Quando il cuoco
indaga
storie conviviali
per ragazzi d'ogni età
offerte
da
Oscar Montani
(03)
(03)
Due
Primi
A Samantha,
bimba detective, non sfuggiva niente.
« Pino, perché
c’è un coperto in più? »
« E’ una
sorpresa. »
Lucie si
mostrò impaziente.
« Dai Pino,
non fare il misterioso, tanto da qui si vede tutto: si sentirà arrivare! Si
vede la strada, e anche il cancello giù e poi... la porta d'ingresso di là è a
sette metri ».
« Quasi, ma
non tutto... la scala di sevizio? »
« Non ci avevo
pensato. Via diccelo! »
Mi affacciai
sul balcone. Lucie mi sorrise.
« Zio Corto,
te lo sai, chi mangia con noi stasera? »
Annuii con un
sorriso enigmatico.
« Chi resta
vorrai dire...via, vi propongo un gioco. »
Un piccolo
coro dei tre bambini.
« Quale? »
« Potreste
provare ad indovinare chi è l’ospite misterioso... da quello che ha preparato
Pino. »
Lucie e
Samantha si guardarono eccitate. Christian, che forse aveva capito, storse il
naso, ma per non togliere il divertimento alle sue due amiche, non disse nulla.
Gatto Noir smise di sognare passeri, le sue prede preferite, e rizzò le
orecchie.
« Va bene
siamo pronte! »
« Non pensate
che sia facile, c’è un precedente illustre che forse non conoscete. Sarà meglio
che ve lo racconti e poi vi lascio alla vostra indagine. »
Pino mi lanciò
un'occhiata piena di gratitudine. Era commosso. Gli risparmiavo una brutta
figura: lui aveva pronta solo una
piccola storia di riserva.
L’ospite misterioso
Quella mattina John Hamish Watson si era alzato di
buonumore. Mentre si radeva, il sole illuminava la sua camera: i cimeli di
guerra brillavano. Si mise a fischiare una marcetta militare: l’inno del suo
battaglione. I ricordi dell’India gli misero appetito, già pregustava la
colazione preparata dalla signora Hudson. Mrs Hudson, loro brava padrona di
casa era un’ottima cuoca, ma aveva qualche brutto difetto. Era scozzese, con
tutto quello che ne consegue ed era pure maniaca della pulizia e, su questo,
terribilmente autoritaria. Si faceva perdonare con le deliziose colazioni che
preparava tutte le mattine e con i pranzi. Questi però erano occasioni più
rare: lui e Sherlock Holmes erano sempre fuori a caccia di malfattori e la sera
tornavano molto tardi, quasi sempre stanchi morti. Allora toccava a lui
preparare qualcosa. Quando era chirurgo militare in India, soprattutto nella
tragica campagna in Afganistan, era sempre nelle cucine a bollire i sui ferri e
qualcosa aveva imparato.
Quando aprì la porta della sala da pranzo il Dr.
Watson rimase impietrito nel vedere il suo amico Holmes, vestito della
pannuccia bianca della signora Hudson,
servire in tavola uova e pancetta.
« Svelto Watson, che fanno alla svelta a raffreddarsi!
»
L’odore non era male, l’appetito vinse sulla sorpresa.
Watson si sedette e mangiò due bocconi. Poi chiese.
« Mrs Hudson dov’è? »
« Aveva un problema urgente. »
« Perché non mi avete avvertito? Voi dovete tenere in
ordine lo studio, ma la cucina, in caso di bisogno, è compito mio. »
« Non mi è sembrato opportuno svegliarvi. Io ero già
in piedi. »
Holmes si accorse che il suo amico si era innervosito.
Gli piaceva vedere le sue reazioni che si manifestavano, nonostante la rigidità
del militare. Allora amava stupirlo con la sua odiosa frase “elementare Watson”. Quella volta decise
di stuzzicarlo un po’ sull’amor proprio.
« C’è un’altra cosa che dovete sapere, caro amico.
Oggi, a pranzo avremo un’ospite per me importante. Cucinerò io. »
Questa volta la lunga pratica di disciplina militare non
bastò.
« Come “cucinate voi”? E, la signora Hudson? »
« Vi ho già detto che non può e l’ospite, scusate mio
buon Watson, è troppo di riguardo per servire le vostre ricette pratiche. Cibi
saporiti, ipercalorici e, se mi consentite, troppo piccanti e un tantino rozzi,
da militari »
« Poffarbàcco, me lo dite solo ora, dopo tanto tempo? »
« Non vi offendete, per me vanno benissimo: sono
parco, quasi spartano, lo sapete... lo dicevo per l’ospite. »
« Chi sarà mai! »
Watson fissava intensamente Holmes e aspettava.
L’investigatore si baloccava con la sua pipa.
« Non me lo volete dire, eh? Ebbene lo indovinerò da
solo. »
« Ah sì? »
« Anche se voi mi bistrattate, sono pur sempre un
cuoco; dilettante, forse, ma cuoco. Rozzo, come dite voi, ma conosco i cibi.
Indovinerò chi si siederà a questa tavola prima che arrivi. »
« Interessante e... come pensate di fare? »
« Userò i vostri trucchi! »
« Io uso trucchi? »
« Sì, e sono superficiali: è incredibile come possano
essere ancora apprezzati da giornalisti, poliziotti e dalle signore dei salotti
mondani. »
« Sono perfettamente d’accordo. Anch’io, più volte
l’ho pensato, ma più che superficiali sono, come dire, “elementari”. »
« Scherzate, scherzate, ma sappiate che intendo fare
una scommessa con voi. »
« Addirittura? »
« Se io indovino chi è l’ospite, voi la smetterete di
dirmi sempre "elementare Watson".
Il vostro dileggio avrà termine! »
« Una posta pesante! E se non vi dovesse riuscire? »
« Vi pagherò due ghinee. »
« Temo che
avrete presto dei problemi finanziari. »
« Affatto. E’ davvero facile imparare i vostri metodi.
»
« Di questo sono convinto: sono veramente curioso di
vedervi all’opera. »
« Benissimo, a più tardi, quando comincerete a
cucinare. Noirso faccio la mia passeggiata per Baker Street, fino a parco dove comprerò
il giornale: non mi sembra il caso di cambiare le mie abitudini per una cosa
così “elementare”. »
(03 - segue)
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