giovedì 30 aprile 2020

CUOCOINDAGA (16)


Quando il cuoco
indaga
storie conviviali  
per ragazzi d'ogni età
offerte da
Oscar Montani
(16)
Otto
(2)
Etichette in chiaro
(seconda parte)
 

 
Artista da strada 
La moglie del notaio si voltò verso Markus.
« Complimenti: Sono bellissimi, direi di finissima estetica anseatica. »
Markus capì al volo che doveva far finta  di non capire. La donna, vedendo la sua espressione “intontolita”, spiegò meglio.
« Di gusto fiammingo! Sì, soprattutto il modo di ornare i caratteri.  Ne vorrei uno, me lo regalerebbe? »
Frollino servizievole come sempre “Alle clienti, magari si ruba sul peso, ma si da sempre ragione!”, fece cenno di sì.
« Mi piace quello della ribollita: “Ribollita col cavolo nero, ricetta dell’alto Valdarno”. Quei fagioli che rotolano in pentola su una foglia di cavolo nero: deliziosi”. Stasera lo faccio  inquadrare. »
Lo prese in mano e lo espose alla luce radiosa del mattino.
«  Eh sì. Sembra proprio fatto da un tipografo fiammingo. Da un editore di Anversa! »
Markus sentiva che  la terra si stava per spalancare sotto i suoi piedi; si tastò il collo per essere sicuro di non averci un cappio.
« Non hai capito cosa voglio dire? Eh certo, non hai studiato: è già un prodigio che tu sappia scrivere... »
Lo sguardo della signora era materno.
« ...Sai scrivere o li ricopi, come fossero disegni, da un libro? Comunque sia tu hai buon gusto. Di dove sei?
Frollino lo precedette.
« Signora mia, lo sente come parla: l’è di Livorno, non c’è mica bisogno di domandare! »
« Un giovane livornese con un gusto così raffinato... Strano, non s’era mai visto! »
Markus si sentiva morire. La moglie del notaio era gentile, ma lui aspettava lo stesso, terrorizzato, la domanda che non avrebbe mai voluto sentire. La fece l’Armida, la cuoca.
« Ti chiamano Pelonero, l’ho sentito ieri. Ma via! Sarà di sicuro un soprannome. Oh, come ti chiami per davvero? »
Lo fissò per qualche secondo, poi, incalzando, affondò una stoccata piena d’insinuazioni maligne.
« Sarebbe anche l’ora che tu me lo dicessi. Sono di Livorno... non avrai mica paura che  conosca qualche tuo parente? »
 
Markus Van Buylken, sentendosi alle strette, prese una decisione, una di quelle da cui non si può tornare indietro.
« Mi chiamo Marco. »
L’Armida sfoggiò un sorriso sadico.
« Marco. Bellino... e poi? »
Qui veniva il difficile. Ci pensò un po’, gli vennero in mente tre o quattro cognomi. Belli ma impegnativi.  Alla fine scelse quello più semplice e meno ingombrante, anche se improbabile. Quello che non avrebbe lasciato dubbi a nessuno. Un cognome che non avrebbe mai permesso, né a lui, né  ai suoi nipoti e nemmeno ai suoi discendenti, di fare, mai e poi mai, l’editore.
« Del Bucchia. »
L’Armida sorrise, con l’aria furba di chi ha capito ogni cosa.
« Ah, ora ho inteso! Lo dicevo io che il mondo è piccino: il tu’ babbo, a Livorno, faceva il pesciaiolo e tu non ce lo volevi dire! »
 
 

« Capito bambine: le etichette possono anche far capire chi è davvero il produttore. Se ci mette il cuore, se ci tiene a quello che fa. »
Mi avviai verso la cucina.
« Voi aspettate qui: vado a caricare la lavastoviglie.  
Lucie mi chiamò.
« Corto, aspetta! »
Mi venne vicino.
« Grazie. Qui con Pino, fate cose buonissime ed io ho mangiato tanto, tanto, tanto! Vedrai che sarà contento anche Berto. »
Samantha accarezzava gatto Noir.
« Anche lui è contento: senti come ronfa e tiene anche la coda ritta, a punto interrogativo. Grazie anche da parte di Noir! »
 
FINE
 
 
 
 

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