sabato 23 marzo 2013

Visione sistemica e noir (II)


Pensiero sistemico e noir
(tecniche avanzate di scrittura)

(Parte II)

Il delitto non paga
ovvero soluzioni che falliscono

Uno degli archetipi sistemici illustrati da Senge ne La quinta disciplina è Soluzioni che falliscono. Lo descrive così: Una soluzione, dimostratasi efficace nel breve termine, a lungo termine, può avere conseguenze, che possono forzare a nuovi interventi (rafforzamenti) della soluzione



Lo schema illustra sinteticamente e semplicemente l’archetipo.  Le frecce, quotate con un “-“ significano che hanno effetto di diminuzione, quelle con un “+” di crescita. I simboli (-) e (+) indicano che il circuito dentro cui sono allocati, rispettivamente, si equilibra (balancing) o è in crescita (escalation). Considerando queste chiavi di lettura, rileggiamo lo schema: si soffriva di un problema e si è compiuto un’azione per risolvere la situazione. All’inizio tutto bene, ma poi (con ritardo, ma puntuali!), arrivano spiacevoli conseguenze impreviste! Cosa fare? Ogni entità (ditta, persona o istituzione) reagisce a suo modo.


Se adattiamo lo schema di questo archetipo al noir, potremo ribattezzarlo: il delitto non paga, o almeno “non lascia tranquilli”. Capite bene che il manifestarsi delle conseguenze impreviste crea tensione nel delinquente e questo (vi posso assicurare) è molto utile per innescare la suspense! Manna per l’autore, ma siccome la complessità aumenta, deve guardarle con pensiero sistemico. Cosa che invece, essendo poco propenso a interpretazioni controintuitive che richiederebbero più calma, non riesce a fare l’assassino!
Salto a piè pari Sherlock Holmes, e il suo autore. Il personaggio è troppo intelligente, e bravo, e colto e talmente acuto che potrebbe guastarmi il teorema! Partiamo, per dimostrare la tesi, da un eccellente esempio nostrano.



Il signore che vedete ritratto non è il vero Raskol'nikov e non viveva a San Pietroburgo. Non è neppure un delinquente catalogato, schedato e classificato nel museo di Lombroso a Torino. Si tratta invece di un System Thinker ottocentesco.  Nome  Emilio de Marchi,  nato a Milano nel  1851 e morto a Milano nel  1901. E’ stato un bravissimo (ma per me sottovalutato) e innovativo scrittore italiano. Con Il cappello del prete (1888) inventò il romanzo noir, un nuovo genere letterario, almeno per l'esperienza italiana. Nel romanzo (secondo me ci sono sottili influenze da Delitto e Castigo), ambientato a Napoli, è appunto un cappello da prete, nuovo di zecca, a essere l'unica traccia (persecutoria e inattesa) che conduce a svelare l'uccisione di un prete affarista da parte di un nobile spiantato.



Il barone napoletano Carlo Coriolano di Santafusca è alle prese con un grosso problema finanziario: ha appena ricevuto la richiesta di restituire entro una settimana una cartella di 15.000 lire. Il prete Cirillo, affarista e truffatore, ha grosse disponibilità di moneta liquida. E’ tanto avido da avere la perfida idea di truffare il barone e un’istituzione religiosa sua committente, per fare altri soldi. Quando il barone se lo trova accanto vede la soluzione ai suoi problemi … lo accoppa. Tutto bene finché quel cappello, comincia a perseguitarlo e a spingerlo a compiere azioni che ne peggiorano progressivamente la situazione! I volti sono quelli degli attori (L. Vannucchi e F. Sportelli) dello sceneggiato Rai (1970 – di Sandro Bolchi).


(II-segue)

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