alle tigri. Avrebbero anche lavorato strettamente affiancati: le loro
caviglie erano legate tra loro con una catena di ferro lunga appena un metro.
Il gatto acquistò il diritto di mensa: poteva mangiare tutto quello che
avanzava e che era già testato: per lui una fatica in meno, ma il diffidente
felino, prima, annusava lo stesso! Tharim, con la raccomandazione del
Siniscalco, un grigio burocrate, di badare più ai sapori che all’estetica dei
cibi, fu nominato quarto cuoco: il suo sogno si era avverato.
Lucie aveva cominciato ad assaggiare timidamente le
sardine sottoaceto, che in Turchia si chiamano ançüz(*). Aspettai un po’. Anche Samantha assaggiava
curiosa, Lucie era passata al tonno e poi al
formaggio di capra: non dell’Anatolia, ma della Garfagnana. Stava per
assaggiare l’humus(*). Guardò Pino.
« Perché il gatto non volle assaggiare questa crema
di ceci? »
« Tu che pensi? »
Annusò il cucchiaino pieno di humus e arricciò il
naso. Avvicinò la crema alla bocca di gatto Noir. Il felino si girò dall’altra
parte e saltò a terra con un miagolo di disapprovazione. Mi guardò sospettosa.
« Che ci hai messo? »
« Quello che ci deve stare: tanto aglio. L’aglio non
piace ai gatti, Tharim lo sapeva e ci contava. »
Samantha, mentre rimetteva la ciotola al centro del
tavolo, mi strizzò un occhio e sorrise.
« Scusa Pino, ma credo che non piaccia neanche alle
bambine. »
(*) I nomi delle meze apparse nel racconto:
ançüz: sardine sottoaceto
beyaz peynir: formaggio
di capra
humus: crema
di ceci col tahini e qualche goccia di
succo di limone e spezie
lakerda: tonno
affettato e salato
kalamares:
calamari fritti
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