sabato 5 marzo 2022

Dizionoirio (XXVII)


Dall'A alla Z

miscellanea estemporanea e semiseria sul genere giallo/noir

ovvero il mio Dizionoirio


Parte XXVII



Western (noir)

Sono più esperto di western che di gialli (o noir). Quindi non adombratevi, voi che siete appassionati di western! Io lo sono più di voi. Li amo, ma dovevo capire. Mi sono chiarito alcuni dubbi oscuri, anzi del tutto noir!

Come alcuni autorevoli esperti, ritengo che il "noir" non sia un genere, ma un modo di narrare, sono anche personalmente (chissà che ne penseranno i soloni dell'accademia e non...) convinto, da sempre (per questo amo questi film) che il western non sia un genere, ma un'ambientazione che permette un modo di narrare a forti contrasti (molto pop e molto adatto al noir!) per raccontare i conflitti sociali e delle persone come singoli individui, ma universali, come maschere della tragedia greca.


L'arrivo negli USA dei transfughi dalla Germania nazista (portatori dello stile espressionistico) cambiò profondamente il cinema di Hollywood. Per ultimo toccò al Western. La dimostrazione  è  Ombre rosse (Stagecoach), pietra miliare del narrare western,  prende spunto dal racconto  Boile de Suif di Guy de Maupassant, ma ha lati oscuri, prettamente noir. Fin qui niente di strano, ma è appena l'inizio!   

 

Un altra pietra miliare è The Glass Key, racconto di Dashiell Hammett, che ispira il film noir omonimo. Pellicola di successo grazie a Alan Ladd e a Veronica Lake.

 


Anni dopo, grazie anche a un passaggio sdoganatore in Giappone (Akira Kurosawa docet: La sfida del samurai), Sergio Leone ci trae (la trama è la stessa del samurai!) il suo rivoluzionario capolavoro Per un pugno di dollari. Seguendo semplici logiche sillogistiche il film di Leone è allora un noir! Un noir metanarrato tramite gli stilemi del western.

 


Andiamo avanti a ricordare un'altra metanarrazione. L'uomo di Laramie, di Anthony Mann è un giallo. Non classico, ma d'azione (hard boiled? forse sì...) e anche violento, non poco.

A seguito dell'uccisione del fratello da parte degli Apache, l'ex capitano Will Lockhart, l'uomo di Laramie, indaga per cercare vendetta. Arriva, sotto mentite spoglie, a Conorado una cittadina vicino al luogo dell'eccidio, s'infiltra nel tessuto sociale e si mette sulle tracce di chi ha venduto illegalmente le armi agli indiani. Scopre subito che sul posto dominano grettezza, avidità, cinismo e  feroce violenza.


Potrebbe essere anche un noir, per i toni cupi (colori con toni ambra scura), ma la parte della detection prevale. Alla fine il protagonista fa giustiziare (occhio per occhio, dente per dente) il colpevole dagli indiani stessi.


Veniamo al thriller. Mezzogiorno di fuoco ne è un importante esempio. Lo sceriffo Will Kane all'inizio è tranquillo (Sì, anche lui è un esempio di rana che rischia di finire bollita!), pian piano, con l'orologio che incalza (è presente in quasi tutte le scene e la storia, come la tragedia greca, è in tempo reale) si accorge di essere solo ad affrontare degli assassini.

 


Non si tira indietro e  non sarà ucciso, ma getterà la stella sulla polvere e se ne andrà con la sua sposina. Fine amara e di denuncia. Un capolavoro assoluto.

In breve quattro film che considero noir a tutti gli effetti, che sono pure in uno splendido bianco e nero!

 


Alba fatale, con Henry Fonda (1943), un noir a forte tensione psicologica. Un Legal thriller atroce.

 


Sfida infernale, con Henry fonda (1946), la famosa sparatoria all'OK Corral, romanzata in noir, ma la più attraente.


Sangue sulla luna,  con Robert Mitchum (1948), tensione e sospetti su uno straniero che però sceglie la parte giusta.

 


 

Cielo giallo, con Gregory Peck (1948), pentimento e redenzione, nonostante un allettante bottino d'oro.

 

 

Wolfe Nero

 

Rex Todhunnter Stout, oltre che illustre giallista doveva essere un gran furbacchione!  Per scrivere un giallo prende come ingredienti: un detective montenegrino (Nero) figlio naturale di Sherlock Holmes, un segretario tuttofare ( un giovanotto dell'Ohio emulo di Sam Spade), fa narrare dal giovanotto (Archie), in seconda persona alla Watson le indagini di Nero Wolfe e in prima le proprie azioni, miscelando così il giallo classico con l'hard boiled.

 


L'avvio della serie è col romanzo La traccia del serpente, poi ne sono seguiti altri settanta o più, ho perso il conto.

Nero Wolfe è un antipatico che tutto sommato risulta, al lettore, simpatico: pachidermico, sedentario, casalingo, buongustaio, goloso esigente, coltivatore ossessivo di orchidee, misogino, ombroso, irascibile, freddo, distaccato, ipocondriaco, nosofobico, agorafobico, poliglotta, avaro, egoista e pure pantofolaio... penso possa bastare.

 


Archie Goodwin è al contrario un simpatico antipatico: belloccio, alto, faceto, fa lo spiritoso, sciupafemmine, atletico, bevitore di latte, tenace e dinamico.

Col suo capo va d'accordo leticando di brutto un paio di volte al giorno: una coppia perfetta. Come ce l'hanno immortalata (abituandoci male) Dino Buazzelli e Paolo Ferrari.

 


Non dimentichiamoci poi del cuoco, lo chef Cordon Blu Fritz Brenner, vessato dall'intemperante golosità di Nero .

 

Woolrich, Cornell

Basterebbe La finestra sul cortile (racconto pubblicato su una rivista "dime") a renderlo celebre, anche se un grazie lo deve ad Alfred Hitchcock!  

 


Ma ha scritto anche altro: La sposa in nero,  La mia droga si chiama Julie e L'angelo nero.

 


E poi tanta altra roba, La donna fantasma è un esempio, pubblicata con pseudonimi: William Irish, il più noto, tanto per esser precisi! Uno degli autori più poetici e più "letterariamente alti"!

 

 

Fine

 

 (Ritorna alla parte XXVI)

Nessun commento:

Posta un commento