sabato 23 gennaio 2016

Il Gufo Giallo (97)


Il gufo giallo
recensioni di romanzi gialli

Giudizio n.  97

 

Postilla alla recensione di Venere privata

Parlerò del volume Il centodelitti di Giorgio Scerbanenco edito da Garzanti



Questa non è una recensione, ma un modesto tentativo di nota storico critica. La spiegazione la potete chiedere direttamente a Maria Grazia Spina che ci sorride maliziosa e maliarda dalla copertina di Novella.

Raffinata attrice di teatro s'era venduta al cinema pe' campa', meglio. Nel 1963 aveva appena finito di girare un film di grande spessore artistico: Zorro contro Maciste! L'apparizione sulla copertina era (allora non c'era Fazio o la Gruber) per far pubblicità al capolavoro cinematografico appena uscito nelle sale. Della serie "Che s'ha da fa' pe' magna'!"

Premesso questo, non deve meravigliare se Giorgio Scerbanenco mandava avanti, sempre su Novella, la rubrica settimanale Il Quattronovelle. Quattro corti (a volte uno più lungo e tre brevissimi) stretti in una sola pagina. Soprattutto si noti che doveva scrivere quattro racconti alla settimana, più di uno ogni due giorni! La gente se ne meraviglia tessendo osanna, lodi meravigliate  e fescennini vari.

Raccontano, ammiccando come fosse un segreto, che li scrivesse in un'ora dopo cena (2000 battute spazi compresi: si può!). Anche se lavorava a pancia piena erano racconti "alimentari", per riempire la pancia anche il giorno dopo!

Del 1970 la sciagurata iniziativa editoriale (credo l'unica colpa di Oreste Del Buono, che ha l'enorme merito di aver sdoganato Raymond Chandler) di raccoglierne una selezione, un po' arruffata, sotto il titolo Il Centodelitti, che esce postumo; chissà se Re Giorgio I sarebbe stato d'accordo? Forse sì, erano passati solo pochi mesi dalla morte.

 

Non se lo sono chiesto di certo quando hanno pubblicato Il Cinquecentodelitti, sempre a cura di ODB, che forse, ma non appurerò, li contiene tutti (di certo anche roba "rosa"), che chiamerò "svelti", anziché corti. Limitiamoci ai 100, ma ribadisco che preferisco La carica dei 101, che credo abbia influenzato la scelta del titolo.

 

Nel volume ci sono anche racconti di dieci pagine raccolti qua e là (Annabella, Stampa sera, Novella 2000) non per far cento (già erano molti di più quelli di Novella), ma per dare meno l'impressione della "sveltina"! Alcuni sono molto interessanti, ma nell'insieme non meritano una recensione, solo curiosità storico filologica. 

Diseguali nello stile, nella motivazione, nell'ideologia. I dialoghi, a volte, sono buttati giù  raffica, come viene viene, poi magari una pagina eccelsa... una garbage collection, insomma! Alcuni sono buoni, altri da dimenticare. Tutti nascono da idee simpatiche, ma non basta l'idea, c'è poi da raccontare e i corti, almeno a me, richiedono proporzionalmente più fatica di un romanzo. Soprattutto più tempo, peccato che a questi fu negato. Cosa voglio dire? Che la grande facilità d'invenzione e di scrittura di Scerbanenco venne qui sacrificata al dio mercato. Non sono d'accordo con gli estimatori, con le lodi sviscerate, conoscono Max Aub? Credo di no. Lui era immerso nel mondo editoriale POP e ci si muoveva come uno squalo, addentava una lettera di un suo lettore o lettrice su Annabella (La posta di Adrian) e la trasformava in un corto di venti righe per Novella.  Perché l'ho paragonato a uno squalo famelico? In USA molti autori Hammet, Chandler, Wolrich, ...), decenni prima di lui avevano scritto racconti "alimentari" per i magazine "dime" (nome dovuto al prezzo di 10 cent), ma avevano bisogno di sbarcare il lunario. Scerbaneco in quel periodo era famoso, nel genere rosa, e pure benestante. Allora perchè? Forse gli piaceva scrivere, era, come un vero scrittore, spinto da una pulsione ossessiva. Il dubbio mi resta, ma merita l'onore delle armi, anzi della penna.

Detto questo procediamo al giudizio metrico. Sì,  un voto ci vuole!


Voto ***/5


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