martedì 28 novembre 2017

Delitti nel Rinascimento (II)

Come si uccideva nel ‘400

  Le armi da getto
(parte II)

"Meglio una sassata che un corpo a corpo!" Pensava l'uomo primitivo quando, nella foresta a caccia di conigli, si imbatteva in un Macairodonte, la tigre coi denti a sciabola.  

"Meglio sarebbe se il sasso fosse tagliente e lo potessi lanciare da più lontano!", pensò dopo i primi graffi. Nacquero così la lancia e la fionda modello David.
Uccidere a distanza (sia in battaglia che per questioni private) è sempre stato (ed è) preferibile; anche nel '400. I kamikaze, nati dalla cultura dei samurai e poi reinventati dall'islam, ritengo siano una degenerazione poco professionale: loro agiscono al centro della scena. Ma non hanno prospettive di futura crescita professionale. Spesso sono solo dei disperati, "usa e getta".
Il veneficio, Lucrezia Borgia lo sapeva bene, era pratico (bastava un anello con un serbatoio), ma vedere  la propria vittima vomitare schiuma verdastra sulla tovaglia non era bello spettacolo, soprattutto stando seduti a tavola proprio davanti.  Nel crepare emanava anche un forte lezzo acido.
Lo stiletto richiedeva costanza, spesso non bastavano nemmeno tre affondi e se la vittima reagiva? Erano guai.
Per agire a debita lontananza, nel Rinascimento, o assoldavi un bieco assassino (Come ho detto il Valentino usava Micheletto Corella a suon di monete d'oro e d'argento) o, per risparmiare, dovevi scegliere tra i pochi mezzi a disposizione Erano solo due: la balestra o l’archibugio. L'arco? No, l’arco no! Scomodo, ingombrante e impreciso, mica tutti erano abili come Robin Hood!

Verrettoni o dardi
Arma micidiale la balestra. Papa Innocenzo II, con tanto di bolla, ne vietò l'uso contro i cristiani, si poteva però tirare agli infedeli! Una buona balestra poteva scagliare un dardo mortale a più di cento metri di distanza. Sufficienti, colpito il bersaglio, per fuggire indisturbati. Di verrettoni ce n'erano di varia punta; da scegliere in funzione dei danni che si voleva procurare o delle difese indossate dalla  vittima. Insomma, a giudicare dalle forme, un modo creativo per elimenare le persone scomode!

Balestra a martinetto
La balestra a leva, arma di rilievo nella sua categoria, è forse una delle balestre con gittata più lunga, superata solo dalla balestra da posta, migliore però essendo più leggera e facilmente trasportabile. Usabile, date le dimensioni, anche da cavallo.
Appare alla vista come una normale balestra: il teniere è in legno di ciliegio, il più usato nel campo della creazione di armi da lancio, spesso e longilineo, lievemente più pesante rispetto a una balestra a mano, ed è decorato da piccoli motivetti floreali sui fianchi, rendendo piacevole la balestra anche alla vista. Per chi uccide, non per chi viene colpito, infatti non la vedrà mai! La noce è ben fissata al meccanismo di scocco, attentamente testata e migliorata in prontezza; la staffa, forgiata dalla sapienza dei Mastri Fabbri come ogni altro oggetto metallico utilizzato, è lievemente più piccola, essendo non fondamentale nel caricamento.

Il caricamento, è l’innovazione dell’arma: l’archetto, molto più rigido e spesso, non permette all’arciere di tirare a se la corda, con un diametro di quasi due millimetri e mezzo, per farla passare nella noce: allora vi si aggancia il martinetto.

Esso è composto da una cremagliera (metallica, con superficie dentellata), una manovella per tirare quest’ultima, un cappio per fissare il tutto, ed un gancio per fissare la dentellatura alla corda. Facendo girare la manovella, la cremagliera si tira verso l’arciere, tirando con essa la corda, fino al noce. Sfilando poi il cappio dal teniere, si fissa la corda al noce, e si è pronti allo scocco. Questa è l’unica pecca di quest’arma, che impiega un notevole tempo per il caricamento.
Archibugio
L'archibugio può essere considerata la prima vera arma da fuoco portatile capace di garantire una certa precisione nel tiro. Evoluzione del più primitivo e pericoloso scoppietto, anche noto come "cannone a mano" (handgun in lingua inglese), l'archibugio trovò poi sviluppo nel moschetto, dando origine al fucile quale oggi lo conosciamo.

Arma ad avancarica, a canna liscia, di calibro compreso tra i 15 ed i 18 mm, l'archibugio aveva una gittata utile limitata a circa 50 m a causa dei rimbalzi che il proiettile subiva contro le pareti della canna liscia e che imprimevano a quest'ultimo una traiettoria piuttosto erratica.

Il termine "archibugio" (hacquebuche in lingua francese), intrusione delle parole "arco" e "buco", deriverebbe dal vocabolo in lingua olandese hake-bus ("scatola con uncino").
Come sistema di accensione ha un  meccanismo a miccia: sul lato destro dell'arma si trovava la piastra di sparo dove alloggiava il meccanismo formato da uno scodellino (una sorta di piccolo imbuto metallico comunicante con la culatta della canna) e da una serpentina (una sorta di uncino metallico che sosteneva la miccia a lenta combustione) chiamata così per via della forma a serpente (non di rado la serpentina era decorata per ricordare la testa di un serpente o di un drago).

Pistole
Le pistole sarebbero state comode, ma camminando o cavalcando si perdeva la polvere e così si faceva quasi sempre "cilecca".  

La cosa migliorò parecchio con quelle a ruota, ma vennero prodotte a partire dal 1550 e costavano un occhio della testa, era più comodo, economico e sicuro un sicario. 



 

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