Saper ascoltare
Come
diventare fruitori consapevoli di gialli, noir e thriller raccontati
nelle diverse forme artistiche: libro, film, fiction TV, fumetto e radio
Versione 2019
Tappa 08
Esercitazione
01 – per lettori
Prendiamo, col dovuto rispetto,
un incipit bellissimo, ma non famoso (ingiustamente). Si tratta della prima pagina (o giù di lì) de Il cappello del prete di Emilio De Marchi. Leggetelo
“odorando” le parole (sottolineate quelle che vi paiono a voi poco note) e poi, con attenzione,
rileggetelo a piccoli sorsi.
« Il Barone
Carlo Coriolano di Santafusca non credeva in Dio e meno ancora credeva nel
diavolo; e, per quanto buon napoletano, nemmeno nelle streghe e nella
iettatura.
A vent'anni voleva
farsi frate, ma imbattutosi in un dotto scienziato francese, un certo dottor
Panterre, perseguitato dal governo di Napoleone III per la sua propaganda materialistica
ed anarchica, colla fantasia rapida e violenta propria dei meridionali, si
innamorò delle dottrine del bizzarro cospiratore, che aveva anche una testa
curiosa, tutta osso, con due occhiacci di falco, insomma un terribile
fascinatore.
Per qualche anno il
barone, detto «u barone», lesse dei libri e prese la scienza sul serio: ma non
sarebbe stato lui, se avesse per amore della scienza rinunciato alle belle
donne, al giuoco, al buon vino del Vesuvio, e ai cari amici. Il libertino prese
la mano sul frate e sul nichilista, e dalla fusione di questi tre uomini uscì
«u barone» unico nel suo genere, gran giuocatore, gran fumatore, gran
bestemmiatore in faccia all'eterno. Nulla, e nello stesso tempo amabile
camerata, idolo delle donne, coraggioso come un negro, e a certe lune
fantastico come un bramino.
Noi qui parliamo del
barone della sua prima maniera quando non aveva più di trent'anni. Napoli
allora era tutta una festa garibaldina, bianca, rossa e verde. Le donne
abbracciavano i bei soldati nella via e alzavano i bambini sulle braccia,
perché Garibaldi li battezzasse nel nome santo d'Italia. Innanzi al ritratto
dell'eroe si accendevano i lumi e si appendevano corone di fiori, come davanti
a San Gennaro e alla Madonna Santissima.
Santafusca prese una
parte breve e brillante nelle ultime scaramucce di quel tempo e fu anche ferito
alla fronte. Gliene rimase una cicatrice sopra il ciglio..., ma i bei tempi
erano passati.
Oggi l'uomo aveva
quarantacinque anni, una gran barba nera, un volto abbruciato dal sole e dai
liquori, una gran voglia di godere la vita e una miseria profonda.
Non godeva pìù credito
né presso gli amici, né presso i parenti, ch'egli aveva disgustati colla sua
vita dissipata e colla sua bestiale empietà…. »
In una sola pagina vengono descritti il contesto e il colpevole
(C).
Secondo la critica ci sono due possibilità di classificare lo stile utilizzato: gc+III e n+III (*). Per
voi qual è quello più calzante? Se vi ha fatto venir voglia potete
leggerre: vi darà grandi soddisfazioni. In figura un'immagine dallo
sceneggiato RAI degli anni '60.
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