NEL LABIRINTO DEI LABIRINTI
postilla tardiva ma necessaria alle recensioni di EIKONEƩ
Tempo fa, in epoca pre Covid, dopo la proiezione del film Shining, da me proposta in un
ciclo "culturale", uno dei partecipanti mi ha chiesto che ne pensavo
della presenza del labirinto nel film.
Il tipo, che ben conosco, sapeva di toccarmi un nervo scoperto! Nel mio romanzo EIKONEƩ ( uscito qualche annofa ma rieditato a settembre da éffigi) il
tema del labirinto è talmente importante che credo meriti più che una
risposta: una postilla, ancorché tardiva... a maggior ragione postilla
è!
Prima una
precisazione, che è anche una parziale risposta alla domanda postami.
In psicanalisi, il labirinto è uno dei tanti simboli dell’inconscio: il
diretto interessato ci si perde senza scampo; invece, chi lo osserva
dall’ esterno, possibilmente dall’alto, può studiare il tutto con calma,
con freddezza. E’ un po’ come Ariosto (e il suo lettore), che si
diverte a osservare e a commiserare i miseri mortali che si affannano e
si rincorrono vanamente nel magico castello di Atlante.
Confesso di essere un fanatico dei labirinti: un dedalo maniaco! In EIKONEƩ il
motivo del labirinto accompagna il lettore (lo incalza) passo dopo
passo per tutta la vicenda. Ho cercato di trattarlo in modo didattico,
in sottofondo, sempre vario, quindi cercando di non annoiare il lettore,
anzi interessandolo e sorprendendolo sempre. Il labirinto
compare subito nelle primissime pagine: Corto, il protagonista, sta
raccontando al suo amico Fathim dell’ultimo caso, dell’ultimo mistero in
cui è attualmente coinvolto e la butta lì come per caso, come fosse una
delle tante efficaci immagini cui il nostro autore ci ha abituato: “Mi
ero ficcato in una specie di labirinto. Facile entrare: non me ne ero
accorto nemmeno. Quando avevo capito d’ esserci dentro era tardi per
uscire: ora che mi ero perso, avrei ritrovato la via d’uscita solo
ritornando indietro, fino all’inizio. Soprattutto dovevo capire quando
avevo varcato l’ingresso” (p.12).
In
quel momento, il lettore non sa (non deve ancora sapere!) ancora di
trovarsi di fronte al tema cardine del romanzo. Posso dire che
praticamente ogni colpo di scena, ogni momento significativo della
vicenda è sottolineato dalla presenza del labirinto. Questo elemento sia
portatore, sia occasione, sia simbolo di eventi infausti o criminosi,
così come ne L’oro degli aranci (Mio
romanzo precedente) lo è la spirale. Dove c’è il male c’è il labirinto,
dove c’è il labirinto c’è il male. Intanto, il lettore ha conosciuto il
labirinto più insidioso, quello psicologico, quello di cui Corto sente
prigioniere le sue facoltà intellettive da quando ha intrapreso
quell’indagine e dal quale sa benissimo che potrà uscire solo risolvendo
il complicatissimo caso in cui si è imbattuto, un caso, se vogliamo, “a
labirinto” perché ha mille direzioni, mille vie e trovare la soluzione,
l’uscita sembra impossibile. Su questo gli danno consigli molto
profondi due amici. Il primo è Fathim, che, per uscire dal labirinto,
gli suggerisce letteralmente un colpo d’ala: “Corto, è troppo tempo
che non voli. Tu sei un albatros, devi raggiungere i gabbiani, andare
ancora più in su, volare più in alto di loro. Dall’alto vedrai tutta la
foresta, dominerai il labirinto e non sarai più confuso. Corto, vola!”
(p. 229). A proposito, Fathim è strettamente collegato al motivo del
labirinto, infatti, grazie alle sue acute osservazioni e domande in
merito al caso, insomma al suo metodo un po’ “maieutico” Corto può
dirgli a buon diritto: “Tu sei il mio filo di Arianna”. Il secondo è un
maestro sufi, che si rivolge a lui con toni molto elevati, tipici di un
asceta: “A te non interessa l’oro, vuoi solo la verità. La verità è la chiave per aprire la porta che ti farà uscire dal labirinto” (p.304.
I
labirinti sono diversissimi l’uno dall’altro per età di costruzione,
per finalità, per materiale, per collocazione geografica e per
dimensioni. cerco di dare, senza cjhe il lettore , preso dalla vicenda,
se ne accorga, una lezione memorabile sul labirinto, per dimostrare
che da sempre l’uomo ha nei suoi pensieri, nelle sue fantasie, nei suoi
incubi questo elemento.
Nel
romanzo, il primo labirinto che incontriamo è quello ai giardini Puskin
di San Pietroburgo, un labirinto fatto di siepi di bosso. Corto è a San
Pietroburgo per conto del suo capo per verificare lo stato di una nave,
l’Eikon, che il Gentileschi intende acquistare. Corto lo visita insieme
ad Anhja , enigmatica guida russa e Rampino, altrettanto enigmatico ex
ladro greco (ma sarà poi davvero ex?). Dovrebbe bastare la vista di un
labirinto per evocarne un altro al lettore e anche al protagonista.
Infatti, appena si trova davanti agli occhi quel labirinto di siepi,
subito rivede nella mente il labirinto gelato del film “Shining”, in cui
è ambientato quell’angosciante inseguimento. Anhja ci mette del suo:
racconta un episodio accaduto in quel labirinto Puskin. Vi dico solo
che c’è anche un riferimento al secondo labirinto di Kubrick: i lunghi
corridoi dello sconfinato e desolato hotel Overlook, in Colorado, ma
anche il giardino dove i protagonista muore "surgelato"!.
C’è
un labirinto meno angosciante, anzi, decisamente poetico ed è quello
formato dalle stradine di Lucca, che noi vediamo animarsi nelle ore
mattutine, nei tempi passati per bocca del nonno di Corto e attualmente
da Corto stesso.
Purtroppo
la sosta è davvero breve: nel romanzo il labirinto ha sempre la solita
accezione inquietante, angosciante e non potrebbe essere altrimenti.
Siamo sempre a Lucca, ma non è più l’atmosfera attiva, quasi gioiosa del
risveglio: è un mezzogiorno assolato, assonnato. Corto è stato
convocato, con il suo secondo, Joseph Perinod, dal grande capo
Gentileschi, come sempre prima di una crociera importante, per le
raccomandazioni di rito.
In piazza San Martino, assiste all’agonia di Rampino, che muore accoltellato, ma ha giusto il tempo di avvinghiarsi a una colonna del porticato e di fare misteriosi segni con il suo sangue su un labirinto che è tracciato su di essa. Un piccolo labirinto, ma sempre in luogo sacro, come quello ben più grande della cattedrale di Chartres.
In piazza San Martino, assiste all’agonia di Rampino, che muore accoltellato, ma ha giusto il tempo di avvinghiarsi a una colonna del porticato e di fare misteriosi segni con il suo sangue su un labirinto che è tracciato su di essa. Un piccolo labirinto, ma sempre in luogo sacro, come quello ben più grande della cattedrale di Chartres.
Di tutt’altro genere è il labirinto in cui Corto si perde e si rifugia nello stesso tempo ad Istanbul ai cantieri Tuzla, dove si è recato per fare indagini sulla morte di Rampino. Questo è un labirinto che si è formato del tutto casualmente per l’ammasso di containers. Nel labirinto Corto si perde, anche perché la scena si svolge in piena notte (è una scena ad altissima tensione, nello stile del miglior poliziesco) però questo labirinto, in qualche modo, gli serve anche come via di fuga, grazie anche al provvidenziale intervento di un misterioso guerriero ninja, che gli salva la vita dall’aggressione di quattro energumeni.
Ma a Istanbul c'è anche il dedalo sotterraneoche dalla Grande Cisterna (quella di 007 dalla Russia con amore) va a finire e si sviluppa sotto il Gran Bazar...
Da
un labirinto “contemporaneo” al labirinto per antonomasia, cioè a
quello di Creta, dove Corto accompagna i suoi croceristi. L’esperto in
archeologia di turno, un professore naturalmente tedesco, smitizza senza
pietà quel labirinto: ci spiega che non era una costruzione
intenzionale, ma edifici via, via eretti intorno alla reggia, che erano
diventati una sorta di alveare, edifici attorno ai quali era diventato
un problema orientarsi. Da qui l’idea del labirinto. C’è, invece, un
labirinto nelle grotte di Gortina e Corto si trova a dover esplorare
anche questo: altra scena mozzafiato, con il nostro che corre i suoi
bravi rischi. Sono ritornato a Gortina nel 2017, le grotte erano state
chiuse per motivi di sicurezza: diverse persone erano entrete senza più
uscire...
Nel
frattempo, non dimentichiamo mai il tarlo del protagonista, cioè quello
di scoprire quando è entrato nel suo personale labirinto, perché sa che
solo risalendo a questo potrà trovare la via d’ uscita.
Per
offrire un panorama il più completo possibile sui labirinti, ho citato,
en passant, Hedge Maze, il labirinto che si trova ad Hampton Court,
dedicato a Guglielmo d’Orange che, con i suoi più di 200.000 mq., è il
più grande d’Europa.
Converrà, prima di proseguire nell'autocelebrazione, ricordare e far vedere il "Labirinto della scienza"!
Un ultimo labirinto attende il nostro protagonista, appunto quello in cui si scioglie l’enigma, sono i sotterranei di Istanbul. Una volta raggiunto il labirinto l’atmosfera e, di conseguenza, il tono cambia totalmente: non si scherza più. Occhi sgranati, orecchi tesi e poi agguati, inseguimenti, coltellate, speranze, delusioni, come sempre colpi di scena e non si può interrompere la lettura fino alla conclusione dell’episodio. Proprio nei sotterranei di Istanbul si chiarisce il mistero; Corto risale finalmente al momento in cui è entrato in quel maledetto labirinto e, quindi, può dire: “Ero finalmente uscito dal labirinto”. Lo dice certo con un sospiro di sollievo, ma, ripensando a tutta la vicenda, anche con una certa amarezza. Significativamente e non a caso, da questo momento in poi, nelle le poche pagine che ci separano dalla parola fine, non si incontra più l’immagine costrittiva ed angosciante del labirinto, se mai quella infinita e libera del mare, l’elemento naturale per il nostro skipper: Corto finalmente “E’ tornato a casa”.
Un ultimo labirinto attende il nostro protagonista, appunto quello in cui si scioglie l’enigma, sono i sotterranei di Istanbul. Una volta raggiunto il labirinto l’atmosfera e, di conseguenza, il tono cambia totalmente: non si scherza più. Occhi sgranati, orecchi tesi e poi agguati, inseguimenti, coltellate, speranze, delusioni, come sempre colpi di scena e non si può interrompere la lettura fino alla conclusione dell’episodio. Proprio nei sotterranei di Istanbul si chiarisce il mistero; Corto risale finalmente al momento in cui è entrato in quel maledetto labirinto e, quindi, può dire: “Ero finalmente uscito dal labirinto”. Lo dice certo con un sospiro di sollievo, ma, ripensando a tutta la vicenda, anche con una certa amarezza. Significativamente e non a caso, da questo momento in poi, nelle le poche pagine che ci separano dalla parola fine, non si incontra più l’immagine costrittiva ed angosciante del labirinto, se mai quella infinita e libera del mare, l’elemento naturale per il nostro skipper: Corto finalmente “E’ tornato a casa”.
FINE
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