Un
mestiere difficile
Sembra
facile …
fare il detective nel
Rinascimento!
Bertuccio sta per tornare, il tema del giallo storico sarà presentato e dibattuto a Pistoia al Festival del Giallo di fine febbraio prossimo... Io, su questo mio blog, sto raccontando la Storia del giallo storico.
Prima che il mio detective rinascimentale racconti loro altre avventure, è bene che i lettori vengano preparati.
E' bene si sappia: La curiosità spinge Bertuccio a indagare, ma lui è sempre in fuga: nei romanzi il suo aspetto e quasì sempre come quello che vedete sopra! La scusa che accampa è che era molto pericoloso fare il detective nel Rinascimento! Io non ci credo troppo: secondo me è tutta scena!
Facciamo finta di credergli e vediamo invece di di chiarirci, insieme, alcuni dubbi di fondo.
Facciamo finta di credergli e vediamo invece di di chiarirci, insieme, alcuni dubbi di fondo.
Una domanda ricorre, quando parlo di
Bertuccio: perché hai scelto di
ambientare le storie del tuo personaggio nel 1494?
Domanda da persone preparate: sanno che i miei romanzo gialli sono di "ambientazione storica"! La mia è una scelta precisa, basata su un’idea fissa. Per me Bertuccio è un agente del cambiamento: è l'uomo novo dell'era moderna.
I periodi di cambiamento fanno emergere tensioni, contraddizioni e violenze sopite. Gli accadimenti del 1492 segnano in modo netto un cambiamento profondo: il passaggio dal medioevo all’era moderna. Questo lo hanno stabilito soprattutto gli storici, diversi decenni dopo. Sarà meglio fare qualche riflessione.
I periodi di cambiamento fanno emergere tensioni, contraddizioni e violenze sopite. Gli accadimenti del 1492 segnano in modo netto un cambiamento profondo: il passaggio dal medioevo all’era moderna. Questo lo hanno stabilito soprattutto gli storici, diversi decenni dopo. Sarà meglio fare qualche riflessione.
Colombo
scopre “ufficialmente” l’America il 12 ottobre del 1492, poi ha da tornare
indietro e arriva alle Azzorre ai primi di marzo del ’93. Pensate che nel
contado della Repubblica di Firenze la notizia arrivi subito e che provochi
forti emozioni? No, ci vorrà molto tempo.
I Re
cattolici entrano a Granada il 2 gennaio del 1492. La notizia, nel contado, si
diffonde lentamente soprattutto per merito dei pellegrini spagnoli e dei
mercanti, ma tocca poco la sensibilità pratica dell’epoca.
Lorenzo il
Magnifico muore l’8 aprile 1492: questa è la notizia ferale. Il segno che
“qualcosa è cambiato” si è letto anche dagli eccezionali fenomeni celesti! Ma
non c’è un balzo in avanti verso lo sviluppo del Rinascimento già consolidato a
Firenze, c’è piuttosto una regressione che monta, in questo caso per vicinanza
e motivi economici e politici, rapidamente. Ed anche tanta paura...
Si preparano anni difficili: Mala Tempora appunto. Anni di transizione,
d'incertezza e di timori per il proprio futuro "prossimo": per gente
sopravvissuta alla recente pestilenza l'orizzonte temporale era davvero molto
breve. Anni in cui i delitti sono più frequenti, soprattutto le vendette
politiche. Ma anche quelli comuni sono in aumento perché, diciamo, “praticati”
senza troppa paura per la punizione. A causa della regressione, sono anche più
oscuri di prima.
Seconda domanda: perché hai scelto come
protagonista un fabbro?
Bertuccio è maestro dell’arte dei fabbri. Lo vediamo in un ritratto "graffiato" fattogli dal suo amico Filippino Lippi. L'arte dei fabbri era arte minore delle Corporazioni di Arti e Mestieri di Firenze. Era però tenutaria di elevati contenuti
tecnologici: trasforma il ferro in acciaio.
In qualche modo è legata, imparentata e sodale con l’alchimia: sta sul lato non oscuro e certo molto più scientifico, anche se di empiria si tratta. La combinazione del carbonio col ferro per ottenere acciaio attraverso passaggi dosati nei tizzoni, sull’incudine e poi nell’acqua richiede conoscenze approfondite sulla materia (in fondo fuoco, acqua e terra …). Le conoscenze dei fabbri sono in evoluzione: armature resistenti alle armi da fuoco, macchine, archibugi, … e cannoni, da realizzare con colata in bronzo!
In qualche modo è legata, imparentata e sodale con l’alchimia: sta sul lato non oscuro e certo molto più scientifico, anche se di empiria si tratta. La combinazione del carbonio col ferro per ottenere acciaio attraverso passaggi dosati nei tizzoni, sull’incudine e poi nell’acqua richiede conoscenze approfondite sulla materia (in fondo fuoco, acqua e terra …). Le conoscenze dei fabbri sono in evoluzione: armature resistenti alle armi da fuoco, macchine, archibugi, … e cannoni, da realizzare con colata in bronzo!
Stanno sopravvenendo Nova Tempora! Bertuccio ha
le potenzialità per rappresentare l’uomo nuovo del Rinascimento, inoltre sa
leggere e conosce le opere di Boccaccio e di Dante. Addirittura a mente, come
chi, sapendo, doveva. All’epoca si mandava a mente per raccontare agli altri
che non sapevano leggere, i quali spesso memorizzavano: tradizione orale.
Mastro Bertuccio è in rapporto con le cose e con le persone: un detective
ideale. Ma ha una dote in più: sa ben usare la retorica, appresa dal priore
(suo maestro di lettere) della chiesa principale del paese: l'insigne
Collegiata.
Bertuccio fa
volentieri il fabbro, soprattutto lo motiva la forgiatura delle spade e
ambirebbe a trasferirsi a Toledo dove, si narrava, imparare tecniche ancor più
“magiche”.. Questo per evidenziare come la sua mente sia aperta
Terza
domanda: quando riemergono le superstizioni o le paure del
medioevo, Bertuccio come reagisce?
Queste reazioni, allora, si
manifestavano soprattutto davanti alla morte. L’uomo medioevale aveva il
terrore della morte improvvisa, temeva di non farsi trovare preparato davanti a
Dio. I delitti che racconto appaiono
misteriosi e particolarmente efferati. La gente non capisce e vive il dramma
della vittima. Subito affiorano le superstizioni: forze diaboliche, la magia
nera, i sabba … C’è chi ci crede ancor oggi, figuriamoci allora, in un paese
immerso nel contado di Firenze; città allora “lontana” 50 chilometri: più di
dodici ore a piedi.
Bertuccio no, Lui forgia spade,
trasforma la materia in acciaio. anche se è sfiorato dal dubbio (è pur sempre
uomo del suo tempo) cerca una “ragione” alle cose.
S’informa, chiede, approfondisce;
in altre parole indaga. Dove non può arrivare da solo mette in gioco gli amici.
Lo speziale (con la sorella, un po’ strega) e il cerusico rappresentano la sua "sezione
scientifica”, ma ci sono anche dei personaggi famosi, di passaggio, che danno una mano
utilizzando le loro competenze specifiche.
Quarta
domanda: questi personaggi famosi, storici, come si pongono
nelle storie?
Cerco sempre, pur lavorando di fantasia, di raccontare storie “possibili”.
Montevarchi era terra di confine, di mercati e di passaggio. Da lì, venendo da
Firenze, si andava a Roma. Oppure venendo dal sud si raggiungeva Firenze. In
quel periodo Luca Pacioli, insigne
matematico, passò da Montevarchi per andare a Milano ad insegnare
all’Università. Michelangelo passò (cercava di sfuggire alle fissazioni di Piero
dei Medici) per andare a Roma. Marsilio
Ficino aveva casa a
Figline Valdarno; negli ultimi anni della sua vita (anche lui non amava Piero)
lasciata Careggi, vi si ritirò.
Non vado oltre, ce ne sono altri, ma non vorrei anticipare troppo le trame di Precaria Tempora o il prossimo Magica Tempora.
Non vado oltre, ce ne sono altri, ma non vorrei anticipare troppo le trame di Precaria Tempora o il prossimo Magica Tempora.
Questi personaggi si pongono gregari a Bertuccio. Non tutti volentieri,
ma la forza del metodo di Bertuccio prima o poi li trascina. Il loro contributo
è sempre decisivo, anche se il ragionamento induttivo (dovrei dire l’abduzione,
ma ancora non era stata inventata!) è tutto del nostro giovane fabbro.
Quinta domanda: un po’ diversa la presenza e la posizione di Bertuccio
rispetto agli stilemi del giallo storico?
Sì, volutamente. Questa moda di far indagare i
personaggi famosi mi ha sempre disturbato un po’: ho voluto prendere le
distanze ribaltando i ruoli. Nelle mie storie chi conduce la danza è un
semplice artigiano, un tecnico proiettato nel futuro, un uomo che non ha legami
col passato e che intuisce il progresso in atto. I personaggi famosi (più di
lui radicati nel medioevo) lo assecondano, lo aiutano, ma non sono loro gli
agenti del cambiamento. A volte, addirittura, non capiscono neppure bene quello
che fanno.
Bertuccio fin dall’inizio è combattuto tra il
desiderio di scoprire la verità e l’aspirazione a sviluppare la sua arte. E’
per questo che capisce presto una cosa: la verità è scomoda per lui e poco
gradita ai potenti. In questo, oltre che ai fatti storici, ho tenuto conto del
libro Capitalismo
e civiltà materiale di Fernad Braudel. Lo storico francese descrive una
società a strati: facile attraversarla longitudinalmente, molto difficile, anzi
impossibile, in verticale. Svelare i misteri del livello superiore non procura
meriti, ma attira le punte dei pugnali nascosti nell’ombra. La stessa cosa
sarebbe successa a Machiavelli o a Leonardo che sarebbero rapidamente defunti
di morte violenta. Infatti, a quanto ne sappiamo, in realtà si sono guardati
bene dal mettere a nudo le magagne di ricchi potenti (reali o potenziali)
mecenati. Acquisita questa consapevolezza, Bertuccio si “rifugia” nella sua
arte.
Sesta domanda: ci sono precedenti letterari che sono tuoi
riferimenti?
Per quanto ne so, direi di
no. In realtà sono stato parecchio influenzato da Theodore Mathieson.
Pubblicò nel 1959 The great “detectives” con prefazione di Ellery Queen. Il Club degli editori (Mondadori) nel 1961 lo pubblicò in Italia con un titolo orribile: Quando il genio indaga. La traduzione era di Luciano Bianciardi, una delle massime personalità letterarie e culturali della seconda metà degli anni cinquanta. Ci sono raccontate undici indagini fatte da Alessandro Magno, Leonardo da Vinci, Hernand Cortes… Allora mi affascinò parecchio, ma avevo solo sedici anni.
Ripreso in mano dopo Il nome della rosa di Umberto Eco, mi fece arrabbiare. Che ne sapeva costui del modo di ragionare di Leonardo da Vinci o di quello di Cervantes? Mi innervosì ancora di più Margareth Doody che, ispirandosi a Mathieson, cominciò a proporci Aristotele detective con innumerevoli sequel. Solo che passare da racconti di 15 pagine a tomi di 350 pagine è una vera e propria violenza! Non solo al lettore, anche al personaggio. A sentire lei Aristotele passava il suo tempo a fare il Poirot; che filosofia: “ordine, metodo e cellule grigie”!
Pubblicò nel 1959 The great “detectives” con prefazione di Ellery Queen. Il Club degli editori (Mondadori) nel 1961 lo pubblicò in Italia con un titolo orribile: Quando il genio indaga. La traduzione era di Luciano Bianciardi, una delle massime personalità letterarie e culturali della seconda metà degli anni cinquanta. Ci sono raccontate undici indagini fatte da Alessandro Magno, Leonardo da Vinci, Hernand Cortes… Allora mi affascinò parecchio, ma avevo solo sedici anni.
Ripreso in mano dopo Il nome della rosa di Umberto Eco, mi fece arrabbiare. Che ne sapeva costui del modo di ragionare di Leonardo da Vinci o di quello di Cervantes? Mi innervosì ancora di più Margareth Doody che, ispirandosi a Mathieson, cominciò a proporci Aristotele detective con innumerevoli sequel. Solo che passare da racconti di 15 pagine a tomi di 350 pagine è una vera e propria violenza! Non solo al lettore, anche al personaggio. A sentire lei Aristotele passava il suo tempo a fare il Poirot; che filosofia: “ordine, metodo e cellule grigie”!
Avrete capito che le mie
storie sono volutamente strutturate in modo opposto, anzi contrapposto, a
quelle della moda ormai dilagante. Io cerco di puntare i riflettori sull’uomo
non sul genio.
Domande altre
La domanda di un frequentatore del
blog: Nel primo racconto di Mala Tempora ci si riferisce all’inverno, ma si
è all'inizio di dicembre. Il secondo è ispirato alla primavera, ma siamo ancora
in inverno... Così anche negli altri due: ha un senso?
Me
n’ero dimenticato, e dire che se n’era parlato a Viareggio e anche a Montevarchi. Volutamente, per
esaltare il momento di cambiamento, pongo le storie in un momento di
transizione tra una stagione e la successiva: anche il meteo dev’essere incerto
e ambiguo. Come il 1493 e il ‘94 sono anni di transizione tra il Medioevo e il
Rinascimento così le stagioni sono ancora indefinite. Tutto, anche Bertuccio
(come ho già detto), vuole esprimere questo cambiamento in atto. Il mondo sta
cambiando grazie a Colombo, la Cristianità grazie ai Re di Castiglia e la
Signoria di Firenze a causa della morte improvvisa di Lorenzo dei medici.
In un paese del contado, in quegli anni, niente può ancora cambiare. Non c’era altro modo, per esprimere il movimento verso l’era moderna, che collocare le storie nei giorni dove stava per arrivare la nuova stagione. Quindi ha un senso: esprime il divenire in quel microcosmo agricolo commerciale, che era allora Monte Varchi.
In un paese del contado, in quegli anni, niente può ancora cambiare. Non c’era altro modo, per esprimere il movimento verso l’era moderna, che collocare le storie nei giorni dove stava per arrivare la nuova stagione. Quindi ha un senso: esprime il divenire in quel microcosmo agricolo commerciale, che era allora Monte Varchi.
Una domanda di un giornalista radio che
già aveva letto le storie di Bertuccio: Cosa
hai provato a far agire i tuoi nuovi personaggi e, in parallelo, quelli storici
famosi non inventati da te?
Per i personaggi rinascimentali da me inventati
tutto si è svolto più o meno come per le storie di Idamo (ventennio fascista) o di Raimondo (Toscana napoleonica), ma anche di Corto che agisce ai giorni nostri. Prima ho definito la
“location” (per la Versilia di Corto c’è stato un po’ meno lavoro, rispetto alla Toscana del 1799!), poi ho
disegnato i personaggi coi loro caratteri e le loro specificità. A quel punto
hanno preso vita ed agito “quasi in autonomia” nel teatro da me predisposto.
Per i famosi, parlo di Michelangelo,
Marsilio Ficino, Filippino Lippi … il discorso è diverso. Non sono frutto della
mia fantasia e quindi ho dovuto, in qualche modo, far loro violenza. Ho cercato
di immaginarmeli come potevano essere in un momento particolare della loro
esistenza. Michelangelo giovane spaesato e preoccupato per esser scappato da
Firenze; il Ficino un po’ provato dalla vecchiaia, Filippino di ritorno da Roma
che scopre che a Firenze sta montando la “rivoluzione” del Savonarola …
All’inizio avevo qualche timore (non volevo peccare né di presunzione, né
d’irriverenza), poi ho scoperto che anche “loro”
si prestavano al gioco e devo dire che si sono proprio “comportati bene!”.
FINE
FINE
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