domenica 14 aprile 2019

Sommelier del giallo (08)


Saper ascoltare
Come diventare fruitori consapevoli di gialli, noir e thriller raccontati nelle diverse forme artistiche: libro, film, fiction TV, fumetto e radio

Versione 2019


 
 
Tappa 08
Esercitazione 01 – per lettori
Prendiamo, col dovuto rispetto, un incipit bellissimo, ma non famoso (ingiustamente). Si tratta della prima pagina (o giù di lì) de Il cappello del prete di Emilio De Marchi. Leggetelo “odorando” le parole (sottolineate quelle che vi paiono a voi poco note) e poi, con attenzione,  rileggetelo a piccoli sorsi.
« Il Barone Carlo Coriolano di Santafusca non credeva in Dio e meno ancora credeva nel diavolo; e, per quanto buon napoletano, nemmeno nelle streghe e nella iettatura.

A vent'anni voleva farsi frate, ma imbattutosi in un dotto scienziato francese, un certo dottor Panterre, perseguitato dal governo di Napoleone III per la sua propaganda materialistica ed anarchica, colla fantasia rapida e violenta propria dei meridionali, si innamorò delle dottrine del bizzarro cospiratore, che aveva anche una testa curiosa, tutta osso, con due occhiacci di falco, insomma un terribile fascinatore.

Per qualche anno il barone, detto «u barone», lesse dei libri e prese la scienza sul serio: ma non sarebbe stato lui, se avesse per amore della scienza rinunciato alle belle donne, al giuoco, al buon vino del Vesuvio, e ai cari amici. Il libertino prese la mano sul frate e sul nichilista, e dalla fusione di questi tre uomini uscì «u barone» unico nel suo genere, gran giuocatore, gran fumatore, gran bestemmiatore in faccia all'eterno. Nulla, e nello stesso tempo amabile camerata, idolo delle donne, coraggioso come un negro, e a certe lune fantastico come un bramino.

Noi qui parliamo del barone della sua prima maniera quando non aveva più di trent'anni. Napoli allora era tutta una festa garibaldina, bianca, rossa e verde. Le donne abbracciavano i bei soldati nella via e alzavano i bambini sulle braccia, perché Garibaldi li battezzasse nel nome santo d'Italia. Innanzi al ritratto dell'eroe si accendevano i lumi e si appendevano corone di fiori, come davanti a San Gennaro e alla Madonna Santissima.

Santafusca prese una parte breve e brillante nelle ultime scaramucce di quel tempo e fu anche ferito alla fronte. Gliene rimase una cicatrice sopra il ciglio..., ma i bei tempi erano passati.

Oggi l'uomo aveva quarantacinque anni, una gran barba nera, un volto abbruciato dal sole e dai liquori, una gran voglia di godere la vita e una miseria profonda.

Non godeva pìù credito né presso gli amici, né presso i parenti, ch'egli aveva disgustati colla sua vita dissipata e colla sua bestiale empietà…. »
In una sola pagina vengono descritti il contesto e il colpevole (C).
Secondo la critica ci sono due  possibilità di classificare lo  stile utilizzato:   gc+III e n+III (*). Per voi qual è quello più calzante? Se vi ha fatto venir voglia potete leggerre: vi darà grandi soddisfazioni. In figura un'immagine dallo sceneggiato RAI degli anni '60.
(*) giallo classico in terza persona e noir in terza persona. 

(8 - segue)

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