mercoledì 8 giugno 2016

La perfidia del doppio (postilla)


Attenti a quelle due!
Lo specchio noir nel cinema
Gemelle e delitti

Postilla


Postilla o post premessa?

Il nostro doppio è lo specchio di noi. Un altro che si manifesta, che incombeva, che ora ci minaccia. E' per questo che il "doppio" al cinema, ma anche in letteratura, genera suspense. E' facile immedesimarsi.



Credo, tenendo conto delle domande ricevute, di aver affrontato il tema dando per scontate troppe cose.
Innanzitutto ho sempre usato il termine "doppio", mai "sosia". Era invece da lì che bisognava partire. E bisognava rifarsi al teatro classico.


Sosia, parola che ormai, da secoli, sta a significare una persona del tutto identica a un'altra. Il primo ad usarla fu Plauto, commediografo latino, nella sua commedia Amphitruo (204 a.C.). Dette questo nome a Sosia servo del generale argivo Anfitrione, sposato alla bellissima Alcmena. Per giacere con lei, Zeus, l'impenitente e subdolo dongiovanni, riveste le stesse fattezze di Anfitrione, ma Mercurio, prende quelle del fedele Sosia... ovviamente le cose si complicano.

Mi sono rifatto a un famoso lavoro teatrale di 22  secoli fa. La mitologia, non solo greca, ma anche di altri paesi e di altri continenti è piene di situazioni dove il "doppi" crea problemi agli altri o a se stesso. Vi dice nulla la parola avatar?



Avatāra  e anche Avatara e la parola primigenia. A volte presente nella sua resa anglosassone di Avatar, è un sostantivo maschile della lingua sanscrita con cui si indica, in numerose teologie hindù, l'apparizione o la discesa sulla terra della divinità avente lo scopo di ristabilire o tutelare il Dharma.
Tale termine è collegato al verbo avatṝ con il significato di "discendere in" (accusativo o locativo) oppure "discendere da" (ablativo) ancora "arrivare a" (accusativo) o "essere al posto giusto", "essere adatto" e infine "incarnarsi" (nel caso di una divinità). In tutte queste azioni c'è una manifestazione che produce irrimediabilmente un "doppio".

Fine
 
 

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