
Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli
recensioni di romanzi gialli
Giudizio n. 96
Venere privata
Giorgio Scerbanenco
Garzanti
Senza "universali" non puoi essere un classico!
Una rilettura dopo anni; passata
l'emotività giovanile emergono nei e difetti. Sorge anche meraviglia per il consenso, anche di critica, allora elevato al cielo e agli dei. "Il Simenon dei navigli"!, credo senza aver letto Maigret! "Il Chandler italiano"! Peggio che prima. "Novello Conrad!", non era polacco, era ucraino e si chiamava Džordžo, da cui Giorgio.
Ci sono pagine molto buone, ma anche... dialoghi a volte sciatti, con tecniche ingenue, quasi naif, per dar risalto;
ripetizioni da segno rosso, scrittura frettolosa e altro. Badate bene, anche se lo sembrano, queste non sono questioni di
stile, ma la fretta di fare causata dalle richieste ossessive degli editori. Non si può chiedere troppo a un artigiano, seppur poliedrico, della letteratura di genere, soprattutto se messo sotto pressione.
Imbarazza di più invece la palese omofobia di Scerbanenco: l'avevo colta allora,
ma per mia superficialità, ero stato meno sensibile di ora alla
"sollecitazione". L'autore definisce un personaggio omosessuale come
uno "squallido terzo sesso" e continua: "Adesso tutto l'incolore della sua persona fisica
si spiegava, doveva essere l'incolore mostruoso dei mutanti descritti nei romanzi di fantascienza, a metà strada
esatta della mutazione, quando hanno ancora solo l'involucro umano, ma mente e
sistema nervoso appartengono già all'orrenda nuova specie".
Imbarazzante, anzi agghiacciante.
Posto che la mentalità diffusa negli
anni '60 fosse quella che ricordo, posto che Scerbanenco fosse "un uomo
del suo tempo", frasi così fanno da zavorra per qualsiasi decollo letterario.
Ti affondano nella melma dei navigli. Dante aveva affrontato il problema e ci aveva
comunque fatto poesia densa di umana pietas.
L'incipit è frutto
di un'ottima idea, ma è scritto in modo pessimo. Se qualcuno mi ripete (già fu detto!!) che ha
qualcosa di Chandleriano, gli pianto una biro sul dorso della mano! Intrigante il
gioco dei sassolini, il protagonista aveva imparato a passare il tempo con
mezzi semplici, ma lo sapevo fare anch'io, forse m'intenerisce per questo.
Purtroppo con
lo sviluppo della vicenda i sassolini hanno iniziato a scivolare lungo un
crepaccio. Il protagonista che per nome ha un titolo nobiliare (Duca: ridicolo!) di mestiere faceva il
medico (è stato radiato), si improvvisa detective (in quanto figlio di un ex
poliziotto, ma via!). Non posso dare grosse colpe a Scerbanenco, il crimine
pagava anche allora, i romanzi criminali vendevano, si leggevano e lui era autore
di genere, uno scrittore per tutte le stagioni.
Il problema
è solo mio. Un medico radiato è secondo solo ad un prete spretato: non può essere
Don Matteo. Qualche giallista, opportunista
di genere noir, potrebbe raccogliere questo suggerimento e ricamarci sopra un
ex togato che preferisce la giustizia degli uomini a quella divina, tanto da
buttarsi a capofitto nelle indagini che nemmeno il prete nazional popolare!
Duca Lamberti è uno strano personaggio, tenero e rude, ma anche improbabile. E' un uomo di principi,
ma in quanto "Duca" lo è a modo suo. Il linguaggio usato per descrivere gli
omosessuali non può esser perdonato anche contestualizzandolo nel '60. Ad esempio Zalone, affronta
il tema con spirito leggero e così diventa divertente, ironico, non spregiativo.
La trama: a
un ventenne alcolizzato viene appioppato Duca Lamberti come tutore e medico
personale. Il Duca per guarirlo dalla dipendenza lo fa ri-entrare in un tunnel
di malavita e prostituzione, buttandovisi a capofitto anch'egli. Una forzatura scorretta.
Sulla trama non
dico altro, molti ne hanno parlato e ancora ne parlano, troverete notizie più
dettagliate altrove. Ricordo invece il film, Il caso della venere privata,
non perché sia un bel film, è peggio, e di parecchio, del romanzo, ma perché il
Duca è interpretato da Bruno Cremer, il migliore di tutti i Maigret, almeno secondo
me!
Voto ***/5
Ci sono pagine molto buone, ma anche... dialoghi a volte sciatti, con tecniche ingenue, quasi naif, per dar risalto; ripetizioni da segno rosso, scrittura frettolosa e altro. Badate bene, anche se lo sembrano, queste non sono questioni di stile, ma la fretta di fare causata dalle richieste ossessive degli editori. Non si può chiedere troppo a un artigiano, seppur poliedrico, della letteratura di genere, soprattutto se messo sotto pressione.
Imbarazza di più invece la palese omofobia di Scerbanenco: l'avevo colta allora, ma per mia superficialità, ero stato meno sensibile di ora alla "sollecitazione". L'autore definisce un personaggio omosessuale come uno "squallido terzo sesso" e continua: "Adesso tutto l'incolore della sua persona fisica si spiegava, doveva essere l'incolore mostruoso dei mutanti descritti nei romanzi di fantascienza, a metà strada esatta della mutazione, quando hanno ancora solo l'involucro umano, ma mente e sistema nervoso appartengono già all'orrenda nuova specie".


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