venerdì 24 aprile 2020

Verità vere (III)

Storia semiseria, ma vera del genere giallo


Analisi dei motivi sociali di un'incredibile esplosione letteraria
Su richiesta di molti frequentatori del blog riprendo e sviluppo queto tema delicato assai!
(parte III)



 

Il thriller



Una è poco, due non bastano, allora... tutte!
Alla fine degli anni trenta, e poi a cavallo dei ’40, di Dark Lady nei film ne morivano in quantità. Nonostante qualcuna si ossigenasse i capelli, fino al color platino, c’era carenza di bionde velenose e letali. Tant’è che per trovarne di valide si dovette poi ricorrere a Milady, la perfida escort, killer ne I tre moschettieri. Le viene decapitata con mannaia, le altre crepavano, senza pentimento (alcune maledicevano!), tutte di morte violenta; a pistolettate, perlopiù. Gli uomini in sala assistevano gongolanti, le donne erano tormentate, assalite da Angoscia profonda.




Patrick Hamilton sensibile  drammaturgo e romanziere inglese non gradiva. Fin dall’inizio  nei suoi lavori, ora fortemente rivalutati e apprezzati,   mostrava una sentita simpatia per i poveri, gli oppressi e le vittime in genere; delicata empatia soprattutto se si trattava di donne. Nel 1938, col pensiero fisso che le donne, troppo bistrattate, dovevano essere rivalutate, inizia  d’impulso  a  lavorare al dramma teatrale Gaslight.






Nel ’40, dopo qualche pacata rappresentazione nei teatri londinesi, ne viene tratto un film minore, misconosciuto; ma nel ’44 esplode, immenso, il capolavoro.




  

Un trio di grandi attori, tra cui, Ingrid Bergman, vittima inconsapevole, giovane ingenua e bella fanciulla tontolona domina la scena. E’ affiancata da Joseph Cotten e Charles Boyer: una meravigliosa coppia di talentuosi interpreti: la esaltano, lei fa nascere il thriller. La donna si redime! Subisce, ma poi, dopo vari triboli, terribile virago, infierisce sadica!






In Sleep, my Love un’altra mogliettina ricca, un po’ svampita, e certo distratta, si fa irretire dal viscido marito, infido e fedifrago, ma poi ce la fa! Il teorema della “rana bollita”, fondamento delle storie thriller, crea suspense e procura tensione. Lo spettatore ne viene irretito e fa subito il tifo per la vittima.






In questi due film la casa diventa un elemento fondamentale della storia. A volte complice indiscreta; altre vindice, dopo aver assistito muta e attonita. La casa troneggia minacciosa da sopra la collina anche in Psycho.






La doccia, la famosa doccia è parte della casa. Lì dentro (due volte dentro la casa), nella trappola letale, viene commesso uno dei delitti più spaventosi della storia del cinema. La donna qui torna a soccombere.




Maestro Alfred  si pente subito dopo. La casa, ne Gli uccelli, ritorna usbergo, rifugio traballante, ma resiste. La sfida per lui è però un’altra: dimostrare che la suspense può essere tensiogena anche all’aria aperta.





Un campo di mais in mezzo al nordest di New York è la location perfetta. L’uccello è però a motore e spruzza insetticida, spara anche con una mitragliatrice. E’ questa forse la scena più bella del cinema thriller. Se non la ricordate rivedetevela.





All’aperto, in Central Park, corre ignaro anche Dustin Hoffman, Il Maratoneta. Si vede che l’emancipazione femminile è ormai raggiunta. Le vittime inconsapevoli possono essere anche uomini.




Infine ancora una casa. Un cottage in un remoto villaggio della Cornovaglia. David Sumner, un matematico americano, vi si trasferisce  assieme alla bella e giovane moglie Amy, originaria del posto, per merito di una borsa di studio.


Ne vedrà delle belle, ma la casa, qui complice, gli consente alla fine di compiere disperata, spietata e terribile vendetta.


FINE

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