domenica 12 aprile 2020

CUOCOINDAGA (05)


Quando il cuoco
indaga


storie conviviali  

per ragazzi d'ogni età
offerte da
Oscar Montani
(05)
Tre

Primi di riso
(prima parte) 
 

Lucie continuava a storcere il suo nasino alla francese.
« Pino, ti prego! A me gli gnocchi di patate non piacciono! »
Lui cercò d’essere diplomatico.
« Non sarà perché non ti ho raccontato io la storia? »
La bambina vi voltò un attimo verso di me, mi guardò furbetta, poi tornò da Pino.
« Anche per quello, tu l’avevi promesso! ».
Pino le sorrise.
« Così però di storie ne senti due. »
« Mica fanno male! »
« Mah, vediamo se si può rimediare... »
Con agilità incredibile, Pino fece un salto in cucina e tornò con tre piccole  ciotole coperte.
« I patti sono patti. Ti avevo preparato questi primi e anche una storia... »
Mirko   deglutì soddisfatto.
« Bene fratello, allora, c’è dell’altra roba! »
« Deciderà Lucie se dartene un po’. Ora vi racconto la vera storia degli enigmi di Turandot. Sapete chi fosse? ».
Mirko ci provò.
« Un videogioco? Playstation?».
Samantha, come sempre, era la più attenta.
« Mirko, che ignorante sei! E' la principessa cinese degli enigmi: “bianca al pari della giada, fredda come quella spada”. L’ho vista d’estate a Torre del Lago ».
Pino era soddisfatto.
« Brava, ma la storia non è andata proprio in quel modo. Solo io,  l’ho sentita da un cinese nel mar della Cina,  conosco la verità vera. »


Il terzo enigma


E' questione di zucca!
Kalaf, pur indomito, coraggioso e spensierato, quella notte non aveva dormito. Due immagini lo avevano tormentato: la testa del principe di Persia che rotolava dal ceppo con tonfi sordi e lo sguardo freddo e implacabile della bella Turandot. Per quegli occhi di gelo stava per mettere in gioco la sua vita: una prospettiva che gli piaceva davvero poco.
Da corte, anche se gli enigmi erano posti in gran segreto, qualcosa era trapelato. Le corti, si sa, sono sempre in ascolto: le colonne hanno orecchie ed i muri occhi. Con qualche mancia era facile sciogliere le lingue. A Pechino lo avevano preceduto il principe di Samarcanda e quello di Damasco: le loro teste si facevano ora triste  compagnia su un vassoio d’argento posto all’ingresso del palazzo. “Che tutti sappiano:   chi sfida il destino trova ciò che merita”: questa la condanna che ogni volta pronunciava l’implacabile capo dei mandarini reali.  
Erano due giorni e due notti che pensava a quegli enigmi. Sui primi due aveva qualche piccola speranza. Sul terzo ahimè, buio completo: era quello a tormentarlo. Si girava e rigirava nel letto da ore. Alla fine Subotai, il suo fido scudiero prese coraggio e si avvicinò.
« Vostra Grazia,  vi tormentate per la prova, vero? »
« Sì, Subotai. Non capisco il terzo enigma ed anche gli altri due li ho risolti a metà. Pensavo fossero solo quesiti d’amore, che c’entra la cucina? Come faccio, io che sono poeta e guerriero, a sapere quali sono i tre cibi  da accoppiare alle soluzioni? »
Ci sono tante versioni di questa storia, solo questa è la vera storia degli enigmi, quella che nessuno conosce. Turandot, cuoca provetta, non si accontentava di proporre enigmi poetici, ma pretendeva che con la soluzione si individuasse anche un piatto fatto col riso. Cosa non facile in Cina. Nella sala dove interrogava i pretendenti c’era apparecchiata una tavola enorme, lunghissima più di venticinque passi, con sopra più di duecento cinquanta piatti di risotto: ai funghi, alla rucola, alle rape gialle e a quelle rosse, allo zafferano, alle melanzane, al nero di seppia, ai piselli freschi, al radicchio, ai carciofi, alla zucca lardaia, al pesto, ai gamberi, al ragù, a ... “a quello che non dico ce lo metti tu!”. Difficile indovinare l’enigma, ancora di più accoppiare la soluzione a un risotto!
Subotai, l’arciere più bravo del mondo, l’unico uomo che riusciva a colpire un passero in volo, era teso. Stringeva gli occhi come dovesse prendere la mira.
« Principe Kalaf, credo che dovreste chiedere a Mish Ong. »
Kalaf guardò Subotai.
« Chi sarebbe? »
« Il nostro cuoco. Vi serve in silenzio da più di tre anni: umile, fedele e tanto bravo: vi sarete accorto di quanto mangiate bene. E’ cinese, originario delle campagne di Nanchino. Lui conosce tutti i modi cinesi di cucinare il riso. »
« Ma non devo mica mangiare! »
« Lo so. Dovete salvare la testa per sposare la bella Turandot: voi pensate agli enigmi, Mish Ong al riso. »
Perduta ogni speranza, anche un oscuro cuoco cinese poteva essere utile. Kalaf lo fece venire. Il cuoco ascoltò in silenzio le due ipotesi di soluzione che aveva in testa il principe Kalaf. Ci pensò su un po’, poi espresse la sua scelta.
« Principe, in Cina i colori sono molto importanti. Sono un modo di mandare messaggi, di mostrare gioia o dolore, di offrire o chiedere amore, di raccontare emozioni, di dire cose segrete.  Credo che la  soluzione sia nei colori del cibo: infatti Turandot non chiede di assaggiare i risotti, ma solo di sceglierli. Se la soluzione del primo enigma è, come voi dite, “la speranza”, dovete cercare sulla tavola un risotto ai piselli freschi, perché il colore della   speranza è il verde. »
Si rimise a pensare. Kalaf era sulle spine, cominciava, però, ad aver fiducia nel suo cuoco, che non si fece attendere troppo.
« Vostra grazia. Mi dite che la soluzione al secondo enigma e “il sangue”. Ebbene dovete cercare sulla tavola il risotto più rosso che c’è. Forse è alle bietole rosse, ma non vi preoccupate con cosa è fatto: cercate solo quello che di più assomiglia al colore del sangue che sgorga da una ferita. »
Mish Ong allargò le braccia sconsolato.
« Principe, per il terzo non so. Se voi stesso non avete idea, io non posso indirizzarvi e neppure posso venire con voi davanti alla fredda fanciulla. Però... »
« Però? »
« I cinesi, di solito, non insistono troppo con i colori accesi. Li alternano con qualcosa di tenue. Fatevi ispirare dalla semplicità: la soluzione sarà quella che vi sembrerà quasi invisibile. Di più non so, né voglio dirvi, per non confondevi. »

(05 - segue)

 

Nessun commento:

Posta un commento