Venerdì 20 marzo alle ore 17.30 sarò alla Coop
di Montevarchi nella sala dello spazio BiblioCoop
a presentare il mio romanzo Vetera Tempora.
Mi introdurrà e commenterà e il giornalista Paolo Martini
a presentare il mio romanzo Vetera Tempora.
Mi introdurrà e commenterà e il giornalista Paolo Martini
In preparazione della serata vi propongo la lettura di una recensione del libro
Vetera
Tempora
di Oscar
Montani
la recensione di Carmen Claps
Parte II
Naturalmente, per far luce sui
crimini nei quali gli capita di imbattersi, Niccolò ha a disposizione ben poco:
le sue doti di perspicacia, di osservazione minuziosa, qualche nozione
interdisciplinare, un po’ di sorveglianza senza parere e, perché no, un po’ di
buona sorte che non guasta mai. I crimini in cui Niccolò si imbatte vedono
coinvolti dei notabili, in qualità sia di colpevoli che di vittime. Sono tutti
delitti organizzati minuziosamente, premeditati, non sono quelli che, in
linguaggio giuridico, vengono definiti reati di impeto perché dettati da un
impulso improvviso. Coinvolgendo dei potenti è chiaro si tratti di crimini
perpetrati principalmente per sete di potere, per avidità e anche per gelosia.
Riguardano la sfera pubblica, politica e religiosa e quella privata. Il
colpevole, dicevo, è sempre un intoccabile. Niccolò, con l’amaro in bocca,
dovrà assistere a sentenze ogni volta edulcorate, con pene assolutamente
inadeguate, talora addirittura ridicole. Comunque, con la sua passione di
risolvere misteri, Niccolò riesce a farsi dei nemici, come accadrà poi a
Bertuccio, che vediamo costretto a una perenne fuga per sfuggire alla vendetta
di potenti che gliela hanno giurata per avere scoperto i loro begli scheletri
negli armadi. E anche per Niccolò saranno nemici non da poco.
Per rimanere in argomento, c’è da
osservare che, come già detto, questi sono racconti di ambientazione storica,
quindi c’è da aspettarsi che anche Niccolò, come poi il nipote, abbia la
ventura di incontrare personaggi che, ciascuno per quel che gli concerne, hanno
lasciato un bel segno nella storia. Non esiste documentazione storica che quei
personaggi si trovassero in quella data in quel luogo dove Niccolò li ha
incontrati, ma è storicamente documentato che avrebbero potuto esserci. Ad
esempio, nella prima storia Niccolò incontra Caterina dei Pitti, grande donna
del Rinascimento. la conosce per tramite di Fulvio da Berna, detto Bernacchione, un abate
frutto della fantasia di Oscar, che
figura come famoso autore di cronache. Nelle storie successive il
principe di Salerno Antonio Colonna, Averardo dei Medici e nientemeno che Papa
Eugenio IV, Gabriele Condulmer. Ciascuno
di questi personaggi è al centro di ognuno dei quattro racconti. E' cardine,
fulcro e bersaglio ( al centro appunto) di un bello, oscuro intrigo.
I personaggi storici incontrati da
Bertuccio, invece, tanto per continuare la contrapposizione tra nonno e nipote,
collaborano attivamente alle sue indagini e diventano proprio suoi amici: ricordiamo
Marsilio Ficino, Michelangelo, Machiavelli, Copernico e soprattutto, io ritorno
sempre lì, Leonardo, protagonista di “Non ci resta che piangere”, un racconto
che è un vero e proprio capolavoro, per la vicenda, per la struttura, per la
scrittura. E chi, non avendolo letto, pensa che io parli così per l’affetto che
mi lega a Oscar vada di corsa a leggerselo e poi mi darà ragione.
Con pochissime pennellate Oscar
realizza il ritratto di quei quattro personaggi, ritratto completo, dal punto
di vista fisico e psicologico, eseguito sempre con la più intelligente e feroce
ironia; questo è naturale, trattandosi di nobili e prelati. Per esempio
Caterina dei Pitti, della famiglia dei potenti Pitti di Firenze, risalta per
dignità, rigore e autorità rispetto a Bernacchione, un grande cronachista,
grande di mente e di fisico, che all’occorrenza, davanti a Caterina, sa
mettersi in movimento e, alla fine, con grande intelligenza e acume, riconosce
volentieri le capacità di Niccolò e gli rende il giusto riconoscimento. Su
Antonio Colonna si appuntano tutti gli strali di Oscar (per bocca di Niccolò,
naturalmente). Il principe di Salerno riunisce in sé un po’ tutti gli aspetti
negativi dei potenti: la prosopopea, la meschinità, lo stupido, ingiustificato
orgoglio di casta, la poca intelligenza. Ma il popolo fiorentino, da sempre
eccezionale nella cattiveria sopraffina, dopo aver sopportato troppo a lungo la
sua presenza pretenziosa, sa farsi una esilarante, feroce vendetta, escogitata
in modo tale da non lasciare possibilità di reazione. Diversa la situazione per
Averardo dei Medici: ci è presentato in età già matura, vedovo ormai da anni,
quando, per esorcizzare i danni irreparabili degli anni che avanzano
inesorabili, per illudersi di fermare il tempo, decide di sposare una nobile
giovanissima, in pratica una ragazzina. Ci fa quasi tenerezza nella sua
illusione e poi nella sua delusione, ma conserva comunque sempre una malinconica,
grande dignità.
Nell’ultimo racconto Niccolò incontra, come detto, niente meno
che il Papa di allora, Eugenio IV. Chiaramente il suo ingresso in scena è
assolutamente solenne, come si conviene alla massima carica religiosa, ma, una
volta entrato in contatto con Niccolò, Eugenio si spoglia metaforicamente e
letteralmente degli orpelli della sua carica e rivela la sua vera personalità:
la sua umanità, la sua curiosità, la sua disponibilità, la sua ironia.
Addirittura per giungere alla verità, Eugenio accetta di travestirsi e proprio
quando si spoglia degli abiti pietrini dà il vero e il meglio di sé. E questo,
alla fin fine, si rivela essere il ruolo di Niccolò. Mi spiego: certo il nostro
vuol far emergere la verità su quei crimini, ma finisce col far emergere anche
e soprattutto la più vera, la più intima natura di quei personaggi. Sempre per
quel che riguarda il racconto di cui è protagonista Eugenio IV, feroce la
descrizione dell’ambiente del Vaticano, denso di intrighi oscuri tutti
finalizzati a conquistarsi ricchezze e potere.
Carmen Claps
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