venerdì 1 dicembre 2017

Delitti nel Rinascimento (IV)


Come si uccideva nel ‘400
 
I delitti e le pene 
Parte IV

Dopo tanti delitti,  sorge una domanda "Come venivano puniti i colpevoli?", ammesso che fossero proprio loro...
Concludiamo pertanto con l'esame delle pene per i reati di omicidio. Premetto subito che non c'era molta uniformità del diritto. Varie le interpretazioni e varie le applicazioni, ma la pena capitale era molto diffusa. Direi abusata...
Stenderò invece un velo pietoso sui tribunali  che spesso e volentieri erano fortemente "influenzati" dai potenti o dalla "chiesa", soprattutto quando l'Inquisizione prese campo.

Omicidio
I reati contro la persona (percosse, lesioni, mutilazioni, omicidio, veneficio, ecc.) erano stati considerati nella loro specificità già nel '200 all'interno delle promissioni ducali (nel capitolo punizione dei reati) e degli statuti comunali del medioevo (noti a fine '300). 


Divennero poi oggetto di elaborazione dottrinaria nel Rinascimento. Dal loro esame  si evincono quattro princìpi basilari:

1. E' punibile chiunque cagiona la morte di un uomo, a prescindere dal momento dell'evento - morte.

2. I compartecipi subiscono la stessa pena solo se hanno materialmente inferto colpi alla vittima.

3. Operano e contano le cause di giustificazione (specie la legittima difesa) se comprovate da testimoni.
4. La pena prevista, salvo attenuanti, è l'esecuzione capitale, in pubblico (come monito).




Il dato peculiare del diritto criminale è costituito dalla grande rilevanza che l'intenzionalità assume nel valutare la responsabilità penale; ce ne accorgiamo in particolar modo dall'impostazione seguita dalla dottrina nell'elaborare la struttura del reato di omicidio. Quattro categorie erano inquadrate tra i casi puri :
Omicidio per necessità (legittima difesa)           
Omicidio a caso           
Omicidio per colpa                
Omicidio per dolo        
e altre quattro tra i casi atroci:
Omicidio di proposito
Omicidio proditorio
Omicidio per assassinio (tramite sicari)
Omicidio per insidie

Se la vittima era un potente notabile, ci pensavano i parenti o lui stesso se sopravviveva. Vedi il caso di Lorenzo il Magnifico nei riguardi dei Pazzi: ne fece una strage. 
Ma torniamo ai casi "normali"Affinché si avessero casi atroci (gli unici ad essere puniti con la pena di morte) occorreva che la fattispecie dell'azione omicida fosse stata preordinata a mente fredda; in base a un ragionamento concepito in soluzione di continuità con il verificarsi del fatto che aveva determinato l'impulso a (o atto di)  uccidere. Non bastava, quindi, l'intenzione dell'agente di far seguire alla propria azione la morte della vittima, poiché l'omicidio doloso ma non premeditato restava nell'ambito della categoria meno grave dei casi puri; per un impeto momentaneo di rabbia (ad esempio durante un alterco o una rissa) il reo poteva aver inferto un colpo alla vittima con l'intenzione impulsiva di ucciderla, ma senza aver avuto il tempo di valutare le conseguenze delle proprie azioni. La classificazione delle forme di omicidio appare così persino meno severa di quella del diritto odierno, la quale raggruppa le ipotesi più gravi intorno all'elemento soggettivo del dolo e configura la premeditazione come semplice circostanza aggravante. Aggravavano, infine, questo reato, il latrocinio, il parricidio, la strage e la lesa maestà.
Pena di morte


La massima punizione, eseguita in vari modi, rimase in vigore dal Medioevo al Rinascimento, ma seguì concezioni diverse nelle due epoche:
1.  Nel Medioevo essa veniva a collocarsi al vertice di una scala formata dalle pene corporali, non apparendo ad esse eterogenea, ma come il massimo grado d'intensità di queste.
2.  Nel Rinascimento essa assunse una caratteristica e un significato più marcato, divenendo un sistema di eliminazione dei soggetti più pericolosi o comunque inaccettabili per la società.


Un opuscoletto di metà Ottocento (compilato sulla base dei "Registri de' Giustiziati" conservati presso la Biblioteca di una comunità toscana) presenta i seguenti dati numerici sulle condanne eseguite: per il Trecento 463, per il Quattrocento 93, per il Cinquecento 203.  Si tratta di cifre assai contenute rispetto ai ritmi assunti dalle esecuzioni in tutta Europa. Si noti anche la diminuizione rinascimentale: frutto di una maggiore attenzione all'uomo.

I metodi d'esecuzione furono svariati. I tre più largamente praticati in tutte le

epoche furono l'impiccagione, di cui ho già messo l'immagine all'inizio e che si vede rappresentato anche nel pannello sopra.







 La decapitazione con la spada.




Lo strangolamento in carcere: di cui solo dopo molto tempo si diffondeva la notizia a voce bassa, quasi un sussurro.In tal modo si evitavano le reazioni e le rimostranze dei parenti edegli amici.

Altri modi molto cruenti, in uso, non sopravvissero all'affermarsi dell'Umanesimo che nel Rinascimento fece crescere l'attenzione all'uomo. 
Si tratta del rogo. L'ultima esecuzione certificata è del 1480, ma sembra ce ne siano state altre dopo.
Anche il mazzolamento o bastonatura per azione del popolo ebbe a finire. Ancor prima era cessato il deperimento per inedia mediante l'esposizione con la famigerata cheba (gabbia), (abbandonata all'inizio del '500 è citata  nel film  L'armata Brancaleone), poco noto l'impiantamento a testa in giù (un solo caso riscontrato nel 1405).   
Un discorso specifico riguarda l'esecuzione rituale, o pena capitale alterata: si trattava dell'inflizione di feroci tormenti precedenti alla morte, quali il tanagliamento delle carni con ferro rovente, l'amputazione della mano assassina, il trascinamento a coda di cavallo; ad essa si ricorreva per punire l'omicidio premeditato talvolta aggravato da circostanze speciali quali il parricidio, la strage, il latrocinio improbissimo soprammodo (cioè la rapina in concorso con l'omicidio), l'incendio di navi, l'attentato alla sicurezza pubblica con pericolose cospirazioni.
Trattamenti di riguardo
La legge era  uguale per tutti, le pene, no! Un'analisi sul grado di severità usato verso le diverse componenti sociali evidenzia un trattamento più duro nei riguardi dei malfamati (soggetti notoriamente dediti al crimine), degli stranieri immigrati, dei membri di bande armate e del popolino. Nessun riguardo, nel senso di aver salva la vita, appare in prima analisi assicurato ai nobili, che affollavano i registri dei condannati a morte. Piuttosto si cerca di salvaguardare il loro status, ossia il buon nome delle loro famiglie, evitando di spingere le umiliazioni e i patimenti connessi all'esecuzione oltre un certo limite. Magari, se proprio l'avevano fatta grossa (tipo una congiura contro chi amministrava la legge) si infliggeva loro la decapitazione con spada anziché l'impiccagione (ma non per tutti i reati), oppure gli veniva risparmiato lo squartamento e l'inflizione dei tormenti anteriori (anche qui con clamorose eccezioni). Ma le esecuzioni venivano spesso rimandate e altrettanto spesso il detenuto, radiato o esiliato, evaporava nell'oblio.
La fascia sociale meno esposta ai rigori della giustizia sembra fosse quella femminile anche se nel Trecento risultano giustiziate persino alcune ladre. Nei secoli posteriori il reato ascritto per la pena capitale sarà di solito l'omicidio premeditato, spesso a sfondo passionale, a volte contro un nobile che l'aveva sedotte. Si ricorda che un'antica promissione del 1232 disponeva la sostituzione dell'impiccagione prevista per i maschi con altra pena meno cruenta a scelta del giudice. Non eran comunque rose e fiori!
Particolare cura veniva riservata alla preparazione spirituale. Cronache, redatte da religiosi, riferiscono con orgoglio del ritiro del condannato "in chiesola, con chierico, per la durata di tre giorni, in preghiera e pentimento". Notevole l'impegno profuso dalla Chiesa nel curare ogni esigenza del reo prima dell'esecuzione, dalla redazione del testamento (a volte a favore della chiesa stessa), al suo conforto materiale, fino al suo accompagnamento al patibolo. Varie Confraternite celebravano, poi, il funerale e tenevano ogni anno messe di suffragio.  
FINE
 

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