lunedì 4 ottobre 2021

Recensione Nessun dorma (III)

Ricevo da Carmen Claps questa recensione del mio ultimo romanzo della saga viareggina. Volentietri la pubblico nel mio blog.

NESSUN DORMA

di Carmen Claps

parte III


Vari e diversi tra loro i personaggi, altrettanto varia e diversa l’ambientazione di questa vicenda. Naturalmente cominciamo con il salone parrocchiale che è quasi un tutt’uno con i suoi frequentatori, poi certe villette che riservano sempre brutte sorprese con certe macchie abbaglianti di sangue (“Il rosso tira lo sguardo” è il titolo di una raccolta di racconti di Margherita Oggero a metà tra l’orrido e l’ironico). Naturalmente il paesaggio; al proposito ho in mente soprattutto un sentiero boschivo che i nostri percorrono durante un sopralluogo e don Sesto è presente. Alberi, siepi, rami spezzati, sassi, quasi si antropomorfizzano e partecipano a questa bislacca spedizione, quasi fossero un po’ interessanti un po’ si divertissero a fare dispetti, neanche a dirlo a don Sesto. C’è poi, ed è molto importante, la casa di Corto, che vediamo e viviamo essenzialmente nella cucina e nel salotto. Questi ambienti rappresentano alla perfezione i due aspetti della vita del nostro investigatore, quello privato, con la passione per la gastronomia (che è poi quella di Oscar – ricordiamo i racconti di “Quando il cuoco indaga”, deliziose vicende in cui la passione per il cibo si intreccia a meraviglia con situazioni misteriose) e quello più squisitamente pubblico con quel divano dove il nostro si accomoda spesso e volentieri con la sua Cinzia, divano che diventa il luogo deputato ad elaborare intuizioni, dubbi, scoperte.

 


Inoltre, durante la vicenda Oscar ci accompagna anche in luoghi storico – artistico – religiosi come Santa Scolastica, immersi in un’atmosfera decisamente misteriosa e minacciosa.

Quanto a Corto e Cinzia in questa avventura il loro rapporto evolve. Del resto è inevitabile che in ogni puntata della saga ci sia un’evoluzione non solo di Corto e Cinzia, ma anche di ognuno dei personaggi sotto ogni punto di vista: fisico, psicologico, professionale eccetera. In “Nessun dorma” l’indagine parallela del nostro detective, ad un certo punto, viene allo scoperto e il magistrato Cinzia Salvi, rigorosa ma anche concreta, intuitiva, dopo un momento iniziale di inevitabile dubbio e irritazione, lo lascia fare, anzi lo incoraggia perché ha compreso che il suo uomo può offrire un contributo prezioso alla soluzione del caso. I due sono ormai una coppia collaudata, si conoscono a fondo, sanno prevedere l’uno come l’altro reagirà ad un certo gesto, ad una certa frase, sanno come risolvere momenti di coppia un po’ critici.



Anche questa volta Oscar non perde occasione per inserire nella narrazione appassionante della vicenda cenni su qualcosa di molto particolare. Sono appunti telegrafici, quasi flash, eppure esaurienti. Questa volta tocca ai limerick, poesie con una struttura e un contenuto ben definiti, e agli incunaboli, vecchi libri del 1400, qualcosa con cui non abbiamo certo a che fare tutti i giorni e neppure i protagonisti della vicenda. Oscar ci spiega tutto con toni discorsivi, accessibili a tutti, ma il merito più grande è quello di gettare un’esca golosa e di spingerci ad approfondire l’argomento.

Inutile osservare che anche in “Nessun dorma” cifra caratteristica e fondamentale della scrittura di Oscar è l’ironia. Già il ritmo della narrazione è su questa linea: niente paludamenti, niente saccenteria, ma un andamento dissacrante, leggero. A volte è sufficiente una battuta, un inciso a sdrammatizzare una situazione decisamente critica per non dire proprio drammatica. Ci sono però interi episodi all’insegna dell’ironia. Al proposito cito solo i momenti in cui Corto e il maresciallo Miglietta fanno i Serpico, cioè si travestono per fare un sopralluogo o per interrogare qualcuno senza scoprirsi. Il maresciallo Miglietta, per cui l’arma è una religione, ligio al dovere, è un tipo serio, riservato che si accende e si scatena solo quando può travestirsi. Quando gli capita si prepara con la massima scrupolosità, cura meticolosamente anche i minimi dettagli. In questo romanzo i due vestono intanto i panni di due importanti docenti universitari stranieri, impegnati in ricerche storiche. Già i nomi con cui si presentano sono tutto un programma. Corto è, a evocare il suo vero nome di battesimo e il suo soprannome, Konstantin Cortesi. Miglietta è il professor T-Shirt, traduzione perfetta del soprannome con cui è stato accolto nel gruppo a causa del suo abbigliamento, soprattutto delle sue magliette dai colori improponibili. Ancora li vediamo nei panni di tecnici di un’azienda del gas, tra l’altro non più operativa, e in questa occasione il nostro maresciallo dà il meglio di sé con una specie di “supercazzola”. Importante osservare che mai i travestimenti dei nostri sono stati scoperti e che in ogni occasione questa strategia si è rivelata sempre molto utile alle indagini.

Per concludere, un cenno all’aspetto formale dell’opera. Innanzitutto salta agli occhi quanto Oscar ami rigenerare la lingua toscana recuperandone vocaboli e sintassi; solo due esempi: una gustosa “leticata” e “mi garberebbe non li sentire”. Ancora la prima persona plurale del verbo declinata con il sì: si va invece di andiamo. Trovo efficacissimi gli incisi, frasi che cadono, racchiuse tra due lineette, a precisare, a sottolineare l’argomento. Anche in “Nessun dorma” la scrittura del nostro autore è per così dire visiva, al proposito ho anticipato le chiazze di sangue che abbagliano; ancora in imperdibili scene notturne il bagliore di una lama che esplode nel buio e che, invece di rassicurare portando un po’ di chiarore, incute ancora più paura. E’ come se l’autore dipingesse con la parola o scrivesse con il pennello, che poi, in definitiva, è la stessa cosa: in fondo, l’espressione artistica, cioè la manifestazione dei sentimenti umani, è una nella sua multiformità.

Buona lettura e peggio per chi si è perso le altre appassionanti storie del nostro protagonista.

 

Carmen Claps

 

FINE

 

 

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