Quando il cuoco
indaga
storie conviviali
per ragazzi d'ogni età
offerte da
Oscar Montani
(09)
Oscar Montani
(09)
Cinque
Secondi succosi
Joseph, quando da video conferenza seppe che Pino preparava petti d’oca, Si entusiasmò. Aveva contato fino a dieci, forse anche fino ad undici. Ci aveva pensato addirittura due lunghi minuti: una grande prova di temperanza. Per un francese di Sarlat, figlio e nipote di allevatori di oche, sentir annunciare che Pino avrebbe "saltato" in padella petti d’oca era una provocazione. Non aveva saputo trattenersi. Si era ricordato di una storia e voleva raccontarla approfittando dello streaming on line. Io, che l’avevo sentita in anteprima, gli dissi che si poteva fare: ma Pino, in ogni caso, avrebbe cucinato a modo su.
Joseph decise di aspettare che avessimo mangiato,. Lo
richiamai al dessert. Volle controllare che nei piatti non ci fosse più traccia
di petti d’oca.
« Siete pronte per la mia storia speciale? »
A Mirko l’idea piaceva.
« Sì, col dolce non ci sta male. »
« Bene. Sapete chi era Caterina dei Medici? »
I bambini mi guardarono con espressione
interrogativa. Joseph l'aveva notato.
« Mi sembra di capire di no. Era una nobile italiana,
anzi toscana, come voi, che diventò regina di Francia. Era una buongustaia: portò
con se molti cuochi italiani e rifondò l’arte della cucina francese. »
Lucie sorrise.
« Se avessi sempre Pino in cucina sarei anch’io una
buongustaia. Strano però: la mia mamma è francese... »
« Non è di Caterina
che voglio parlare, ma raccontarvi di un altro italiano... »
La
ricetta segreta del Perigòrd
Un bambino molto sagace
Sarlat, perla del Périgord, ai tempi di Caterina dei Medici era un’importante sede vescovile. Molto ambita per via della fiorente agricoltura che assicurava buone rendite alla chiesa. Il fiorentino Niccolò Gaddi era diventato vescovo di Sarlat un anno prima che lei sposasse Enrico II. Il Gaddi divenne subito un protetto da Caterina dei Medici. Firenze era lontana, anche lui fece venire dalla Toscana giuristi, letterati, artisti, artigiani e soprattutto cuochi. Per Sarlat, cittadina di cultura agricola, è una rivoluzione. Soprattutto è Rinascimento toscano, ma anche cucina toscana!
Sarlat, perla del Périgord, ai tempi di Caterina dei Medici era un’importante sede vescovile. Molto ambita per via della fiorente agricoltura che assicurava buone rendite alla chiesa. Il fiorentino Niccolò Gaddi era diventato vescovo di Sarlat un anno prima che lei sposasse Enrico II. Il Gaddi divenne subito un protetto da Caterina dei Medici. Firenze era lontana, anche lui fece venire dalla Toscana giuristi, letterati, artisti, artigiani e soprattutto cuochi. Per Sarlat, cittadina di cultura agricola, è una rivoluzione. Soprattutto è Rinascimento toscano, ma anche cucina toscana!
Il cuoco del vescovo Gaddi
è il fiorentino Lapo Martinelli, che amava farsi chiamare mastro Lapo. Per
accontentare i gusti del vescovo una volta al mese arrivavano dalle regioni dei
Pirenei due vacche da macellare. La carne fresca, in un posto dove si mangiava
solo confetture di cosci e petti d’oca, per non parlare del foie gras, era una
boccata d’ossigeno.
Ai contadini della
zona, fanatici allevatori di oche, quel traffico di vacche non piaceva per
niente. Lo guardavano con sospetto e più di una volta, da dietro una siepe,
avevano preso a sassate i vaccari che le conducevano al palazzo vescovile.
Gli allevatori avevano
provato in tutti modi a far cambiare i gusti del vescovo: offerte di cesti
pieni di vasetti di confits, oche vive o appena spennate, inviti a banchetti,
feste speciali e altro, ma convertire il vescovo al foie gras o quantomeno a petti d’oca in padella era loro sembrato
peggio che tentare di far fare la comunione a un mussulmano.
Il culmine della
tensione si ebbe quando arrivarono da Firenze un gruppo di scalpellini. Tra i
carri c’erano cinque grandi vacche bianche originarie della Val di Chiana. Il
vescovo, forse debilitato da una vigilia
protratta per più di un giorno, vinto da un momento di umana debolezza, aveva
espresso il desiderio di una “bistecca
come si deve”. Mastro Lapo aveva fatto partire subito un piccione
viaggiatore: quelle vacche, essenziali per preparare la bistecca alla
fiorentina, di cui il vescovo Gaddi andava matto, erano la risposta alla sua
missiva.
Qualcuno tentò la
solita sassaiola, ma non aveva mai fatto i conti con l’esperienza degli
scalpellini di Firenze. Non erano solo di lingua pronta, ma anche di mano.
Sassi e pietre tornarono rapidi a colpire la testa del mittente.
Bisognava cambiare
strategia. Per giorni, al mercato sulla piazzola davanti al nuovo palazzo
rinascimentale del magistrato de la Boétie, c’era stato un gran mormorio. Etienne,
figlio del magistrato, a quel tempo era un fanciullo di nove anni o poco più. Tutte
le mattine si svegliava presto per
andare a scuola al palazzo vescovile. Un bambino precoce,
intelligentissimo: suo padre, magistrato dell’alta Corte di Giustizia del Re, su
consiglio di Caterina dei Medici, aveva deciso d’affidare
l’istruzione del figlio alla “corte” di studiosi del vescovo Gaddi.
Come tutti i bambini
era ghiotto di frittelle, mastro Lapo lo sapeva. La mattina, prima
d’incominciare le lezioni, Etienne passava in cucina a farne una scorta.
« Mastro Lapo, perché
gli allevatori sono adirati col vescovo? »
« Credo sia per via
delle vacche. »
« Vorrebbero che
mangiasse il foie gras? »
« Credo di sì, ma al
Gaddi non piace. »
Il piccolo Etienne
fissò mastro Lapo. Poi, con un sussurro, lo informò.
« Hanno convocato una
riunione segreta. »
« Una riunione
segreta? Tu come lo sai. »
« Li ho sentiti, sono
due giorni che borbottano sotto la finestra della mia camera. »
« Quando ci sarà? »
« Stasera, un’ora dopo
il tramonto. Entreranno dal portone di dietro del palazzo del comune. »
(09 - segue)
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