Attenti a
quelle due!
Lo specchio noir nel cinema
Gemelle e delitti
Postilla
Postilla o post premessa?
Il nostro doppio è lo specchio di noi. Un altro che si manifesta,
che incombeva, che ora ci minaccia. E' per questo che il "doppio" al cinema, ma anche in letteratura, genera suspense. E' facile immedesimarsi.
Credo, tenendo conto delle domande ricevute, di aver
affrontato il tema dando per scontate troppe cose.
Innanzitutto ho sempre usato il termine "doppio",
mai "sosia". Era invece da lì che bisognava partire. E bisognava rifarsi
al teatro classico.
Sosia, parola che ormai, da secoli, sta a significare una
persona del tutto identica a un'altra. Il primo ad usarla fu Plauto,
commediografo latino, nella sua commedia Amphitruo (204 a.C.). Dette questo
nome a Sosia servo del generale argivo Anfitrione, sposato alla bellissima
Alcmena. Per giacere con lei, Zeus, l'impenitente e subdolo dongiovanni,
riveste le stesse fattezze di Anfitrione, ma Mercurio, prende quelle del fedele
Sosia... ovviamente le cose si complicano.
Mi sono rifatto a un famoso lavoro teatrale di 22 secoli fa. La mitologia, non solo greca, ma
anche di altri paesi e di altri continenti è piene di situazioni dove il
"doppi" crea problemi agli altri o a se stesso. Vi dice nulla la
parola avatar?
Avatāra e anche Avatara
e la parola primigenia. A volte presente nella sua resa anglosassone di Avatar,
è un sostantivo maschile della lingua sanscrita con cui si indica, in numerose
teologie hindù, l'apparizione o la discesa sulla terra della divinità avente lo
scopo di ristabilire o tutelare il Dharma.
Tale termine è collegato al
verbo avatṝ con il significato di "discendere in" (accusativo
o locativo) oppure "discendere da" (ablativo) ancora "arrivare
a" (accusativo) o "essere al posto giusto", "essere
adatto" e infine "incarnarsi" (nel caso di una divinità). In tutte
queste azioni c'è una manifestazione che produce irrimediabilmente un "doppio".
Fine
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