lunedì 2 novembre 2020

Lo specchio giallo (X)


SOCIOPOLITICA E GIALLO

dentro e fuori lo specchio

riflessioni molto serie sul "genere giallo"
(libero sviluppo da una nota di Giorgio Galli)


Parte X

 

 

Eravamo rimasti in Francia. Sanantonio scatena un fenomeno di mercato senza precedenti: dal 1950 al 1975 ben 110 titoli, con una media di vendite di 600.000 copie per titolo. neppure Camilleri, in Italia, si è avvicinato a tanto!

Il successo credo sia dovuto a caratteristiche specifiche, molto diverse da quelle del giallo di detection, che hanno consentito a Frédèric Dard (con poco senso della realtà) di fare, senza critiche e senza falsa modestia,  un paragone storico: "Il Rabelais del XX secolo, lo ha stabilito la critica, compresa una parte di quella accademica. Il più grande scrittore vivente di lingua francese. Ho avuto successo dove lo stesso Rabelais aveva fallito!".

Tra i sostenitori più autorevoli di queste tesi figuravano (credo in conflitto d'interessi o lautamente prezzolati): Il responsabile della pagina letteraria di Le Monde, Bertrand Poirot-Delpech (Stefano Benvenuti e Gianni Rizzoni, Il romanzo giallo, consulenza di Alberto Tedeschi). Il nome Poirot è certamente una coincidenza che può aver influito sul giudizio dell'illustre critico).

 

Simenon saggiamente sornione tacque. Forse, mentre scovolava la pipa, ghignò! Un vero grande, consapevole d'essere molto superiore nell'inventiva e nella qualità letteraria... non c'era partita, il tempo infatti gli ha poi reso giustizia.

Negli stessi anni '50 della Quarta Repubblica ravvivano il giallo francese, spesso a sfondo politico, Albert Simonin ( Grisbi, da cui il film), auguste Le Breton (Rififi, inutile ribadire!),  José Giovanni (Il buco) e Noël Calef (da cui il film capolavoro Ascensore per il patibolo).

 


La sintonia tra razionalità del giallo e funzionalità razionale dei sistemi politici democratico-rappresentativi di lunga durata, spiega le difficoltà a trovare successo per quel genere letterario in Germania. Non si pensi che non ci fosse interesse prima. Leggevano gialli Göring, mentre la Luftwaffe veniva disfatta dagli Spitfire nella Battaglia d'Inghilterra, von Runstect, mentre attendeva con poche speranze lo sbarco in Francia (non sapeva che sarebbe stata la Normandia).

 

 


Konrad Lorenz (in simpatia col nazismo almeno fino allo scoppi della guerra) quando, diceva lui, si sentiva stanco di convivere coi germani reali.

 

 


La grande popolarità del sopravvalutato serial televisivo dell'ispettore Derrik (con trascorsi nazisti dell'interprete principale) è venuta moto dopo e non a caso s'inserisce nella piena affermazione di un sistema di democrazia rappresentativa (con alternanza) nella Repubblica Federale Tedesca. Da notare che i casi e i personaggi erano perlopiù dell'alta borghesia e di età molto matura: quasi si volesse rincollare i pezzi del passato per riportare ordine (vedi l'ideologia del giallo classico) in una società traumatizzata dal nazismo.

 

E fuori d'Europa, a parte la peculiarità del sistema politico (senza alternativa di governo, nonostante il pluripartitismo e l'imitazione formale del modella di importazione anglo-sassone) il genere  giallo si diffonde in Giappone, grazie anche al grande Kurosawa (Anatomia di un rapimento) nel secondo dopoguerra, prima con l'importazione (come la rappresentanza) e poi con una produzione autonoma, molto originale e di alta qualità.

 


Che però si afferma solo negli anni settanta: Secho Matsumoto (La ragazza del Kyüshü).

 

In questo quadro si colloca l'annosa questione del giallo italiano, che pure ha rappresentanti brillanto nell'Italia del periodo fascista: Giorgio Scerbanenco, Alessandro Varaldo, Ezio d'Errico e Augusto De Angelis. Quest'ultimo barbaramente trucidato dai Repubblichini di Salò proprio a causa della colpa di scrivere gialli! Ma di questo ne parliamo nella prossima puntata.

(X - segue)

 

 

 

 

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