Venerdì 20 marzo alle ore 17.30 sarò alla Coop
di Montevarchi nella sala dello spazio BiblioCoop
a presentare il mio romanzo Vetera Tempora.
Mi introdurrà e commenterà e il giornalista Paolo Martini
a presentare il mio romanzo Vetera Tempora.
Mi introdurrà e commenterà e il giornalista Paolo Martini
In preparazione della serata vi propongo la lettura di una recensione del libro
Vetera
Tempora
di Oscar
Montani
la recensione di Carmen Claps
Parte I
“Vetera tempora”, quattro racconti strutturati a romanzo
della saga di Bertuccio, il fabbro di Montevarchi della seconda metà del 1400 con
l’hobby, anzi, il vizio di “disvelar misteri”. Ma definire in questo modo
questi racconti è fortemente riduttivo e soprattutto inesatto. Mi spiego: la
situazione è questa. Bertuccio, con il suo fido giovane allievo Lippo, sta
tornando a Pietrasanta dopo una visita fulminea, piena di rischi e angosce, a
Montevarchi, dove, neanche a dirlo, ha risolto un caso di crimini efferati.
Lungo la strada, stimolato da Lippo e dalle varie situazioni contingenti,
racconta al suo aiutante episodi che hanno visto come protagonista il suo
mitico nonno Niccolò, che gli ha lasciato in eredità il mestiere, ma
soprattutto il talento investigativo. In questo modo, passato e presente si
fondono in maniera davvero intrigante: mentre noi seguiamo Bertuccio nelle sue
svariate vicende, veniamo a conoscere episodi della vita del nonno. C’è di più:
certi accadimenti del presente offrono a Bertuccio lo spunto per raccontare
avvenimenti del passato. E’ necessario rilevare l’importanza che in quest’opera
riveste il racconto, la trasmissione orale. Infatti vediamo che Bertuccio
racconta a Lippo cose che gli erano state raccontate dal nonno, al quale alcune
erano state raccontate a loro volta. Bellissima questa catena, questa forma di
comunicazione, molto più coinvolgente, molto più formativa di quella realizzata
dai moderni mass media, così freddi e soprattutto così a senso unico, con poca
possibilità di contraddittorio.
Quanto ai racconti di Bertuccio,
Oscar li struttura in modo davvero raffinato: Bertuccio veste i panni di
Niccolò, fa finta di essere Niccolò, così la narrazione viene condotta in prima
persona, come del resto in ogni opera di Oscar e ne acquista in immediatezza.
Il lettore ha l’impressione di trovarsi di fronte ad un abile cantastorie che
calamita la sua attenzione, quasi lo ipnotizza. E, stupito, fa sua
l’osservazione di Lippo: mentre ascolta, non riesce a distinguere se il
narratore sia Bertuccio o Niccolò.
I racconti di Bertuccio si completano
in un arco di tempo alquanto limitato, ma riguardano eventi accaduti dal 1421
al 1439. Questa precisione cronologica non stupisce chi conosce, almeno un po’,
Bertuccio, o meglio, come Oscar tratta questo suo personaggio. I lavori di cui
è protagonista Bertuccio sono non storici, ma pur sempre di ambientazione
storica. La vicenda personale, privata viene inquadrata nel contesto storico
dell’epoca; Oscar intreccia la storia con la esse minuscola, quella della gente
comune, diciamo pure della povera gente, la storia di cui purtroppo nei manuali
scolastici non resta traccia o quasi con la storia con la esse maiuscola,
quella dei grandi fatti epocali e in un certo qual modo l’una getta luce
sull’altra. I quattro episodi raccontati da Bertuccio segnano quattro momenti
importanti nella vita di Niccolò e, nello stesso tempo, nella storia d’Italia.
Ma chi è, com’è Niccolò? Una prima
definizione del nostro, quanto mai sintetica, ma assolutamente esauriente, è
quella data dallo stesso Bertuccio: era più bravo con le parole che con gli
attrezzi del mestiere. A riprova, il ricordo più intenso che Bertuccio ha del
nonno sono degli splendidi tardi pomeriggi trascorsi sulle sue ginocchia ad
ascoltarlo incantato. Niccolò ha iniziato il mestiere come ambulante: aveva un
carretto per gli arnesi tirato da un mulo abbastanza vecchio e malandato. Solo
in seguito è riuscito a metter su bottega, grazie ai fiorini ricevuti in
ricompensa proprio per aver risolto un caso di omicidio. In seguito ha potuto
ampliare la bottega, fornendola di una comoda tettoia, sotto la quale potevano
ripararsi uomini e animali che avevano bisogno delle sue prestazioni di fabbro
armaiolo; al piano superiore ha costruito poi una casa di tre stanze che, a
quel tempo, per un fabbro era qualcosa di davvero notevole. E tutto questo
sempre grazie ai fiorini guadagnati con la sua abilità investigativa.
Niccolò è intelligente, acuto
osservatore, arguto, concreto, curioso, capace di prendere decisioni nei
momenti critici, profondamente onesto tanto che non teme nessuno proprio come
chi è conscio di agire nel modo più corretto. Una delle sue caratteristiche più
rilevanti è la sua diffidenza verso i preti e i potenti: “coi prelati e coi potenti bisogna sempre essere prudenti”
scandisce a mo' di proverbio e di ritornello e, guarda caso, vedremo che di
preti e di potenti ne incontra parecchi e di che rango! Li vede come impegnati
ossessivamente solo nell’accumulare ricchezze e nell’accrescere il proprio
potere. Tra l’altro, anche questa è un’eredità che passa al nipote.
Niccolò, come Bertuccio, sa leggere e
scrivere, conosce l’Alighieri e molto bene, tanto è vero che lo cita con grande
padronanza. Detto tutto questo è facile immaginare che anche le sue avventure,
come poi quelle del nipote, siano accompagnate da quella spiritosa colonna
sonora che denota, di volta in volta, stupore, scherno, ammirazione: “ma siete
sicuro di voler fare solo il fabbro?”.
Niccolò investigatore: a parte la
predisposizione naturale, si sente quasi in dovere di far luce sui misteri in
cui incappa, soprattutto per un profondo senso di giustizia: non tollera che
vengano accusati e condannati degli innocenti, quasi sempre dei poveracci, per
scagionare degli intoccabili. Fra le sue investigazioni e quelle del nipote
intercorre più o meno una settantina d’anni, in teoria non moltissimi eppure
sono anni densi di eventi che hanno cambiato il mondo. Per questo Niccolò e
Bertuccio, come uomini e come investigatori, sono profondamente diversi.
Bertuccio è il prototipo perfetto dell’uomo di passaggio tra Medio Evo e
Rinascimento, si sente con un piede ancora invischiato nel vecchio mondo, ma è
altrettanto consapevole del nuovo che avanza inesorabile, ne è curioso, aspira
a conquistarlo, addirittura ad anticiparlo, se possibile. Vive in gruppo, è il
leader tacitamente riconosciuto del suo gruppo e in gruppo conduce le sue
indagini. Non riusciamo nemmeno a immaginare Bertuccio detective senza i suoi
amici, che lo affiancano lealmente, anche se può capitare che non comprendano o
non condividano le sue iniziative. Ognuno di loro ha i suoi incarichi specifici
in base alle personali capacità, inclinazioni e competenze. Invece Niccolò
svolge le sue indagini da solo. E' un po' come Frate Guglielmo da Baskerville,
anche lui un solista. E' our vero che
Niccolò, talora gode dell’aiuto di un qualche collaboratore occasionale, ma è
sempre marginale e, risolto il mistero, nonostante la stima e la simpatia
reciproca che possono essere scattate, ognuno va per la sua strada. Niccolò
infatti è ancora tutto uomo del Medio Evo.
Carmen Claps
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